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“La mela di Cezanne e l'accendino di Hitchcock", l’intrigante libro di Antonio Costa

Indagare il cinema attraverso la prospettiva degli oggetti che compaiono nelle inquadrature. L’originale punto di vista dello studioso veneto. di Elisabetta Randaccio

Antonio Costa (ph. Stefano Anedda Endrich)Ogni anno la Cineteca Sarda - C.S.C. di Cagliari organizza una interessante rassegna in cui letteratura e settima arte si incontrano. Si tratta degli appuntamenti "Libri & Cinema", iniziati il 28 febbraio scorso per proseguire fino al 29 aprile.

Dopo "La casa degli uccelli rosa" di Michele Pio Ledda, "Bravi & Camboni. L'epica minore del Cagliari" di Paolo Piras, "Lovecraft zero" a cura di Massimo Spiga e "Glocal jazz" di Claudio Loi, è stata la volta del bellissimo libro del prof. Antonio Costa, "La mela di Cezanne e l'accendino di Hitchcock", pubblicato da Einaudi. Costa, uno dei più importanti studiosi di cinema in Italia, ha partecipato alla serata, coordinata dal critico cinematografico Gianni Olla.

La mela di Cezanne e l'accendino di HitchcockLa conversazione-incontro ha affascinato il pubblico, mettendo in evidenza la competenza, la passione, ma anche la brillantezza e la simpatia di Antonio Costa. “La mela di Cezanne e l'accendino di Hitchcock", come recita il sottotitolo, vuole raccontare "il senso delle cose nei film". Un punto di vista decisamente originale; in genere, nelle storie del cinema si tratta di aspetti tecnici, sociologici, psicologici, in questo testo, come ci sottolinea l'autore, ci si occupa "del ruolo delle cose nella costituzione dell'universo filmico e nella formazione del nostro immaginario cinematografico". Dunque, il titolo si spiega di conseguenza, legato a un'affermazione di Woody Allen nel suo capolavoro "Manhattan" (1980) in cui si elencavano le 10 cose per cui valesse la pena vivere.

L'accendino di HitchcockUna di queste era vedere le "incredibili mele e pere dipinte da Cezanne", mentre l'accendino citato ci riporta al lungometraggio di Alfred Hitchcock, "Delitto per delitto" (1951), dove l'accendino in questione diventava una prova determinante lasciata nella scena del crimine. Insomma, indagare il cinema attraverso la prospettiva degli oggetti che compaiono nelle inquadrature è un metodo sorprendente per capire il senso e la costruzione dei film. Costa ci ricorda come "il regista ci induca a osservare gli oggetti", d'altronde si potrebbe dire che è insito nello specifico cinematografico avere la possibilità di scrutare ogni elemento della scena filmica, la quale tende a inquadrare tutto, cosa impossibile per altre arti. Dunque, vi sono nella storia del cinema infiniti dispositivi che riescono a parlarci non solo della riproduzione del reale, ma sono caricati di ruolo simbolico, estetico, narrativo.

La finestra sul cortileTra i tanti esempi contenuti nel suo libro, Costa ha mostrato il ruolo della finestra, dispositivo straordinario capace di mettere in relazione esterno e interno, per certi versi, simbolo stesso dell'essenza del cinema. Così, tutti ricordiamo la finestra come centro della storia di "La finestra sul cortile" (1954) di Hitchcock, ma ci è stato evocato il vetro da cui parte il doloroso flashback di "Alba tragica" (1939) di Marcel Carné o quello da cui parte il lungometraggio muto, in seguito sonorizzato, di "La Gerusalemme liberata" di Enrico Guazzoni.
Antonio Costa, inoltre, mette in evidenza come anche nei film di genere italiani degli anni sessanta, ci fosse un'attenzione speciale per il design, oggetti che segnavano un'epoca di grande trasformazione e creatività anche nella quotidianità.

Lo spremi agrumi di Philippe StarckProprio partendo da un prodotto, nello stesso tempo semplice e complesso, lo spremiagrumi di Philippe Starck creato per la ditta Alessi nel 1990, si può osservare, da una parte, la derivazione dall'immaginario cinematografico dell'oggetto, che ricorda i tripodi alieni inventati da Herbert Wells per il suo "La guerra dei mondi", portato sullo schermo almeno due volte, dall'altro il ritrovare questo utensile in vari film, mettendone in evidenza il contesto sociale, professionale o, semplicemente, un uso pratico narrativo (come l'utilizzo nel senso di arma impropria in un film spagnolo mai uscito in Italia).
"La mela di Cezanne e l'accendino di Hitchcock", già dalla sua presentazione alla Cineteca sarda è risultato un lavoro così accattivante e divertente, interessante e intrigante che sarebbe un delitto far mancare questo piacevolissimo libro nella propria biblioteca di cinefilo o di lettore curioso.

1 aprile 2015