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‘’Silenzi e parole’’, il viaggio tra sacro e profano di Peter Marcias

Peter Marcias

Gli attivisti Lgtb e i frati Cappuccini di Cagliari protagonisti, lontani ma vicini, dell’ultimo lavoro del regista sardo. di Elisabetta Randaccio

Mentre La nostra quarantena, uscito in autunno, continua il suo percorso distributivo e gira il mondo attraverso i festival e le manifestazioni cinematografiche, venendo acquistato dalle varie emittenti televisive (come è successo in Brasile), il regista Peter Marcias mette a punto altri progetti, alcuni in corso d'opera, altri ancora da modellare.

Curioso, appassionato del suo lavoro, continua a percorrere un iter personale in salita, senza presunzioni, ma senza neanche accontentarsi dei risultati ottenuti. Incontrandolo, gli chiediamo subito del suo nuovo film, che sta finendo di montare in queste settimane.

“Veramente, sono ancora impegnato nell'accompagnare La nostra quarantena – spiega – perché è uscito il primo ottobre, è stato proiettato in tantissime città, ma la sua distribuzione continua. Sta girando nei festival anche all'estero, è stato venduto in vari paesi (il Brasile, per esempio); dunque sono impegnato ancora nella sua promozione”.

''Silenzi e parole''Sì, ma il nuovo film?
Sto completando il nuovo progetto: Silenzi e parole. Ci sto lavorando già da un anno mezzo; mi aveva incuriosito la manifestazione che l'associazione ARC realizza per quaranta giorni, la “queeresima”, così come, sempre per quaranta giorni, avviene nel rito cattolico il percorso della Quaresima, prima di Pasqua. Ho seguito, da una parte gli eventi dell'ARC, dall'altro quelli più conosciuti dei frati Cappuccini. È stato un impegno complesso, durato quasi due anni. Nel primo, ho vissuto da spettatore le iniziative di quel periodo svolte dall'ARC. Per esempio, ogni mercoledì vengono svolte delle riunioni molto interessanti, aperte a chiunque, dove si discute con passione. Mi piaceva la dinamica della partecipazione popolare, la dimensione di poter fare qualcosa per gli altri, che ho ritrovato parallelamente nel rito cattolico della Quaresima.

''Silenzi e parole''Il sacro e il profano?
Mi è sembrato come per la “queeresima” sia fondamentale l'impegno per far crescere la coscienza della città, in questo senso sono organizzati film a tema, convegni, per esempio, lo spazio dato alla divulgazione sulle malattie trasmissibili sessualmente. Allo stesso modo, ho trovato questa atmosfera di tolleranza e di apertura nel convento dei frati Cappuccini che, nel periodo quaresimale, accolgono chi cerca un conforto, chi vuole, magari, confessarsi, chi ha bisogno di un aiuto economico e pratico. Appare da queste testimonianze un sottobosco italiano capace di sostenere i più deboli, senza la presenza invadente della politica. Ho pedinato, mi sembra, una società nascosta: è vero come molti cagliaritani conoscano l'operato dei frati, certamente meno quello dei soci dell'ARC.

''I bambini della sua vita''Come hai coinvolto i protagonisti del tuo documentario, specialmente i frati, non sempre abituati ad essere filmati nella loro quotidianità?
Prima di tutto, c'è da mettere in evidenza come io non abbia fatto un lavoro di confronto; certo non mi interessava mostrare, in maniera superficiale, chi è meglio e chi è peggio. Ai Cappuccini ho detto che le immagini riprese sarebbero confluite in un documentario in cui sarebbero stati descritti anche gli eventi di un’associazione a tematica Lgbt. Ho analizzato le vicende concrete sia degli uni sia degli altri e, montandole insieme, mi sono accorto come venisse fuori uno spaccato ben preciso della società italiana. Tutte le immagini sono “naturali”. Ho filmato la Quaresima con la Passione di Gesù, in modo semplice. Non ho girato scene particolari per mettere in difficoltà alcuno. Si vede la confessione, la penitenza, la carità, poi sarà lo spettatore a trarre le conclusioni. Il mio è un punto di osservazione sulla vita, non ho voluto creare un disagio o sollecitare polemiche. Ho lavorato su situazioni concrete, molto realistiche.

Dunque, si tratta di un vero e proprio documentario, senza elementi di fiction.
Sì. È stato prodotto dalle Capetown srl, la stessa de La nostra quarantena e che sta producendo il mio futuro progetto: Lo stato delle anime. Nelle prossime settimane sapremo quando Silenzi e parole uscirà.

A che punto sei nel lavoro di questo documentario?
Ho un montaggio avviato con qualcosa ancora da girare. Spero che il film esca entro maggio.

''Silenzi e parole''Ancora una volta la scenografia urbana di un tuo film è Cagliari...
Anche questo è un'opera sulla città, così presente, effettivamente, nei miei ultimi film, perché sento come Cagliari sia molto vivace, ricca di tante voci, tanti volti, tante idee con un gran fermento di tematiche interessanti.

Ecco, un elemento veramente caratteristico dei tuoi film è che hanno una lunga vita nei circoli, nelle scuole, nelle associazioni, come punto di partenza per discutere argomenti attuali, controversi magari.
Devo dire che mi dà una grande soddisfazione vedere come i miei lavori siano impiegati a livello didattico e sociale. Più il tempo passa e maggiormente mi rendo conto di aver fatto delle cose utili, prima di tutto per me e per la mia crescita personale e anche per raccontare tematiche complesse. Mi fa piacere che i miei film interessino aldilà della distribuzione canonica e vengano proiettati anche all'estero come fulcro di discussione, come è capitato in Canada all'Università o a Bilbao, insomma che servano come strumento per comprendere la realtà. Certo, io mi prendo, quando costruisco un film, lo spazio per elementi personali, a volte discutibili. Ma non sono lungometraggi finanziati dalle Major, per cui li imposto in maniera indipendente. Però, effettivamente girano tanto, sono acquistati dalle televisioni, per esempio La nostra quarantena è stato comprato dalla Rai, Tutte le storie di Piera da Sky.

''La nostra quarantena''Credo, comunque, che la tua vera impostazione estetica sia quella di documentarista con una forte curiosità nei confronti delle dinamiche sociali.
Il fatto è che mi piace tanto fare riprese, sono curioso, vorrei filmare ogni elemento della realtà capace di interessarmi. Ovviamente, amo pure il cinema di finzione, sicuramente più laborioso. Il mio servizio di regista è documentare il reale, quando si presentano le storie giuste; mi è sempre capitato così. Mi propongono spesso sceneggiature, soggetti, magari bellissimi, ma a volte, per tante ragioni, impossibili da realizzare oppure altri che non rispecchiano le mie esigenze. Mi ritengo fortunato di avere incontrato dei produttori che hanno creduto nelle mie idee e di aver collaborato con gli attori giusti per incarnarle.

''I bambini della sua vita''Puoi raccontarci qualcosa sul tuo film d'animazione, Lo stato delle anime, tratto dal romanzo di Giorgio Todde?
Sono estremamente interessato al genere d'animazione; l'ho sfiorato in piccola parte nei Bambini della sua vita e in Un attimo sospesi. Ho anche realizzato il cortometraggio di animazione Il mondo sopra la testa. Si tratta di una tipologia cinematografica capace di farmi entrare in un sogno, mi dà la possibilità di realizzare totalmente le mie fantasie, mi permette di sfuggire alle complessità della realtà. Sono arrivato allo Stato delle anime di Giorgio Todde perché mi ha intrigato la storia avvincente, elemento tipico di tutta la saga.

Laura BitriHai rilevato i diritti del libro?
Sì, nel 2012, mettendomi d'accordo con l'editore Frassinelli, il quale mi ha messo in contatto con l'autore. In seguito, ho incontrato Todde, che è stato gentile e incoraggiante e mi ha ringraziato di realizzare un film dai suoi libri. Gli ho spiegato come avrei scritto io la sceneggiatura, servendomi non solo del suo testo, ma anche del mio immaginario. Ci sto lavorando da tre anni; nel frattempo è subentrata la Cape Town, la quale ha sposato il progetto con grande fiducia, scommesso su un film sicuramente molto costoso, quindi, necessario di vari finanziamenti. La sceneggiatura è piaciuta anche ai coproduttori, mentre ho iniziato una lunga ricerca di volti e di voci, ho realizzato dei casting, ritraggo visi che mi sembrano adeguati ai personaggi. Insomma, mi sono concentrato sulla Sardegna del passato, per quanto il film sia, comunque, molto moderno, ci sia pure in questo caso un particolare confronto con la Chiesa e con il mistero; Efisio Marini, il protagonista, è un antieroe, “innamorato” dei morti. Sarà un percorso lungo, che darà molto spazio alla mia fantasia.

Stai sviluppando anche una sceneggiatura di fiction?
Con l'attrice Luli Bitri (la protagonista del mio Dimmi che destino avrò) stiamo progettando un film, da girare, però, in Francia, ma è ancora prematuro parlarne…

13 gennaio 2016