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“Sciuscià” di Vittorio de Sica, 1946.

di Claudio Castaldi

'' Sciuscia' ''Sciuscià”, film del 1946 di Vittorio de Sica è considerato uno degli altri grandi capolavori del cinema italiano del primissimo dopoguerra, appartenente alla corrente del Neorealismo italiano.
Il termine “Sciuscià” tradotto dall’inglese Shoes-Shine, è utilizzato nel dialetto napoletano con il significato di lustrascarpe.

Tutta la storia ha come protagonisti due ragazzi, Pasquale interpretato da Franco interlenghi, molto giovane alle sue prime armi nel cinema italiano, e Giuseppe (Rinaldo Smordoni).
Entrambi lavorano come lustrascarpe “Sciuscià” in via Veneto a Roma.

Pasquale e Giuseppe a cavalloLa loro passione è andare a cavallo. Nei momenti liberi dal lavoro corrono a villa Borghese e con 300 lire cavalcano un bellissimo cavallo bianco, come quello di Napoleone, che si chiama Bersagliere. Il loro sogno più grande è quello di acquistare e possedere un cavallo tutto loro. I tempi non solo facili, anche perché il loro lavoro non era redditizio. Come la parabola del Buon seminatore, giorno dopo giorno, mettono da parte i loro guadagni con la speranza di arrivare alla somma e comprare il cavallo.  I due sciuscià, con la complicità del fratello maggiore di Giuseppe, Attilio (Guido Gentili), sono coinvolti in un furto da una chiromante. Che Cos’è successo?

Pasquale e Giuseppe e la cartomanteUn uomo di nome “Panza” (Gino Saltamerenda), venditore di oggetti rubati, con la complicità di Attilio, affida a Giuseppe e Pasquale l’incarico di vendere due coperte americane dicendogli di recarsi presso via del Babbuino 48, quarto piano. A quell’indirizzo abita una signora di professione chiromante (Maria Campi), nome dell’attrice), cui possono provare a vendere le coperte. Sul ricavato dalla vendita, il 10% sarà loro.
Senza nessun problema, armati di coraggio, i ragazzi si recano dalla signora, riescono a vendere le coperte. I ragazzi ricevuti i soldi, sono incuriositi dal lavoro della Chiromante, colei che predilige l’avvenire.

Cito un breve dialogo tra i ragazzi e la signora: 
Loro: “A che servono quelle carte?”
Chiromante: ”Si legge l'avvenire”. 
Loro: ”Allora, a noi potrebbe dire che ci succederà domani?”
Chiromante: ”Che c'entra, voi siete due ragazzini”.
 Loro “Perché, i ragazzini non ce l'hanno un avvenire?”

Pasquale e Giuseppe portati in prigioneMentre la Chiromante predilige il futuro ai ragazzi, arriva la polizia e sono arrestati. Essi purtroppo sono ignari della provenienza reale della merce o che essa fosse rubata e di conseguenza del capo d’imputazione.
Il problema più grave e che, essendo coinvolte persone a loro molto care, non possono dire “ci è stato affidato l’incarico da Attilio e Panza”. Immaginate il fratello Giuseppe che accusa il fratello maggiore Attilio? Non esiste, oppure Pasquale che accusa il fratello di Giuseppe?
Come già detto, loro scopo era raggiungere la quota per comprare il loro amato cavallo e ci riescono. Dopo averlo acquistato, lo affidano in custodia a uno stalliere. Il film non fa vedere la scena dell’acquisto del cavallo ma solo che, nelle scene seguire, è diventato loro.

Pasquale e Giuseppe dietro le sbarreDa qui inizia tutta la vicenda all’interno del carcere minorile, cui si alternano episodi di amicizia, rivendicazioni, violenze.
La vita in carcere proseguiva normale: sveglia, ricreazione, pranzo, ispezione. Agli inizi della loro permanenza in carcere sono sempre molto uniti, amici forse più di prima.
Un giorno, i due sono chiamati a rapporto alla presenza del direttore e del commissario del carcere minorile per scoprire i nomi dei complici del furto. I superiori del carcere, data la tenacia dei ragazzi, non riuscendo con le buone maniere, passano alle misure forti, fanno credere a Pasquale, che Giuseppe lo stiano frustando, al fine di farlo confessare. Pasquale, pensando che l’amico soffrisse dalle frustate cade nel tranello e fa nomi e cognomi dei complici, tra cui Attilio fratello maggiore dell’amico Giuseppe.

In carcere, tradimentiIn realtà i lamenti erano finti e neanche di Giuseppe, già riportato in cella. È stata una mossa di cattiva dei superiori per avere i nomi. Sapete bene come nelle carceri le buone maniere, la dolcezza, non fanno parte del loro vocabolario.
Quando Giuseppe, ignorando il motivo per cui l’ha fatto, verrà a sapere che l'amico ha fatto il nome del fratello, si sente tradito e durante una ricreazione fa a botte con la spia (Pasquale).
Questo fatto non solo inficerà l’amicizia con Pasquale, ma attraverso i consigli errati di Arcangeli (Bruno Ortensi), compagno di cella (di Giuseppe), decide di vendicarsi e rivela a Staffera (Emilio Cigoli), l'assistente del direttore, che nella cella dell’amico-nemico (Pasquale) è nascosta una lima.
E questa volta Pasquale, ispezionata la cella, non sapendo davvero chi gli posso aver fatto quello scherzo della lima, prenderà sul serio dal commissario una passata di cinta di pantaloni sulla schiena dal commissario.

VendettaArcangeli, non è certo ragazzo che si fa mettere i piedi in testa. in base alla sua teoria occhio per occhio, dente per dente, e uno possa essere bambino i tradimenti e le spie si pagano care. Infatti, durante una doccia, mentre Pasquale decide di fare la prima mossa per fare pace e spiegarsi con Giuseppe, arriva Arcangeli che per far giustizia a Giuseppe, gli sferra una passata di pugni. Pasquale in contrattacco, gli dà un destro tale che Arcangeli finisce con la testa nello spigolo della doccia da finire in infermeria.
Sarà proprio Arcangeli che organizzerà il piano di evasione dal carcere con la complicità dei compagni di cella. Una sera, durante una proiezione cinematografica, Giuseppe e il suo compagno di cella Villa Literno, evadono di nascosto dal carcere. Pasquale, venuto a sapere di cosa era successo, per paura di perdere Bersagliere, rivela a Staffera, dove sono i due evasi, e li conduce nella stalla, dove è custodito il cavallo.

Compagno di cellaA pochi passi dalla stalla, su un ponticello, Pasquale affronta Giuseppe in sella a Bersagliere. Arcangeli scappa, Giuseppe scende dal cavallo e Pasquale comincia a frustarlo, ma Giuseppe inciampa, cade dalla spalletta del ponte e muore.
Pasquale, dalla smania di vendetta, non potrà fare altro che piangere disperato l'amico, urlando al mondo il suo dolore: "Che ho fatto?"; mentre il cavallo si allontana nella notte.
La vicenda che finale avrà? Quanti anni dovrà passare ancora in carcere Pasquale. A tutte questi interrogativi, il regista lascia a noi libera immaginazione. Perché questo? Il neorealismo nei film della regia di De Sica, non raccontano storie con un inizio e una fine, elaborate, che rispettino regole strutturali ben precise, ma raccontano spaccati della vita di tutti i giorni in un periodo, in cui la società sta cercando di subire l’urto di una terribile conflitto bellico mondiale che ha coinvolto migliaia di vite umane rimaste senza un tetto dove dormire, un lavoro, alla fame più nera.

Ora della zuppaNel film, si notino anche i personaggi scelti, da considerare non persone di fama ma gente alle prime armi nel cinema a volte molto giovani, presi dalla strada e soprattutto di qualsiasi estrazione sociale. Pensiamo alla figura di Pasquale interpretata Franco interlenghi, classe 1931, ai tempi di questo film aveva appena compiuto quindici anni e all’epoca la maggiore età era a 21 anni. Lo stesso discorso, lo possiamo fare per Giuseppe, Rinaldo Smordoni, giovanissimo anche lui. In tutta la sua vita ha girato due film, questo e “Fabiola” di Alessandro Blasetti nel 1948.
Mi ha colpito molto il carcere, luogo molto spartano, buio, ridotto all’essenziale. Le celle disposte su tre piani. La notte, i corridoi sono illuminati solo il secondo piano con delle lampade molto tenue. Le pareti molto spoglie e vuote. In lontananza s’intravede una scaletta a chiocciola con un cancelletto, luogo forse nel quale riposa la vigilanza, il secondino.

Pasquale e GiuseppeInfine mi ha lasciato perplesso come le regole fossero molto rigide.  Se davvero la pena, ha lo scopo di rieducare il condannato e la sua inclusione socia esso sia adulto o ragazzino, non so quanto questo principio nelle scene del carcere sia applicato. Anche perché, le stesse scene lo dicono chiaramente, come alcuni modi utilizzati dal personale carcerario come le frustate, gli schiaffi, i toni di voce accesi, gli stessi atteggiamenti di estorsione delle informazioni come quello descritto sopra, Giuseppe che viene per finta frustato al fine di ottenere da Pasquale i nomi dei complici, sono coercitivi della volontà personale più che rieducativi  e inclusivi.

25 giugno 2014