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Percorso

‘’Dancing with Maria’’ di Ivan Gergolet

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''Dancing with Maria''È sempre un piacere, in un panorama di distribuzione cinematografica così asfittico come quello italiano, vedere come un “piccolo” film di qualità trovi il suo posto nelle sale. 

Certo, senza un numero adeguato di copie in grado di circolare in Italia, senza rilevante pubblicità, anche Dancing with Maria avrà difficoltà a incontrare il pubblico. Questo ci porterebbe a riflettere sul problema dell’imposizione allo spettatore di prodotti e di un gusto cinematografico omologato e, spesso, scadente. Ciò che non può fare più la censura, lo compie il monopolio e il potere economico: un panorama veramente deprimente. Dunque, Dancing with Maria merita l’interesse del pubblico, così come è accaduto all’ultima edizione della Mostra d’Arte Internazionale del Cinema a Venezia, dove, nelle sale dove lo si proiettava, non si trovava un posto libero.

''Dancing with Maria''Si tratta di un documentario originale, che nasce dalla conoscenza diretta del regista goriziano, Ivan Gergolet, con la protagonista, una donna straordinaria: Maria Fux, 93 anni, ballerina argentina con una carriera importante, sicuramente una delle prime a credere negli effetti terapeutici della danza, da lei insegnata con un metodo speciale, riuscendo a coinvolgere persone assai diverse e, spesso, con problemi fisici e psicologici. Il film inizia con il viaggio di Martina (Serban) dall’Italia a Buenos Aires per frequentare un seminario con Maria. La donna è una professionista della danza, ma sa che la sua ricerca va oltre la tecnica: si tratta di scoprire qualcosa di maggiormente profondo, un itinerario negli archetipi dell’inconscio e nelle possibilità di espressione del corpo.

''Dancing with Maria''Il regista ci fa entrare, così, nella casa studio di Maria, la quale appare improvvisamente tra le sue allieve/i, con la sua voce calda, chiedendo attenzione alle emozioni e alla musica. Si capisce subito come non si sia di fronte a lezioni tipiche: i corpi dei danzatori principianti e professionisti iniziano ad animarsi, riscoprendo una propria creatività e riuscendo a produrre elementi espressivi non previsti dalle loro membra.

Maria, che possiamo vedere in qualche immagine di repertorio ballerina fascinosa negli anni cinquanta, non ha bisogno di raccontare aneddoti della sua, pur ricca, vita, ma riflette sul senso antropologico, terapeutico, “magico” della danza, a cui possono attingere tutti.

''Dancing with Maria''In questo senso, sono accennate con grande delicatezza alcune storie esemplari: quella di due ragazzini down che trovano un legame emotivo e sentimentale proprio durante le lezioni, la vicenda incredibile di Diana, la quale arriva all’atelier con difficoltà, in stampelle, causa la poliomelite contratta da bambina e con Maria “anima” i suoi arti. Viene raccontato anche l’esemplare vicenda della piccola ritrovata in una grotta della Patagonia, in uno stato quasi animalesco, sordomuta e incapace di camminare eretta. Con la danzaterapia la bambina riesce a inserirsi senza traumi nella comunità e ad avere un’esistenza serena.

Ivan Gergolet si è detto, non ha come obiettivo il film biografico, il suo interesse è diretto verso la protagonista con le sue riflessioni e i suoi dubbi sulle possibilità di continuare il suo lavoro a un’età avanzata. Ne viene fuori un’opera, a parte alcune ripetitività, interessante e piacevole, lontana da qualsiasi modalità formale televisiva. Un ottimo esordio e un’ennesima piccola sfida nel genere documentario.

18 marzo 2015

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