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''Il labirinto del silenzio'' di Giulio Ricciarelli

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''Il labirinto del silenzio''Nel film Anni di piombo (1981) di Margarethe von Trotta c'è una scena fondamentale dove le due sorelle, protagoniste e destinate a un futuro di ribellione, seppure su diversi fronti, vedono il film di Alain Resnais Notte e nebbia (1955). Per la prima volta scoprono il lager di Auschwitz e gli indizi degli orrori perpetrati in quell'inferno dai nazisti, tedeschi come i loro padri, le madri, i nonni.

Le lacrime delle ragazze sono di dolore, ma pure di rabbia, la rabbia di una generazione a cui era stato nascosto il passato e le responsabilità del proprio popolo. Le sorelle Jule e Marianne di Anni di piombo sono il simbolo di una gioventù che ha dovuto scavare dentro la storia, per dare un senso al presente, prendendo coscienza degli errori del passato recente della propria gente.

''Il labirinto del silenzio''In realtà, questo procedimento di nascondere sotto il tappeto la polvere scomoda del passato, sembrerebbe un assurdo in un paese che, ufficialmente, ha subito la cosiddetta denazistificazione, se non si prendesse come riferimento che, quando il processo di Norimberga non si era ancora concluso, era già strutturata la divisione in blocchi del mondo: a quel punto, per l'occidente, la preoccupazione principale non si identificava più con il nazismo e i suoi revanscismi, ma con il comunismo. Dunque, anche in Germania era meglio “dimenticare”, meglio allargare le maglie per una riconversione anche di chi aveva avuto responsabilità gravi durante il secondo conflitto mondiale, la questione essenziale era il comunismo della porta accanto (la DDR). In quel momento di stasi e trasformazione, la giustizia contro i crimini di guerra si fermò e i libri di storia rimanevano vaghi e lacunosi sulla Shoah.

''Il labirinto del silenzio''Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli (italiano d'origine) prende la mosse nel citato periodo storico e ci racconta, in un film sufficiente nella struttura formale, ma molto interessante nel contenuto, come si arrivò a un momento di svolta per la giustizia tedesca, ovvero il processo di Francoforte, svoltosi tra il 1963 e il 1965, voluto fortemente dal procuratore Fritz Bauer, dove, per la prima volta, la magistratura germanica indagò e condannò una ventina di connazionali colpevoli di crimini di guerra nel lager di Auschwitz. Più che una istruttoria, fu un momento di formazione e di riflessione collettiva.
Il film di Ricciarelli mette in scena un giovane avvocato che, piano piano, quasi come in un thriller esistenziale, si avvicina alla materia e scopre una verità inimmaginabile.

''Il labirinto del silenzio''Sarà disposto a sacrificare pure i falsati ricordi di infanzia per arrivare, almeno in parte, a una dignitosa concezione di giustizia. Questo stratagemma di sceneggiatura aiuta lo spettatore a entrare nel clima di quegli anni e di appassionarsi a una vicenda così complessa.
La proiezione voluta dall' ACIT, a Cagliari, al cinema Odissea ci ha regalato la versione originale del Labirinto del silenzio con sottotitoli, così si sono potuti apprezzare i buoni interpreti (soprattutto il protagonista Alexander Fehling) attraverso le loro voci, private dai manierismi, ormai insopportabili, dei nostri doppiatori. D'altronde, anche Ricciarelli ha lavorato per anni come attore, per cui ha cercato di uniformare il cast in maniera adeguata, servito anche con attenzione dal costumista, dallo scenografo (Manfred Doring con Janina Jaensch) e dal direttore della fotografia (Martin Longer con Roman Osin) per ricreare l'aria del tempo.

27 gennaio 2016