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Percorso

Maria Lai e la passione per il Cinema

Narrazione per una rassegna di film intorno al mondo di Maria Lai in 10 capitoli. Il blog di Salvatore Pinna

Maria LaiRassegna  cinematografica come percorso emozionale

Anche una filmografia dovrebbe far parte di un percorso emozionale e conoscitivo come quello che si compie all’interno di un museo, di un parco letterario, di un sito di archeologia industriale.

Visitando un film, o un gruppo di film, ci si immerge, vivendola quasi, nell’esperienza vera o letteraria di chi, personaggio reale oppure fittizio ne è stato protagonista.

Il film è un modo di conoscere con le emozioni e di emozionarsi con la conoscenza. Una rassegna di film intorno al mondo di Maria Lai comprende i film che hanno l’artista di Ulassai come protagonista o che parlano di lei e quelli che lei ha visto e prediletto, e persino quelli che paiono vicini al suo modo di intendere l’arte e la vita, secondo interpretazioni pur sempre soggettive.

''Ansia d'infinito''Essi costruiscono una rete di rimandi, che possono contribuire a far vivere nella sua pienezza la sua opera che non è disgiungibile dalla sua personalità e dal suo pensiero. Ascoltandola nei diversi filmati e leggendo le testimonianze di persone a lei vicine, si capisce che intuiva che il cinema poteva fare bene alla sua arte, così multiforme nella scelta dei materiali e dei modi e così orientata, predisposta potremmo dire,  al futuro tecnologico. I film su di lei o sulle singole opere sono come delle mostre ‘personali’ più facilmente diffondibili, destinate a percorrere velocemente lo spazio e il tempo. In un’epoca in cui il pubblico è distolto e la critica noncurante, il cinema diventa un mezzo di propagazione e un’arma contro i travisamenti. In film come Ansia d’infinito (e in Post Scriptum), appare evidente che Maria Lai ha, in certo qual modo, sovrinteso alle riprese e ne ha approvato il risultato finale.  Non è un caso che uno dei suoi allievi e “compagni di gioco” preferiti fosse Francesco Casu, un regista multimediale, un videoartista, le cui competenze dovevano affascinarla molto.

Francesco CasuCon lui ha realizzato diversi allestimenti multimediali, altri ne ha progettato, e a lui ha affidato la versione audiovisiva di opere come le Fiabe cucite e i Presepi, nonché la realizzazione del film Dalla parola al segno destinato alla Fondazione Cambosu.  
Anche  la predilezione per determinati film e per un certo tipo di cinema è una fonte di significative rivelazioni. Di un film Maria Lai ha lasciato una testimonianza diretta di totale adesione in Ansia d’infinito di Clarita Di Giovanni: “Vi ricordate 2001. Odissea nello spazio? Che meraviglia!” Sono parole che esprimono la fascinazione per le conquiste tecnologiche dell’umanità,  per l’esplorazione dell’ignoto, e l’apprezzamento per la qualità visiva del film di Kubrick. Del resto la regista Clarita Di Giovanni le faceva l’omaggio di riprese kubrickiane, lente e maestose dove le opere dell’artista si facevano, davvero, protagoniste di un racconto astrale. Di altre preferenze siamo venuti a conoscenza grazie a Francesco Casu.

''Lost in Translation''Per tutti i titoli richiamati, ci è sembrato normale che la sua predilezione andasse verso film in cui i processi di conoscenza sono legati al potere dell’occhio, alla sua capacità di vedere oltre la superficie del visibile. Con una sorpresa, almeno in apparenza. Ma ecco la testimonianza di Francesco Casu.
“Dei suoi film preferiti abbiamo parlato più di un volta. Oltre a Uccellacci e uccellini, Stalker, Otto e ½, lei amava molto, anche per un senso di ironia, il cinema francese, anche Truffaut, le piaceva questo gioco del cinema. Poi ricordo, con sorpresa, delle cose più recenti, le era piaciuto Lost in Translation, che eravamo andati a vedere assieme. Con sorpresa perché pensavo che quel codice non fosse sulla sua lunghezza d’onda. 

''Il ventre dell'architetto'' di Peter GreenawayCosa non le piaceva? Non le piacevano le cose più narrative. Le piaceva un cinema poetico appunto Fellini, Tarkovskij… Ma anche Schindler list le era piaciuto molto, mentre altre cose di Spielberg non le piacevano per niente. Di Greenaway aveva visto Il ventre dell'architetto (1987), Le valigie di Tulse Luper - La storia di Moab, 2003). L'ultima tempesta (1991) gli piaceva visivamente.”
Di questi film, di alcuni almeno, si proporrà la visione. Sarà una rivisitazione speciale col pensiero di un raddoppio di sguardo. Guardare o riguardare per sé e pensando a come poteva averlo guardato Maria Lai. In qualche caso consegniamo allo spettatore della “Rassegna di film intorno al mondo di Maria Lai” anche il problema del perché Lost in Translation sia piaciuto a Maria Lai e del perché, in un primo tempo, ce ne siamo un po’ sorpresi.  


 

Narrazione per una rassegna di film intorno al mondo di Maria Lai in 10 capitoli - Capitolo 1

di Salvatore Pinna

''Uccellacci e uccellini'' di Pier Paolo PasoliniPi(cara) Maria
“Il viaggio è la casa. Non solo la mia, ma quella di tutti noi.” (Maria Lai)

 “Dove vanno gli uomini? Mah! Essi andranno, andranno avanti nel loro immenso futuro, nell’immensa complessità e confusione del loro andare avanti.” Un film metaforico e picaresco come Uccellacci e uccellini (Pier Paolo Pasolini, 1966) non poteva non piacere a Maria Lai. La sua vita è una vita da picara, vissuta in un continuo viaggiare. Naufragare. Soprattutto ritornare. Il ritorno è il segno del genio. “Il viaggio è la casa. Non solo la mia casa, ma quella di tutti noi.” Nel libro Media Corpi Saperi. Per un’estetica della formazione (a cura di Maria D’Ambrosio, Franco Angeli, 2006) scrive: “Eccomi infine all’ultimo naufragio in Sardegna. Che non è un ritorno a casa. Il viaggio è la casa…”

Si può immaginare sulle tracce di Uccellacci e uccellini, un viaggio di Maria con un compagno di viaggio con cui intesse dialoghi ricchi di metafore, di citazioni importanti, di  affermazioni a-semantiche e nonsense, di espressioni divertenti e pungenti. Si possono racchiudere in un piccolo scrigno di aneddoti, tutti efficaci e chiarificatori. Capaci di tratteggiarne il carattere.

''Uccellacci e uccellini'' di Pier Paolo PasoliniAlla rinfusa. La parete di casa disegnata. L’attività circense da bambina. La fuga nel carro degli zingari. Lo scivolamento dal cavallo del padre che non la sente più alla sue spalle. La ricerca della bambina caduta da cavallo, la beatitudine della bambina per nulla disperata nella solitudine di un prato. La partenza a Roma. La paura del padre e della madre. La saggezza inascoltata del padre sulla forza limitata del cavallo. Il mare come limite. L’incredibile caso di una donna (in realtà una ragazzina) che fa la scuola d’arte a Roma. E sì che questa ragazzina era partita da zero scrivere. E allora l’incontro con Salvatore Cambosu e la scoperta del ritmo e il rinforzo del coraggio. Da Roma a Venezia. Un salto ancora più impegnativo. Superare la severità di Arturo Martini. Pagarsi il soggiorno e gli studi a Venezia falsificando opere d’arte. La guerra e il ritorno a casa. Avventura e pericolo.

Arriva in un barcone come una immigrata attuale. E gli incontri, le sue risposte aguzze, eppure timide e gentili.
Cosa fare del film? Se ne può estrarre lo schema drammatico (quello picaresco) e fare una trasposizione dei personaggi principali. Totò e Ninetto possono rimanere gli stessi. Due modi di esprimere il senso comune. Il corvo pure rimane lo stesso: l’intellettuale. Naturalmente mettiamo al posto dell’ideologia l’arte. Bisogna pensare bene al nome dei due protagonisti. Cioè a chi impersonano. Uno può essere qualche personaggio reale che abbia avuto intensi colloqui con l’artista. L’altro è certamente Maria Lai, tra realtà e immaginazione.

''Uccellacci e uccellini'' di Pier Paolo PasoliniIn realtà se facciamo la facile equazione tra corvo e artista sarebbe un guaio perché nel film di Pasolini, come si sa, il corvo viene mangiato da Ninetto e da Totò.  In qualche modo è vero che l’arte deve essere digerita e quindi l’opera mangiata, ma vorremmo che la cosa avvenisse in modo meno cruento e con altro tipo di vittima.  Allora è meglio pensare che i due personaggi siano due diversi tipi di artista in dialettica tra loro, un discepolo e un maestro, ma non in disaccordo inconciliabile. E facciamo che il corvo sia una artista accademico. Un saccente dispensatore di pareri volanti in cambio di ricche prebende.
Tutte le sue opere in fondo rappresentano uno spostarsi. Niente è fermo sulla Terra e intorno alla Terra. “Siamo sulla terra che gira a circa trentamila chilometri al secondo, in un viaggio che è pur sempre un viaggio speciale, dove non si distingue la partenza dal ritorno.” [Media Corpi Saperi, p. 208]

 “In un mondo che sembra ormai destinato allo sfacelo…” ci salva il viaggio e il racconto. Che è esperienza e speranza. Anche il racconto è viaggio. E allora Le fiabe cucite. “Noi siamo gli eredi di chi ha perso il paradiso terrestre. Abbiamo sempre bisogno di giocare perché solo così lo riconquistiamo.” Sono affermazioni perentorie, di chi ha l’autorità per farle. In un mondo che ormai sembra destinato allo sfacelo. “Io sono una bambina che gioca. Ogni bambino inventa di essere un altro. Perché la vita non gli basta. E allora nascono le storie.  Raccontare storie è un modo di giocare. E di ritrovare qualcosa di un vecchio paradiso dimenticato.”

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14 maggio 2014

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