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La “dolorosa esperienza” di Paul Newman

Scomparso nel 2008, avrebbe compiuto 90 anni quest'anno l'attore dal fascino malinconico, i cui occhi erano potenti anche in bianco e nero. di Elisabetta Randaccio

Paul Newman, foto di Eve ArnoldIn una famosa fotografia in bianco e nero della grande Eve Arnold (autrice, tra l'altro, delle immagini più belle di Marilyn Monroe), Paul Newman è immortalato durante una lezione all'Actor's Studio di New York: seduto su una sedia di legno con le ginocchia piegate per stare comodo, una maglia bianca a maniche corte, jeans e mocassini, una sottile sigaretta in bocca a ricordare che siamo nel 1955, quando fumare non era peccato mortale.

Le persone a lui vicine o sorridono o si tengono la testa, per cui non si capisce se la lezione sia piacevole o mortalmente noiosa. Lui sa sicuramente di essere ripreso e sfoggia una delle sue espressioni accattivanti, tra il ribelle e il saggio. Così è stata l'arte di Paul Newman che, il 26 gennaio avrebbe compiuto 90 anni, se non fosse scomparso nel 2008, dopo una malattia breve e spietata. Ricordarlo è un dovere, dato che ha attraversato per 50 anni le evoluzioni e le contraddizioni del cinema americano, lavorando con grandi registi, partecipando a film importanti, ma capace di innalzare a interesse artistico pure pellicole di mediocre valore con le sue interpretazioni rese speciali da un approccio all'arte attoriale sicuramente originale.

Paul Newman, Marlon BrandoCerto non ebbe l'iconoclastia autodistruttiva e fortemente critica di Marlon Brando, a cui fu, soprattutto a inizio carriera, paragonato, ma declinò con passione il Metodo dell'Actor's Studio, riuscendo nelle sue performance a evidenziare un approfondimento psicologico dei personaggi senza rimanere imprigionato nella totale identificazione. Il suo percorso sul grande schermo indica le trasformazioni estetiche, professionali, economiche dell'industria cinematografica hollywoodiana, ma anche la sua scelta politica "liberal" e la sua intelligenza nel privilegiare film complessi, non sempre segnati dall'emblema del commerciale a tuti costi.

Paul Newman ''Era mio padre''In questo senso, la sua filmografia è esemplare, anche perché ha collaborato con i registi che hanno costruito la nuova Hollywood: Arthur Penn, George Roy Hill, Robert Altman, Sidney Pollack, Martin Scorsese fino a Sam Mendes - il quale gli regala una scena memorabile sotto la pioggia nel 2002 in "Era mio padre" -, ma lavorò anche con John Huston, Alfred Hitchcock, Robert Wise, solo per fare qualche nome. Inoltre, a differenza di altri suoi colleghi gestì senza enfasi la sua prestanza fisica, una bellezza fortemente acuita dal suo fascino interpretativo, per cui lui, di non eccelsa statura, sembrava un gigante nel quadrato dello schermo, così come i suoi occhi chiari erano potenti anche in bianco e nero. Pure da anziano aveva un melanconico fascino, accentuando quella fragilità che, nella giovinezza, era l'alter ego della ribellione o dell'eccessiva virilità.

Paul NewmanNon bisogna, poi, dimenticare, i suoi film da regista, un mestiere che dimostrò di conoscere con professionalità, firmando alcune opere di ottima qualità, fra tutte "La prima volta di Jennifer" (1968), costruita sulle doti interpretative della seconda moglie, la brava Joanne Woodward, che, peraltro, apparve più volte sul grande schermo insieme al marito caricando di emozione i film interpretati in coppia (i migliori "La lunga estate calda", 1958, e "Mr. e Mrs. Bridge", 1990). Indicativo come l'ultima sua regia fu un adattamento dallo "Zoo di vetro" di Tennessee Williams, un autore amato, di cui aveva aiutato la consacrazione recitando alcune sue piece in memorabili allestimenti teatrali ("La dolce ala dela giovinezza" fu tenuta a Broadway con grandissimo successo all'inizio degli anni sessanta per dieci mesi con Newman splendido protagonista) e pure in trascrizioni cinematografiche ben riuscite come "La gatta sul tetto che scotta"(1958).

"Zoo di vetro" fu anche un omaggio al palcoscenico dove il suo percorso artistico era iniziato, quella arte attoriale da lui definita "dolorosa esperienza", che arrivava, però, al pubblico come un momento irripetibile e straordinario.

4 febbraio 2015