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"La Trattativa" di Sabina Guzzanti

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''La trattativa''Sabina Guzzanti stava scrivendo la sceneggiatura de La trattativa, quando, un giorno, su “You Tube” si imbatte in un breve cortometraggio di Elio Petri, Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli, dove Gian Maria Volontè (carismatico e perfetto come sempre), Luigi Diberti, Renzo Montagnani e altri due attori ricostruiscono le tre contraddittorie versioni che, nel 1969, la polizia dell'epoca diede ai giornalisti sulla morte dell'anarchico Pinelli. Nel breve film ci sono anche la lettura della stampa di quei giorni bui e un'altra ricostruzione dei fatti.

Un cortometraggio molto interessante, che inizia con le parole di Volontè: “Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo, ci proponiamo attraverso l'uso del nostro specifico (il comportamento degli attori, i registi, i tecnici), di ricostruire le tre versioni avallate dalla magistratura sul presunto suicidio dell'anarchico Pinelli”.

''La trattativa''Da questa visione, da questa chiave di lettura, con le stesse parole poste all'incipit del film, nasce la modalità in cui la Guzzanti ha scritto e diretto La trattativa. Si tratta di un livello di ripresa non illusionistico, seguendo le modalità del teatro brechtiano, uno giusto straniamento attraverso la dichiarata scenografia mobile, gli interpreti che recitano parti diverse, personaggi opposti, che utilizzano stili attoriali vari dal realistico, al grottesco, alla caricatura; l'uso di immagini di repertorio, la drammatizzazione degli atti processuali, disegni animati, cartelli. Il film, così, funziona molto bene, anche perché trattare il materiale bruciante di cui è fatta La trattativa non poteva essere risolto in maniera migliore La Guzzanti, dunque, servendosi di questo metodo, può mostrare agli spettatori il groviglio di vipere che ha investito il nostro paese nel momento in cui si sono incontrati mafia e istituzioni, il pregresso che lo ha prodotto, il presente caratterizzato da confusioni e mistificazioni dei fatti.

''La trattativa''La Guzzanti, i suoi interpreti, i tecnici, persino Nicola Piovani con il suo quintetto d'archi teso ad andare oltre alla musica di commento, firmano un film appassionante, in alcuni momenti pure esilarante nel suo humor nero (si pensi a Spatuzza che dà in carcere l'esame di teologia o la descrizione di Massimo Ciancimino), senza sfiorare la noia, semmai, proprio come diceva Brecht a proposito del teatro didattico - mutando il termine teatro con quello di cinema - “Il cinema rimane cinema anche quando è cinema d'insegnamento; e, nella misura in cui è buon cinema è anche divertente.” Alla riuscita delle atmosfere de La trattativa contribuisce la splendida fotografia di Daniele Ciprì: l'ombreggiatura, i contrasti di colore sono fondamentali nell'evocare ambienti angusti, personaggi contraddittori, scene che vengono dal passato con l'oppressione incredula degli incubi.

''La trattativa''L'ipotesi finale è messa a confronto con i cartelli delle ragioni giudiziarie sui titoli di coda, ma la scena conclusiva che vede il pentito Spatuzza raccontare il suo ripensamento di killer spietato, è uno dei momenti migliori. Infatti, vediamo come l'uomo abbia il primo turbamento della sua vita, quando deve sparare il colpo di grazia a don Pino Puglisi il quale, già a terra, spirando, sorride al suo assassino.

8 ottobre 2014