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Memorie d'oltrecinema. ''Il dottor Jekyll'' di Rouben Mamoulian e ''Il testamento del mostro'' di Jean Renoir

Gianni Olla ci apre la sua cineteca per riscoprire grandi film che riemergono dal passato

''Il testamento del mostro'' di RenoirNel 1959 Jean Renoir propose all’Ortf (l’equivalente francese della Rai) di trasporre in immagini Lo strano caso del dottor Jekyll e mr. Hyde di Robert Louis Stevenson. Capolavoro della letteratura di fine Ottocento, il racconto si era imposto – al di là della sua fama e dell’aspetto allegorico del racconto – come un tipico palinsesto sopra il quale riscrivere ben 66 copioni filmici e televisivi che, dal 1908 ad oggi, hanno quasi cancellato la specificità  di quel testo.

La cancellazione/sostituzione del racconto originale ebbe inizio appena qualche mese dopo la pubblicazione del libro, nel 1886.

''Dottor Jekill'' di MamoulianIl cinema non era stato ancora inventato, ma bastò la scena teatrale, e soprattutto la moda degli interpreti “mattatori”,  a costruire una nuova struttura narrativa e drammaturgica basata non già sul mistero della “protezione” filiale accordata dal celebre medico e scienziato Jekyll al più che sospetto Mr. Hyde (per chi ricorda ormai solo le trame filmiche, lo svelamento del mistero sta nelle pagine finali del libro ed è affidata ad una lettera di un amico di Jekyll e ad un memoriale dello stesso medico, poi suicidatosi), ma sull’artificio della trasformazione, un “topos” appunto del teatro illusionistico.
Con questa pesante eredità, il nuovo canovaccio ha attraversato l’intera storia del cinema, sempre ponendo come spettacolo a se stante, in grado di condizionare l’intera visione, la trasformazione in laboratorio del medico, e aggiungendovi la visualizzazione delle imprese delittuose di Mr. Hyde, indirizzate prevalentemente verso il sesso femminile – inesistente nel romanzo di Stevenson, che ha per protagonisti solo maschi scapoli – e in particolare le prostitute.

''Dottor Jekill'' di MamoulianMa la riscrittura non sempre e non necessariamente produce “una parodia del libro” (Nabokov).
Infatti il primo titolo stevensoniano dell’epoca sonora (Dottor Jekyll, oggi reperibile in Dvd), diretto nel 1931 da Robert Mamoulian, è un capolavoro assoluto che si apre con un lunghissimo piano sequenza di preparazione al mistero dell’identità dello scienziato.
Dopo una prima inquadratura sulle mani del protagonista che suona all’organo un brano di Bach, Jekill si prepara velocemente ad uscire, incalzato dal proprio maggiordomo: deve recarsi all’università per la consueta lezione. Poco dopo, senza che sia avvenuto alcun visibile stacco di macchina, il protagonista sosta per qualche secondo di fronte ad uno specchio, la celebre “psiche” descritta nel racconto, ovvero lo “specchio dell’anima”.

''Dottor Jekill'' di MamoulianL’immagine riflessa svela finalmente agli spettatori il volto di Jekyll, nascosto precedentemente da una soggettiva integrale. Quell’inquadratura prolettica, che precede la lezione universitaria basata sul problema del bene e del male che “abitano” assieme nella mente umana e che potrebbero benissimo essere separati dalla scienza, anticipa virtualmente anche la trasformazione successiva, cioè il pezzo forte della riduzione scenica, creando il “climax” entro cui si svolgerà la tragedia.
Ovviamente “la trama del delitto” non è più quella originale di Stevenson, ma pure il film resta uno straordinario intreccio di suggestioni – magari legate all’origine europea di Mamoulian – che spaziano dal Faust di Goethe ai “doppi” della letteratura romantica e del cinema espressionista, da Darwin alle teorie freudiane che, a partire dal 1909, anno del viaggio in Usa del fondatore della psicoanalisi, ebbero una vasta eco negli ambienti della cultura e dello spettacolo americano.

''Dottor Jekill'' di MamoulianDa Freud (e parzialmente dal Faust) è appunto ricavato il “nodo” drammaturgico del film: la frustrazione sessuale del protagonista che, curiosamente, è quasi esplicita. Si deve ricordare che nel 1931, ad Hollywood non era ancora entrata in vigore la regolamentazione auto censoria dell’avvocato Hays: ovvero un codice, approvato da produttori, che imponeva una sorta di linguaggio visivo ellittico dal quale venivano cancellate non solo le esplicite scene di violenza, ma anche l’eccesso di allusioni (e di visualizzazioni) erotico-sessuali, anche tra marito e moglie.
Dunque Jekyll, giovane (nel romanzo ha già cinquant’anni) e fidanzato con una bella ereditiera, non fa che chiedere insistentemente al padre dell’amata di acconsentire al matrimonio quanto più velocemente possibile. E, in una sequenza successiva, montata in alternanza ai suoi primi esperimenti di laboratorio, confida sottilmente alla fidanzata la sua voglia di possederla, espletati sbrigativamente gli obblighi legali e morali, perché solo da lei potrebbe arrivare la salvezza, cioè la fine delle sue agitazioni psicologiche derivanti dalla repressione sessuale, che lo stanno portando alla follia.

''Dottor Jekill'' di MamoulianUn’altra prolessi anticipa la serie di accadimenti successivi: tornando a casa, infatti, il giovane scienziato salva da un’aggressione una prostituta (Merle Oberon), la riporta nella sua misera stanza, la visita per accertarsi che non abbia subito alcuna lesione ed è tentato dall’approfittare delle sue nudità e delle sue aperte avances. Ma il proprio ruolo e la propria moralità puritana gli impediscono di superare le convenzioni sociali. La gamba formosa e ondeggiante della prostituta, cinta da un reggicalze, sarà il suo incubo che finirà per accelerare ulteriormente gli esperimenti. Se come Jekjll non può liberamente soddisfare i propri sensi, può però farlo il suo doppio, che non ha né obblighi sociali né morali.

Alla fine del processo di mutazione – anche questa una sequenza straordinaria – il signor Hyde (letteralmente “il signor nascosto”) assomiglierà ad un primate, cioè ad un individuo pre umano, ma certamente affine al suo successore nella catena evolutiva. Come avrebbe potuto affermare Freud, anche il pacifico e benefico dottor Jekyll tiene nascosto il suo “disagio di civiltà” accentuato dalle rigidissime regole morali dell’Inghilterra vittoriana.

''Dottor Jekill'' di MamoulianQuel che lo scienziato non aveva previsto è che la libertà del suo doppio pre-umano si sarebbe estesa naturalmente ad ogni ambito della vita collettiva: Hyde è infatti aggressivo, violento, prevaricatore e il regista ci mostra continuamente questo confine tra la normalità borghese (noiosa e repressa) e lo scatenamento delle forze primordiali con un uso già vertiginoso del piano sequenza e delle lunghe carrellate che mettono in comunicazione i due mondi, separati  da esperimenti che confinano, nonostante le apparecchiature scientifiche, con la magia nera.
Due anni dopo la fine dell’epoca muta, rimpianta da molti registi che preconizzavano il dominio del teatro filmato, Mamoulian gira dunque un film modernissimo, nella forma e nelle interpretazioni del romanzo.

''Dottor Jekill'' di MamoulianPer motivi quasi opposti, anche la trasposizione televisiva di Jean Renoir, girata più di trent’anni dopo, è fortemente innovativa: tenta infatti di conciliare la visione quotidiana della televisione, prevalentemente indirizzata verso la cronaca, con un immaginario mitologico che si cala nel clima della sperimentazione scientifica contemporanea, amata e temuta dall’opinione pubblica intellettuale.
L’approccio al tema di Renoir è il medesimo di un celebre sceneggiato televisivo del 1971, Jekyl, diretto e interpretato da Giorgio Albertazzi e ambientato in un laboratorio di ricerca genetica. Solo che, oltre alla dimensione onirica dell’assunto teorico (la scissione netta tra bene e male sembra in sintonia con il mondo “separato” e utopista degli hippies), il film dell’attore italiano ha una teatralità esibita, tipica del modo di produzione della Rai di quegli anni.

''Il testamento del mostro'' di RenoirAl contrario Il testamento del mostro (“Le testament du Docteur Cordelier”) si apre, irritualmente, almeno secondo l’ottica prevalente nella finzione, all’esterno degli studi televisivi dell’ORTF.
Renoir scende da un taxi e viene accompagnato dai funzionari dell’emittente in un studio attrezzato per le riprese. Si siede ad un tavolo come fosse un giornalista che deve introdurre dei servizi di cronaca e racconta, in modo colloquiale, quel che è accaduto in una strada non lontana dal centro di Parigi, la sera prima.
A seguire ecco la sequenza iniziale, che corrisponde, più o meno, all’apertura del romanzo: la prima impresa criminale di Hyde (nel film si chiama Monsieur Opale, cioè non trasparente, nascosto, come il suo modello inglese) si conclude con il mistero della sua scomparsa dietro la porta del laboratorio del celebre neuropsichiatra Cordelier, evidentemente suo protettore.

''Il testamento del mostro'' di RenoirDa ciò il primo mistero del racconto che Renoir dipana cercando un perfetta fusione tra le tecniche teatrali e quelle filmiche: recitazione in continuità, molto gradita dagli attori, tutti provenienti dalle scene; riprese con otto macchine da presa fornite di teleobbiettivi, che fissano nella pellicola, in simultanea, i diversi piani visivi, dal volto fino al panoramico, senza che gli attori e le attrici siano disturbate dalla presenza dei cineoperatori; montaggio per lunghe sequenze il cui tempo cinematografico è identico al tempo reale. Fino a tre quarti del film, la vicenda – caso unico nella storia delle trasposizioni del romanzo – segue quasi fedelmente il testo di Stevenson, anche se attualizzato.

''Il testamento del mostro'' di RenoirEd anzi questa attualizzazione, oltre a porre in primo piano il diritto e gli eventuali limiti morali di ogni ricerca scientifica (il tema stevensoniano è dunque attualissimo, anche oggi), sembra anticipate di trent’anni un genere televisivo che si affermò in Italia, a partire dal 1985: la novellizzazione della cronaca, soprattutto, nera, con l’alternarsi delle notizie, dei commenti in studio e delle ricostruzioni “finzionali”.
So di non aver fatto un esempio particolarmente apprezzabile sul piano estetico, e d’altronde quelle trasmissioni (in particolare Telefono giallo, diretto e condotto, a partire dal 1987, da Corrado Augias) non avevano alcuna ambizione di quel tipo. Nel film televisivo di Renoir, però, la trama stevensoniana, una volta messa in moto s’impone sulla falsa cronaca. Ci dimentichiamo quasi subito della cornice iniziale (la finzione di una finzione) e ci concentriamo sul personaggio di Monsieur Opale, interpretato – così come il suo doppio, Cordelier – da uno dei più grandi attori francesi di tutti i tempi, Jean Louis Barrault.

''Il testamento del mostro'' di RenoirIl rigido e bacchettone Cordelier si trasforma in uno scimmione allegro che sembra voler giocare con le sue vittime, quasi che alla base delle frustrazioni dello scienziato ci sia il prendersi troppo sul serio, o l’incapacità di divertirsi. Difatti, la notazione più curiosa sul carattere del personaggio Jekyll/Cordieler e persino dei suoi amici e nemici, in campo scientifico e sociale, riguarda il loro essere paradossalmente antiquati sul piano dei costumi rispetto all’avanzamento delle ricerche scientifiche da loro propugnate.
Alla base dell’esigenza di sdoppiarsi di Cordelier c’è di nuovo il sesso, ovvero la difficoltà o l’impossibilità ad approfittare della sua fama – ed anche del suo fascino – per fare all’amore con le sue pazienti che spesso si recano da lui solo per questo motivo. Curiosamente (e ironicamente), Renoir ci mostra una sequenza, alla quale si sovrappone la voce narrante del protagonista, in cui Cordelier confessa che per non dimostrare apertamente la sua vulnerabilità psichica in fatto di desideri erotici puri e semplici, finiva per addormentare le proprie desiderabili pazienti che gli si offrivano, possedendole mentre erano in stato di incoscienza e nulla potevano ricordare.

''Il testamento del mostro'' di RenoirSiamo nel 1959, un anno che segna ufficialmente l’irrompere della “nouvelle vague”, con i suoi linguaggi rivoluzionari, nel mondo cinematografico, francese e non.
Le sperimentazioni televisive di Renoir, basate su bassi costi produttivi, appartengono alle stesse esigenze che portarono alla nascita di quel cinema che rivendicava all’autore il pieno controllo del “prodotto” film. E, appunto, il decano dei registi francesi sente che il suo modo di fare cinema sarà in sintonia con quello dei suoi giovani ammiratori, Truffaut e Godard per primi.
Al di là di queste innovazioni formali e produttive, Il testamento del mostro è però anche un film che preconizza, attraverso il personaggio scandaloso di Opale, il “vietato vietare” della contestazione giovanile di qualche anno dopo o più semplicemente la gioventù ribelle e senza regole ritratta dal film dell’amico/rivale Marcel Carnè in Peccatori in blue jeans.

''Il testamento del mostro'' di RenoirIl mondo della scienza, della burocrazia, delle professioni, è dunque, in Il testamento del mostro, ancora quello perbenista, vittoriano, di Stevenson o forse assomiglia ad un altro film di Renoir, girato nello stesso anno per l’ORTF: Le Déjeuner sur l’herbe. L’aperto omaggio figurativo alla pittura del padre, Auguste, nasconde lo stesso diagramma di scissione sociale e culturale del film coevo. Un raduno di scienziati che inneggiano alla fecondazione artificiale viene sconvolto da una bufera che trasporta i personaggi in un passato arcadico dominato dallo stato di natura, dunque anche dalle libere pulsioni erotiche. Insomma, la scena primaria di Renoir è ancora quello del suo capolavoro, La regola del gioco (1939), una commedia/tragedia sulla società aristocratica impermeabile ad ogni cambiamento.
Cordelier, a suo modo un aristocratico, cerca l’uscita creando un mostro che dovrebbe essere più umano di lui. La gioventù del Sessantotto avrebbe identificato i mostri proprio nei Cordelier.

18 marzo 2015