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Percorso

Efis, il babbai di Vittorio De Sica

Umberto Efisio e Vittorio De Sica

La storia di Umberto Efisio, figlio del primo direttore di Buoncammino e padre del grande regista. di Marcello Atzeni

Umberto non dice niente. Umberto Efisio dice molto. Significa che era sardo, perché se il primo nome può essere quello di un qualsiasi italiano, uno che di secondo nome si chiama Efisio è indiscutibilmente della Sardegna meridionale. E Umberto Efisio De Sica era casteddaio.

Chi era? Su babbai di Vittorio, uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Ma anche eccellente soggettista, sceneggiatore e grande attore. Per molti l’inventore del Neorealismo. Anche se il merito andrebbe diviso con Rossellini.
Ma qual è il legame con Cagliari? Semplice, Domenico De Sica, fu il primo direttore dell’ex carcere di Buon Cammino. O per essere precisi, direttore dei carceri riuniti, fra i quali anche la struttura chiusa di recente.

BuoncamminoSino alla metà del 1800, in città i luoghi dove scontare la pena erano diversi: Torre di San Pancrazio; Torre dell’Elefante; il Bagno penale nelle saline di San Bartolomeo, nel quale i rei, con le catene alle caviglie, lavoravano a piedi scalzi sotto un sole ostile. Esisteva anche un dormitorio, situato sul colle di San Lorenzo. A nord-ovest di Castello. Proprio in quest’area, in seguito, venne edificato il famoso carcere di Buoncammino. Nel 1854 all’ingegner Imeroni venne affidato da parte dell’amministrazione comunale, guidata da Edmondo Roberti, Marchese di San Tommaso, il compito di progettare un carcere più moderno, meno da Cayenna. Le due torri, il dormitorio e il bagno penale, erano posti disumani. Progetto approvato e costruzione rapida, con inaugurazione il 2 luglio 1855. Il primo direttore, fu appunto, il campano Domenico De Sica. La sera del 4 novembre 1867, in una casa in piazza Arsenale, praticamente Porta Cristina, venne alla luce Umberto Efisio. Umberto per omaggiare i Savoia ed Efisio, per l’affetto verso il capoluogo sardo.

Torre di San PancrazioCome dire che i De Sica oramai si sentivano cagliaritani. Umberto Efisio, venne battezzato nella Cattedrale. E rimase in città sino ai 19 anni. Fece dunque a tempo a cagliaritanizzarsi. Si parla anche di una ragazza misteriosa: la sua prima pischellina. Quando immaginava un futuro nella “città del sole”, venne a sapere che suo padre doveva essere trasferito nel Continente. Non dovette essere facile per il giovane De Sica, abbandonare Casteddu. A malincuore Efis, s’imbarcò sul piroscafo che da Cagliari lo portava a Civitavecchia. Era il 1886. In Sardegna, lasciava la sua gioventù, i suoi amici, le orme sugli arenili e i baci alla sua prima ragazza. Margherita, sussurra qualcuno, pare appartenesse a una famiglia di notabili. Ma si è nel campo delle congetture, dei crastuli. Efis, trasferì il suo corpo nella penisola, ma cuore e mente, rimasero per sempre a Porta Cristina. Con la famiglia d’origine, approdò in Ciociaria. A Sora, per essere precisi dove per tanti anni, fu un funzionario della Banca d’ Italia. Qui sposò Teresa Manfredi, una ragazza napoletana. Dalla loro unione, il 7 luglio 1901, nacque Vittorio, Domenico, Stanislao, Gaetano, Sorano. Cioè, Vittorio De Sica.

Piazza ArsenaleEfis, oltreché bancario aveva una passione: la scrittura. Con lo pseudonimo di Caside, (anagramma di De Sica) collaborò per un mensile locale, “La voce del Liri”, per circa sette anni. Una scrittura brillante e scorrevole. A Sora, intanto, cresceva il piccolo Vittorio. Sino ai 14 anni. Poi assieme alla famiglia si trasferì a Napoli. L’anno dopo a Firenze. Qui iniziò a dilettarsi come attore negli spettacoli per i feriti della grande guerra. In breve divenne attore di teatro. Nel 1933, assieme a Giuditta Rissone e Sergio Tofano, fondò una propria compagnia teatrale, con la quale girava l’Italia mietendo successi. Nel 1937, Vittorio, già famoso anche in campo radiofonico, venne contattato da un impresario teatrale cagliaritano e accettò di esibirsi nell’isola.
Prima di arrivare in città, lo zio paterno gli disse: “Giacchè vai a Cagliari ricordati che tuo padre è nato in una casa adiacente alla Torre di San Pancrazio. Recati in quel luogo, troverai una piazza (Arsenale, ndc), un portico: a destra del portico una porta che immette alla torre. In una delle stanze di quell’abitazione nacque tuo padre la sera del 4 novembre 1867. Io ero un giovanetto allora e rammento che quella notte si andò ad un ballo offerto dal Generale e di ritorno trovammo la mamma che aveva dato felicemente alla luce un bimbo”.

Piazza ArsenaleVittorio dunque, arrivò in città, per portare in scena È tornato il carnevale. Tutto questo si trova in una pagina de L’Unione Sarda del 1937. Il quotidiano di viale Regina Elena, aveva all’epoca tra i suoi redattori, il grande Antonio Ballero, che in alcuni casi, per rendere onore alla madre firmava come Antonio Ballero Pes. E quel pezzo lo firmò con l’acronimo A.B.P. Il giornalista ebbe l’onore e il piacere di portare a spasso il giovane Vittorio, che sapendo delle origini cagliaritane, volle visitare il posto dove nacque il babbo Efis. E la città intera. Il sorano monumentale, non provvisto di cinepresa ma di macchina fotografica, realizzò un servizio fotografico. Prove tecniche, in previsione di diventare l’immenso cineasta che fu. O forse immaginava di “vedere” suo padre che da ragazzo passeggiava a Karalis. E immortalò quei vicoli, quelle piazze e, ovviamente la Cattedrale dove venne battezzato Efis e la casa in cui nacque 60 anni prima. Un modo per omaggiarlo visto che era rimasto profondamente legato al capoluogo dell’Isola.  Il “Mal di Sardegna” avrebbe detto Marcello Serra, anni dopo.

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