Percorso

Narrazione per una rassegna di film intorno al mondo di Maria Lai in 10 capitoli - Capitolo 7 e 8

di Salvatore Pinna

''Le valigie di Tulser Luper''CAPITOLO 7. COSA SIGNIFICA?
“Non importa granché quel che dice l’autore. Il vero autore è il mio errore.” (Paul Valery)
Cosa significa? Cosa rappresenta? Cosa intendeva l’autore?  Sono alcuni interrogativi che Maria Lai ha raggruppato nel gioco di carte Luoghi comuni sull’arte. Questi luoghi comuni hanno funzionato a meraviglia quando la critica ha dovuto dare un voto, cosmicamente basso, a un film di Peter Greenaway, un autore “difficile” cui si concede volentieri l’etichetta di intelligente, colto e visionario.

Una condanna a morte per un autore. Un solo asterisco da parte della critica per Le valigie di Tulser Luper, Peter Greeneway, 2003  è troppo poco per essere vero.  Con ciò la critica dichiara, ancora una volta, che il film, qualunque film,  è sottomesso alla dittatura della storia.

''Lost in Translation''La storia chiude la realtà e il tempo e costringe a vedere una sola cosa in un modo solo. Quindi si resta spiazzati davanti alla vita del criminale Tulse Luper, che viene raccontata attraverso 92 misteriose valigie disseminate in tutto il mondo che deflagrano in storie innumerevoli. Senza contare che Greeneway applica ogni possibile modo di usare le immagini: fiction mescolata a documentario, calligrafie, personaggi che si replicano e che parlano dai vari riquadri dello schermo, territorio più che cornice. Un film visivo insomma non testuale. L’eventuale interesse della critica classica si blocca di fronte all’interrogativo classico: cosa vuol significare? Anzi: come fa a significare se manca una storia? Sei asterischi sono molti, al contrario, per Lost in Translation , Sofia Coppola, 2003 ma non è inspiegabile l’interesse di Maria Lai per questo film. Se pure c’è una narrazione essa non è subordinata alla componente testuale.

''Lost in Translation''La storia si svolge in pochi giorni della permanenza contemporanea a Tokio di un anziano divo di Hollywood, in crisi matrimoniale, impegnato in set pubblicitari e della giovanissima moglie al seguito del marito fotografo che la lascia troppo spesso sola. I due solitari finiscono per incontrarsi senza che avvenga niente tra di loro se non l’esposizione di una comprensibile vulnerabilità e del fatto che, in fondo, è bello essere tristi. È  un film di pura visione  in  cui la faccia dolorosa e immobile di Bill Murray, quella sorpresa e consapevole di Scarlett Johansson consumano il loro non-rapporto in una Tokio super tecnologica, organizzatissima, illuminatissima, descritta nei minimi dettagli ambientali e umani.

''Il ventre dell'architetto'' di Peter GreenawayUno dei pochi film di Greenaway di cui la critica sia riuscita a ricavare una trama è Il ventre dell’architetto, Peter Greenaway 1987.  Un architetto di Chicago soggiorna a Roma per nove mesi durante i quali  gli va a monte tutto compresa la vita. Il plot semplice non gli impedisce si essere narrativamente sperimentale e astratto quanto concreto visivamente.

Concretezza che si esercita su una Roma come al cinema non s'era mai vista. Ogni volta è così dopo una grande bellezza.


''Stalker''CAPITOLO 8. L’IGNOTO CHE SPAVENTA E ATTRAE
“Il Professore: E questa Stanza è lontana? Lo Stalker: in linea retta un 200 metri ma qui, purtroppo, vie dirette non ce ne sono.” (Stalker)
Forse un soggiorno di extraterrestri, forse una pioggia di meteoriti, ha dato origine a un territorio misterioso e pericoloso che attrae e spaventa. Questo è l’antefatto di StalkerAndrej Tarkovskij, 1979. Le autorità hanno chiamato Zona questo territorio e ne hanno vietato l’accesso salvo che agli studiosi. Uno Scrittore che ha perso l’ispirazione e uno Scienziato corazzato di certezze, si avventurano nella Zona guidati dallo Stalker, che lascia a casa una moglie e una bambina senza l’uso delle gambe. La loro meta è il cuore della Zona, la Stanza dove vengono realizzati i desideri.”

''Stalker''Dopo un viaggio pieno di invenzioni visive e contrassegnato da dialoghi e conflitti, arrivati sulla soglia della Stanza, lo scienziato e lo scrittore rifiutano di entrarvi col pretesto che i desideri sono sempre ignobili. In realtà entrambi hanno paura di varcare questo limite fatidico. Nella loro incredulità, nel loro ozio mentale c’è tutta l’incapacità di sradicarsi dalla condizione di privilegio accordati loro da una società supertecnologica ma votata all’autodistruzione per mancanza di progetti e di speranza. Questi uomini superflui non riescono a farsi scuotere nemmeno dalla ascetica forza di abnegazione di Stalker, che riesce a “vedere” una realtà futura fondata sulla forza della creatività e della progettualità. Forse non è ancora l’arte, ma qualcosa che si avvicina all’intuizione dell’arte.

''Stalker''Rientrati in città i tre si separano e a casa  lo Stalker sfoga il proprio dolore per la mancanza di fede da parte degli uomini. La moglie lo consola e la figlioletta legge una poesia che parla di occhi in cui arde il fuoco del desiderio. Poi fissa dei bicchieri sul tavolo, che si spostano misteriosamente sotto il suo sguardo. Il passaggio rumoroso di un treno, fuori campo,  fa tremare il tavolo e muovere gli oggetti,  giusto per lasciare gli spettatori nell’incertezza…  Cosa significa? Ecco una domanda da non porsi secondo il gioco della carte sui Luoghi comuni dell’arte di Maria Lai. Anche a Tarkovski, immancabilmente, hanno domandato spesso che cosa significa la Zona, che cosa simboleggia. Risposta: “La Zona, come ogni altra cosa nei miei film, non simboleggia nulla: la Zona è la zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste.

''Stalker''Se l’uomo resisterà dipende dal suo sentimento della propria dignità, dalla sua capacità di distinguere il fondamentale dal passeggero.” La duplicità dell’essere umano, l’ombra e il sole, il diabolico e l’angelico, l’arte come supremo istinto del mondo, come governo possibile della vita degli uomini – temi così presenti e totalizzanti nell’opera e nel pensiero di Maria Lai – sono affrontati in Stalker con una giusta dose di problematicità. Come i racconti di Maria Lai, non offre soluzioni precostituite, né messaggi consolatori. Solo problemi e soluzioni da cercare.  Come Maria Pietra, Curiosape, il pastorello, la capretta, il bambino del sole e quello dell’ombra, ognuno deve trovare  una strada, scoprire che l’arte nasce fuori da ogni logica economica, e realizza “soltanto” il miracolo.

''Stalker''Ne più ne meno. Tutti, infine devo fare i conti con una loro fragilità, qualità che Stalker esalta in uno dei monologhi più commoventi del film: “Che si avverino i loro desideri, che possano crederci, e che possano ridere delle loro passioni. Infatti ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale, ma solo attrito tra l'animo e il mondo esterno. E soprattutto che possano credere in se stessi... e che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido, così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagni della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza, ciò che si è irrigidito non vincerà...”
La stanza. Come non vedervi riflessa quella stanza dell’arte che aldilà della sua determinazione concreta, contiene la forza dirompente di un’utopia? E infatti quella stanza dell’arte, propugnata da Maria Lai, non si farà…perché non serve a nessuno… Non per ora almeno. Non per quelli che credono in una vita sola. I pratici, i superflui. Perché i grandi, i poeti, invece, ritornano. 

25 giugno 2014

Powered by CoalaWeb

Accesso utenti e associazioni