Percorso

consigli

"Grand Budapest Hotel " di Wes Anderson

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''Grand Hotel Budapest''Le lodi tecniche, non si sa bene perché, nelle recensioni arrivano alla fine. Per questo film devono essere assolutamente citate all'inizio, infatti cosa sarebbe l'ultima, perfetta opera di Wes Anderson senza le meravigliose, fiabesche-pop scenografie di Adrian Stockhausen, la fotografia onirica di Robert Yeonan e i favolosi costumi della nostra Milena Canonero?

Come avrebbe potuto un regista così originale, pur pesantemente influenzato dal cinema classico di Lubitsch, di Wilder, ma anche da Fred Astaire piuttosto che da Erich von Stroheim e, poi, dai suoi contemporanei Woody Allen, Terry Gilliam, Quentin Tarantino, comporre una fantasia ironico-melanconica, capace, comunque, di diventare un'interpretazione complessa della realtà?

''Grand Hotel Budapest''Nella prima inquadrature l'Hotel delle meraviglie e delle avventure ci appare aggrappato tra montagne altissime, inverosimile come lo era la Venezia di “Cappello a cilindro” (1935), ma dagli interni che ci rivelano tutte le composizioni sociali e psicologiche della vita; in primis l'affascinante concierge Gustave (un fantastico Ralph Fiennes), il quale “risolve problemi” e manda avanti la sua “creatura”, anche facendo il soddisfatto gigolò di ottantenni della belle epoque, ex “vittoriane” risvegliate da un mondo in sovraeccitazione, vicino alla morte quanto loro. Gustave vale solo apparentemente meno di un padrone (peraltro invisibile e misterioso).

''Grand Hotel Budapest''Come i maggiordomi, i camerieri, i valletti dei romanzi di appendice e di avventura dell'Ottocento (tra tutti il Passepartout de “Il giro del mondo in ottanta giorni” di Jules Verne), ha intelligenza, forza e sensibilità più spiccata dei suoi padroni ed Anderson lo fa correre attraverso incredibili vicissitudini, che omaggiano generi letterari e cinematografici, senza la spocchia, però, postmoderna, ma con una preciso gioco di sceneggiatura il quale, capitolo per capitolo (come nei feuilleton muti degli anni dieci), si scioglie e ci lascia anche un po' sconcertati.

''Grand Hotel Budapest''La figura del raffinato romanziere interpretato da Jude Law (uno dei gustosi camei degli amici vip di Anderson), forse, ci dovrebbe evocare il grande scrittore Stefan Zweig a cui il film è dedicato o dovrebbero farcelo venire in mente le atmosfere mitteleuropee, a cui, comunque, il film è ancorato, sebbene filosofia, guerre, “sesso” e violenza ci riportino alle fiabe contemporanee dove l'umanità, a dispetto del pensiero del generoso Gustave, è veramente orribile.
Intanto, se i più giovani non hanno avuto modo di sognare (neppure attraverso un DVD) di saltare sulla strada di mattoni rossi di Oz, o di ballare nei marmi finti, ma imponenti dei palazzi delle “vedove allegre”, possono divertirsi al ritmo, inattualmente, indiavolato di treni ancora a vapore o slitte sul ghiaccio. Senza illudersi, però, perché, alla fine, il mondo non è una fiaba e i nostri eroi possono pure morire, lasciandoci, in ogni caso, il peso e il divertimento della memoria.

 

Articoli correlati:

Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson

16 aprile 2014

 

Powered by CoalaWeb

Accesso utenti e associazioni