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L'intervista. Antonia Iaccarino: “Il cinema è una storia dinamica”

La sceneggiatrice de L’Accabadora di Enrico Pau, neo presidente di Moviementu,  racconta il suo lavoro di scrittura continua anche sul set. E chiede: "Istituzioni e operatori collaborino". di Carlo Poddighe

Antonia IaccarinoLa sceneggiatrice napoletana, ma cagliaritana d’adozione, Antonia Iaccarino, è la neo presidente di Moviementu - Rete Cinema Sardegna: l’associazione nata nel 2013 per tutelare e promuovere le attività e le professioni della cinematografia nell'isola. La Iaccarino ha firmato le sceneggiature dei film “Tutto torna”, insieme a Enrico Pitzianti, “Jimmy della Collina” e "L’Accabadora", insieme a Enrico Pau.

L’abbiamo incontrata proprio sul set di quest’ultimo film, nella chiesa di San Giuseppe, accanto alla torre dell’Elefante a Cagliari. Il suo ufficio era, nell’occasione, un vecchio confessionale in cui continuava a scrivere la sua sceneggiatura in un lavoro costantemente in fieri.

Antonia, congratulazioni per la recente nomina. Cosa rappresenta per te la presidenza di Moviementu e quali sono i tuoi obiettivi immediati?
Stiamo concertando la linea direttiva proprio in questi giorni. C'è un assetto che si è consolidato in quindici mesi grazie alla presidenza di Marco Antonio Pani, che con il suo direttivo ha fatto un lavoro enorme. Ogni presidente dà una sua particolare impronta a qualsiasi movimento o associazione; io caratterialmente sono abbastanza diversa, da chi mi ha preceduto, non per questo non ho le idee chiare su quanto ci sia da lavorare prima di tutto nel dialogo con la politica e le istituzioni per mettere in luce l'importanza del settore cinema. L'intento sarebbe quello di dialogare tramite elementi comprovati, conti alla mano, per dimostrare quanto il cinema dia lavoro e quanti soldi lasci sul territorio. Probabilmente, per quanto questo sia noto teoricamente, non è ancora entrato nella cultura di chi ci governa.

Antonia IaccarinoQuesto cambiamento di atteggiamento della politica rispetto al cinema come dovrebbe manifestarsi?
Sicuramente destinando più fondi al settore, da poche ore e circolata la notizia di ulteriori tagli. È necessario un lavoro capillare in collaborazione con la Film Commission che dovrebbe impegnarsi nel ruolo di attrattore delle produzioni sul territorio, non posso dire che non l'abbia fatto in passato, ma si può fare sempre di più con maggior confronto, consapevolezza e collaborazione. Senza polemica alcuna, il produttore del “L’Accabadora” ci ha raccontato dati alla mano, di quanto denaro abbia lasciato sul territorio e di quanto sia incredibile che questa terra non venga promossa nella maniera dovuta.

Per quanto riguarda le professionalità locali, in che modo queste potrebbero essere create, sviluppate e valorizzate?
C'è ne sono tante di grande livello alcune formatesi fuori dai set altre sul campo, in piccole produzioni. Credo che Moviementu sia un luogo in cui chi è già formato possa dialogare con chi è in formazione, sento forte questa necessità e possibilità di scambio, ovviamente il grosso della formazione si fa sul campo, per cui tutto dipende dalle produzioni che si riesce ad avviare e da quanto si fa sul territorio.

L'Assessore Firino sul set di PauDici una cosa che faresti domani per il cinema in Sardegna, avendone la possibilità e i mezzi.
La Sardegna credo sia un attrattore potentissimo, ha, però, bisogno di una convinta autopromozione. Offre scenari funzionali a ogni tipo di racconto, abbiamo un assetto paesaggistico cosi variegato che ha solo bisogno di una convinta valorizzazione alla quale possiamo collaborare tutti.

Parliamo de “L’Accabadora”. Tu firmi la sceneggiatura con Enrico Pau. Sei nata a Napoli, ma vivi a Cagliari da tempo. Con questo lavoro stai facendo un ritratto di una figura identitaria per eccellenza, sia per la forza che è sempre stata riconosciuta alle donne sarde, sia per la particolarità del personaggio. Hai avuto difficoltà a confrontarti con lei?
Quella dell'Accabadora è una figura arcaica. Noi, per la verità, non abbiamo privilegiato l'aspetto sardo specifico, per noi è un simbolo di una condizione umana arcaica, appunto, ma anche attuale e fortemente discussa. Non ci interessava, nemmeno, puntare sul discorso dell'eutanasia. Abbiamo preferito soffermarci sul simbolo di questa donna che rappresenta la mortificazione del suo essere per dedicarsi ad una missione che la condanna all'emarginazione dal paese e alla rinuncia del proprio essere donna a tutto tondo. Questa mortificazione, però, può eventualmente essere riscattata nel momento in cui la si trasporta a Cagliari nello scenario dei bombardamenti del 1943, in una condizione di morte terrificante, lei che però alla morte e al terrifico è abituata potrebbe lì, paradossalmente trovare la vita.

Su questo punto non si ha ancora una risposta anche perché la scrittura della sceneggiatura e in continua lavorazione, giusto?
Si, anche perché finalmente succede ciò che da tempo accadde negli altri paesi: lo sceneggiatore sta sul set. Non perché voglia impicciarsi del lavoro del regista, ma perché, come credo sia giusto, il cinema va fatto così così. La storia deve essere dinamica, sempre pronta a cogliere nuovi stimoli. E io sono là, presente, nel mio banchetto da scrivano pronta a coglierli.

8 ottobre 2014