Percorso

I Classici - C. Castaldi

"Don Camillo monsignore… ma non troppo" di Carmine Gallone (1961).

di Claudio Castaldi

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Siamo al quarto soggetto della saga di don Camillo e Peppone e secondo episodio diretto da Carmine Gallone nel 1961 intitolato “Don Camillo monsignore ma non troppo”. Come abbiamo potuto notare dagli episodi precedenti, il cast presenta sempre qualche nuovo personaggio o anche qualcuno che in alcuni di essi era presente, poi scomparso e lo ritroviamo adesso.

E’ il caso dell’attore Alexandre Rignault, già conosciuto in il “Ritorno di don Camillo” e ora lo ritroviamo qui nel ruolo di “Fagò”.
Però come sopra detto possiamo trovare anche personaggi mai visti fino ad ora. Tra questi  ricordiamo: Armando BANDINI nei panni di Don carlino (pretino piccolo di statura, debole di cuore.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Appartenente alla diocesi di Roma, si occupa di questioni periferiche e in questo episodio ha per le mani proprio un caso che vedrà coinvolto il paese di don Camillo, Carlo TARANTO e Gina ROVERE, che interpretano i coniugi Marasca; Carlo GIUFFRE’, il commissario di Brescello non accreditato nel cast però presente come comparsa; Andrea SCOTTI, il capo degli atleti della “Giovane Atletica”; Il medico di Brescello Dott. Galluzzi interpretato da Giuseppe PORELLI; Giulio RIOLA e Valeria CIANGOTTINI che interpretano rispettivamente padre e figlia Grotti e infine Emma GRAMMATICA, la signora Desolina.
Da tre lunghi anni i nostri amati don Camillo e Peppone, diventati monsignore e senatore sono entrambi a Roma, ormai persi di vista. Pur vivendo entrambi nella stessa città, i cento metri che separano la canonica dal comune di Brescello, nella città Eterna sono triplicati.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Don Camillo e Peppone costretti dai loro superiori a recarsi al paese per il nuovo clima di “Distensione”, si ritrovano nella stessa cabina del treno per tornare insieme al paesello e saranno coinvolti in varie lotte, sempre uniti ma rivali allo stesso tempo. Il sindaco è il Brusco (Saro Urzi).
Arrivati al paese, i due amici-nemici, sono coinvolti nella costruzione della “Casa del popolo”. In un terreno di proprietà del comune, a pochi chilometri dal paese, i comunisti della banda di Peppone, senza dire niente a nessuno, incominciano a scavare per costruire la casa del popolo ed ecco che raggiungono la cappella, della madonna del Borghetto, fetta di terra di proprietà della canonica.
Il senatore, dopo aver parlato col suo gruppo (sindaco e compagni comunisti), convoca presenti tutti i giornalisti, una conferenza stampa, per inchiodare al muro il monsignore che si rifiuta di concedere quei pochi metri di terra per costruire la casa per il popolo e per i poveri.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Don Camillo non ha problemi, vogliono la terra e gliela cede molto volentieri del terreno a patto che, delle sedici unità abitative, otto saranno di proprietà del comune e otto saranno della Parrocchia, perché come lui stesso commenta “Non ci sono poveri del comune e poveri della parrocchia, tutti i poveri sono uguali”.  Però il problema rimane, la cappellina come si può collocare?  
Peppone è furioso, esige quel terreno sgombro da “Madonne e Santi” di competenza della chiesa. Provano in tutti i modi a demolirla a picconate, con camion ma niente da fare.
In quel momento, come il cacio sui maccheroni, arriva anche la signora Desolina, anziana vedova del paese che da diciassette anni si reca ogni giorno in quella cappellina per pregare e portare i fiori per il figlio scomparso in guerra.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Data la sconfitta, quel giorno, anche alla presenza dei giornalisti, Peppone rifletté tutta la notte, finché ecco la soluzione, mettere la cappellina ad angolo della casa e di conseguenza nulla da demolire o da spostare. Perfezionato il progetto con il disegnatore e il capo mastro tutto è risolto. Entrambi sono di comune accordo trovata la nuova soluzione che gli appartamenti non sono più sedici ma quindici, uno occupato da una persona a loro molto gradita (la cappella della madonna del Borghetto).
Peppone e la moglie Maria con il figlio più piccolo risiedono a Roma. Walter, il figlio grande, risiede al paese e si occupa dell’officina affidatagli dal padre. Il padre Bottazzi, poco dopo il suo arrivo al paese scopre che il figlio Walter appena 19enne vuole sposare Rosetta, la figlia del Grotti. A tale notizia assolutamente non vuole sentir parlare di  matrimonio religioso, anche per la sua immagine di fronte ai compagni del partito, ma solo quello civile, anche perché Walter è ancora minorenne, e ci vuole il suo consenso.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Don Camillo venuto a conoscenza da uno della sua banda, la notizia del primo matrimonio civile nella sua parrocchia, subito si reca a casa del Grotti e lo lavora affinché non accetti il matrimonio civile, offrendogli una pompa di Benzina entro cinque giorni in cambio del posto da uscere offertogli dal senatore pro matrimonio civile.
L’uomo propone ma la donna dispone. Il marito ha fatto i conti senza consultare la moglie Maria. Lei, appena arrivata al paese, scoprendo l’intento del matrimonio civile, accusa in toni accesi il marito di voler togliere di mezzo i preti.
Don Camillo si sente sconfitto. E agosto e fa un gran caldo. A pochi passi il fiume promette frescura e refrigerio. Deciso a farsi un bagno, qualcuno attento e vigile ai suoi movimenti gli ruba i vestiti e li porta a Peppone, attimo propizio per celebrare il matrimonio civile del figlio senza preti di mezzo, agire prima loro, e far accusare don Camillo, da parte del Grotti, di non aver mantenuto sua promessa della pompa di benzina.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Maria, donna molto credente, sapendo che don Camillo è al fiume nudo come Gesù nel deserto, presa a compassione gli riporta i vestiti.
Mentre Walter e Rosetta, sono in comune, il sindaco (Brusco), procede alla lettura degli articoli, arriva la notizia che Don Camillo si è perso nel fiume. Tutti alla ricerca di don Camillo e matrimonio civile rimandato.
Sappiate che don Camillo non si era perso è stata solo sua furbizia per evitare matrimonio civile dei ragazzi, giacché anche il senatore e la signora senatrice si sono sposati in chiesa.
I giovani ragazzi sono allo stremo delle forze, si vogliono bene ma non sono compresi e non riescono a convincere il Bottazzi, che non vuole lontanamente più sentir parlare di matrimonio Provano con don Camillo per vedere di fare qualcosa in loro aiuto ma con scari risultati.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Dio vede e provvede. Un fatto curioso contribuisce a far cambiare idea a Peppone.
Un giorno il senatore, saputo che don Camillo non sarebbe più partito, decide di marcare visita ai suoi superiori di Roma e si dichiara finto malato, rispolverando nella sua mente tutti i vecchi trucchi di guerra per farsi salire febbre.
Il dott. Galluzzi (Giuseppe Porelli), anche lui combattente in guerra, conosceva bene tutti i suoi pazienti al paese, a tutti aveva curato gli orecchioni e certificati compiacenti non ne rilasciava. Febbre si o no? Questo e il dilemma. Durante la visita, ecco che dalla tasca del dottore, spunta un giornale con un articolo in prima pagina dal titolo: “Vincita al Totocalcio”, schedina giocata al bar del Mango da un certo Pepito Sbazzegutti. Peppone incomincia a toccare la tasca per capire se era davvero lui che aveva vinto. Non ci crederete, era lui, aveva vinto dieci milioni, e gli venne davvero una febbre convulsiva a 39,1°.

All’improvviso tutti erano curiosi di capire chi fosse il vincitore, anche perché essendo un paese piccolo, uno che si chiama Pepito Sbazzegutti è un po’ insolito e poi se avessero scoperto che era Peppone il vincitore come minimo avrebbe dovuto cedere una fetta della vincita al partito, e la moglie non aveva la minima intenzione di dare al partito manco mezzo quattrino.
Solo don Camillo non credeva alla febbre dell’oro e scopri il gioco di Peppone. Andato all’officina per sapere da Walter come stava il padre, vide per terra le lettere del nome di Giuseppe Bottazzi e subito scopri il giochetto.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Il monsignore recatosi dal senatore per visitarlo esordì: ”Lei (rivolto a Peppone) è specialista in anagrammi. Gratta il Peppone e troverai il Pepito.
Il problema era riscuoterli. Don Camillo si offerse di andare il giorno seguente a Reggio Emilia a ritirare la vincita, però i preti non fanno mai niente per niente, e si accordarono in questo modo: Se lui avesse accettato il matrimonio in chiesa del figlio, lui sarebbe andato a ritirare la vincita. Peppone accettò e don Camillo la notte seguente tornò con la vincita. Era destino che quella notte non potesse dormire. Quante volte capita nella realtà di tutti i giorni che i soldi diano alla testa, lasciando in secondo piano, valori molto più importanti dei semplici beni materiali come la famiglia, il lavoro e la salute.

A mio avviso la gentilezza di don Camillo nei confronti di Peppone, può essere considerata la causa che ha fatto sì che, Peppone abbia accettato il matrimono religioso.
I ragazzi si sposarono nella chiesetta di San Lucio. Pur non essendo prevista tra i comunisti una sezione chierichetti, Peppone su ricatto di don Camillo fu costretto a farlo.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Nuovo problema da risolvere, delicato quanto quello dei giovani sposini è il rapporto coniugale tra Gisella e il marito Marasca. Marasca, afflitto dal comportamento della moglie, a causa anche della politica, va da don Camillo per vedere se avendoli sposati lui potesse porre rimedio. In quella circostanza don Camillo scopre il fattaccio, Gisella gli aveva rubato i vestiti al fiume. Il giorno dopo una triste notizia colpisce il paese, Alle quattro e mezzo, cinque del mattino la banda del casermò scoprì, dietro una siepe, un corpo di donna, avvolta in un sacco, era quello della Gisella. La sua bicicletta, capovolta in un lato del bosco, aveva il sellino tutto pitturato con della vernice rossa “il Minio”.
I paesani incominciano a fare caricatura di Gisella, dipingendola sui muri con un cartello nel sedere e sopra scritto in rosso, vernice fresca.  
I comunisti irritati da questo fatto, incominciano a menare e a vedere nel senatore non più un compagno ma un perdente che non sapeva che pesci pescare per risolvere la situazione.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Dopo aver fatto regolare denuncia al maresciallo del paese, (Carlò Giuffrè), per punire il riprovevole gesto, indicono sciopero generale. I comunisti, quando coinvolsero la chiesa di don Camillo nello sciopero includendola tra gli esercizi commerciali, trovaron pane per i loro denti.
Per intensificare ancora di più lo sciopero, organizzano una spedizione di motociclette della “Giovane Atletica”. Partirono in quindici e tornarono in quattordici, uno era deceduto. Il senatore decise di celebrare i funerali del ragazzo anche senza il dominio del campanismo clericale e per l’occasione acquistano una loro campana, battezzata col nome di Sputnik, sia per poter anche loro chiamare il popolo a raccolta e sia per compiangerne i loro caduti. Don Camillo decise dopo molte riflessioni, che quel ragazzo pur non essendo passato in chiesa per i funerali, avrebbe voluto avere vicino la voce di Dio, e in suo ossequio mise a disposizione la sua campana.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Ormai i due sollecitati da Roma, dai loro rispettivi superiori, non possono più tergiversare. Don Camillo arrivato il suo segretario in macchina per riportarlo a Roma la mattina seguente, chiede aiuto a Peppone perché gli boicotti la macchina almeno per il tempo di riflettere sul da farsi.
Anche i senatori sono come i preti, non fanno niente per niente, in cambio del lavoro sulla macchina chiede a don Camillo un controllo dal punto di vista grammaticale della sua relazione da presentare ai superiori.  
E’ il gran giorno del rientro. La macchina di Don Camillo e del suo segretario è più rombante di prima. Peppone già incamminatosi a piedi chiede un passaggio a Don Camillo fino a Castelnovo di Sotto per prendere il direttissimo che lo riconduce a Roma. Entrambi si sono fatti furbi con una sincronia perfetta, per non rimanere da soli al paese.

"Don Camillo Monsignore... ma non troppo"Arrivati alla stazione, Peppone regala il suo biglietto da visita, invitando don Camillo a telefonare per qualsiasi necessità, e in cambio Don Camillo lo ricambia con un’immaginetta di Gesù, senza bisogno neanche di telefonare. Da qui si lasciano e ognuno procede per la sua strada.

“Questa, è una delle tante storie che il grande fiume raccoglie sulle rive della Bassa e porta al mare. Favole che diventano storie o storie che diventano favole? Difficile, da stabilire, difficile”.

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16 aprile 2014

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