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Clint Eastwood, 85 anni col cappello e senza

Attore, regista, vero cow boy. Film e storie di un autore ancora disposto a mettersi in gioco. di Elisabetta Randaccio

Clint EastwoodQuando nel 1963 esce nelle sale italiane Per un pugno di dollari, l'unico nome autentico americano è il suo, perfettamente sconosciuto nel nostro paese come gli pseudonomi del regista Bob Robertson, dell'attore John Wells, del musicista Don Savio. Però, lo spettatore, sul grande schermo riconosce Gian Maria Volontè (Wells) e saprà, dopo il successo strepitoso del film (quasi 10 miliardi di lire di incasso a fine sfruttamento), chi è veramente il regista, l'italiano Sergio Leone, e il compositore delle fantastiche musiche Ennio Morricone.

Ma lui, interprete nella pellicola de “l'uomo senza nome”, si chiama Clint Eastwood e l’indimenticabile protagonista di Per un pugno di dollari è il suo vero primo ruolo importante nel grande schermo: un personaggio che diventerà, allo stesso tempo, icona pop replicabile in mille variazioni e stereotipo per eccellenza dei plot dei film di genere.

Il sigaro, il cappello, gli occhi “di ghiaccio” e il poncho, che nasconde appena la pistola, sono “gli aspetti” dell'attore esplorati dal linguaggio rivoluzionario di Leone in dettagli fantastici, montati con sapienza. Si sa che da quel momento in poi il cinema, nonostante la cecità critica dei nostri giornalisti, all'epoca, totalmente incapaci di capire le innovazioni tecniche leoniane, non è stato più lo stesso.

Clint EastwoodMa neppure la vita e la carriera di Eastwood, il quale, nel frattempo, era tornato negli Usa a proseguire le riprese del serial televisivo Rawhide, dove guidava, tra ovvie avventure, mandrie di cavalli e bovini. Il telefilm negli Stati Uniti andava bene (ne ricordate la sigla interpretata con meravigliosa ironia dai Blues Brothers nel film omonimo di John Landis?) e la leggenda ci racconta come, per molti mesi, l'attore non fosse informato del successo stellare di Per un pugno di dollari. Con un po' di sadica ironia, Leone aveva definito il suo perfetto interprete come capace solo di due espressioni: con il cappello e senza, ma lo volle protagonista perfetto negli altri due indimenticabili film della trilogia del dollaro: Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto e cattivo (1966), completando un percorso estetico e narratologico e dando la possibilità al suo protagonista di affinare la recitazione e di osservare con attenzione il suo modus operandi.

L'intelligenza di Eastwood lo porta a scegliere personaggi che del suo mitico cowboy conservano soprattutto gli occhi di ghiaccio. Ha la fortuna di incontrare un altro regista “di genere” di grande talento: Don Siegel, con cui girerà dei film molto belli, dal primo, assolutamente da riscoprire, L'uomo con la cravatta di cuoio (1968) a Fuga da Alcatraz (1980). In quest'ultima pellicola, Eastwood si misura, lui, nato a San Francisco, con la super prigione, situata proprio nell'isoletta di fronte alla sua città natale. Il film si avvale di una sceneggiatura di ferro, ma il nostro Clint disegna dell'unico galeotto di Alcatraz, Frank Morris, forse scappato indenne dall'infernale carcere, un'anima cruda e, nello stesso tempo, malinconica, permettendo allo spettatore di identificarsi nell'ansia di libertà e pure di riscatto intellettuale del suo personaggio.

Clint EastwoodIntanto, Eastwood ha dato vita, per la regia di vari autori (il primo, il mentore Don Siegel e poi Ted Post, James Fargo, Buddy von Horn, mentre Coraggio... fatti ammazzare, 1983, lo firmò lui stesso) ad un altro personaggio di successo: Harry Callahan (da noi Callaghan), “Dirty Harry” il poliziotto politicamente scorretto. Ancora una volta, le recensioni sono poco serene, soprattutto in Italia, dove o viene bollato come personaggio schifosamente fascista o, in maniera altrettanto superficiale, giustiziere di un mondo corrotto moralmente. In realtà, tenuto conto che i vari film sono assai diversi per qualità e, dunque, per approfondimento o meno del personaggio, Callaghan ha le tipiche caratteristiche da “eroe” western fuori tempo e ciò accentua la sua ambiguità; più che fascista ha un atteggiamento anarcoide nei confronti del potere, da cui si sente sempre limitato e soffocato e, poi, con il tempo, l'elemento cinico-ironico diviene preponderante nei dialoghi, sfiorando una amara parodia delle pellicole poliziesche.

Certo, l'esegesi psicologica viene influenzata, soprattutto in Italia, dalle scelte politiche dell'attore, avendo appoggiato la candidatura dei peggiori presidenti americani. Eastwood si definisce un repubblicano liberal, dimostrando una confusione ideologica tipica, ormai, non solo della sua nazione, ma come spesso capita agli artisti, maggiormente da quando ha abbracciato la carriera di regista in toto, ha firmato film molto più vicini alla impostazione critica nei confronti della propria società dei suoi colleghi della nuova Hollywood. Perché questa è la terza vita di Eastwood, quella di regista che si costruisce di film in film un percorso di livello altissimo, diventando “un classico” della storia del cinema.

Clint EastwoodLe sue opere da autore sono fondate su temi assai diversi. Nei primi trionfa lo sgretolarsi dei miti americani con poco rimpianto e molta melanconia. Vorremmo ricordare un suo “piccolo” lungometraggio di questo periodo (gli anni tra i settanta e gli ottanta), menzionato da pochi: Breezy. Si tratta di un film sentimentale, interpretato dal grande William Holden, innamorato di una ragazza più giovane e molto complicata. Siccome ancora, in quel momento storico, si poteva evitare l'happy end, la relazione va a morire, ma gli scavi psicologici ci restituiscono personaggi credibili e ben disegnati, anticipazione del breve incontro tra il fotografo e la casalinga di I ponti di Madison County (1995). Da metà degli anni ottanta, Eastwood si fa regista sempre più attento, spesso ritagliandosi personaggi adeguati alla sua età matura, al suo volto scavato, ancora fascinoso. Così, Il cavaliere pallido (1985) è una variazione intelligente dei western di nuova generazione e, nello stesso tempo, un omaggio ai personaggi di Leone, mentre Bird (1988) è uno dei film più belli sul jazz, come musica e come segno dei tempi, una biografia senza retorica del grande Charlie Parker.

D'altronde, la musica è un'altra passione di Eastwood, che ha, in questo senso, da spendere un giovanile diploma e, spesso, firma le sue ultime colonne sonore con il supporto del figlio Kyle. Cacciatore bianco cuore nero (1990) è un omaggio a un maestro, con cui ci stupiamo Eastwood non abbia mai lavorato, ovvero John Huston, con il quale l'identificazione psicologica è impressionante, e alla lavorazione di La regina d'Africa.

Clint EastwoodÈ con Gli spietati del 1992, però, che il regista si riconcilia con il pubblico, fino ad allora poco interessato alle sue opere da autore, e con gli Oscar. Il western, dedicato a Leone e a Siegel, è un film perfetto nella scrittura, nello stile, nella direzione di attori grandiosi come Gene Hackman e Morgan Freeman e lo stesso Eastwood, il quale si ritaglia una sorta di versione grigia dei suoi “eroi” giovanili. Questo successo, che gli porta quattro Academy Award, lo innalza nelle alte sfere del cinema d'autore e gli permette di firmare una serie di film molto belli, tra cui Un mondo perfetto (1993), dove viene sottolineato un altro suo tema tipico, il contrastato rapporto padre figlio, la difficoltà di poter essere un modello pedagogico, il quale sfocia nelle scelte estreme di sacrificio. Arriviamo poi al nuovo millennio e alla serie incredibile di opere straordinarie: Mystic river (2001), il quale spazza via qualsiasi mito giustizialista finalmente, Million dollar baby (2004) che lo impone ancora giustamente agli Oscar, il dittico pacifista Flag of our fathers e Lettere da Iwo Jima (2006-07), lo splendido Gran Torino (2008) e, poi, Changeling (2008), Invictus (2009), Hereafter (2010), J.Edgar (2011) fino a American Sniper che segna un cospicuo successo inaspettato al botteghino.

A 85 anni appena compiuti, Eastwood incarna la parabola non discendente di un autore ancora disposto a mettersi in gioco, a osare e a disturbare: una vita artistica spesa bene. Buon compleanno da chi ama il cinema!

10 giugno 2015