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Essere registi nel terzo millennio

Lo stato dell’arte in una tavola rotonda organizzata dalla Macchina Cinema. di Elisabetta Randaccio

''Italia terzo millennio''Si é conclusa con una serata particolarmente interessante e riuscita, sabato 5 marzo, la rassegna "Italia, terzo millennio. Nuovo cinema del reale", che ha programmato per un mese, in varie sedi in Sardegna, 15 film tra i più rappresentativi di una tendenza estetico contenutistica del nostro cinema contemporaneo.

Le opere scelte per la manifestazione, dalla "Macchina Cinema", la quale, con la collaborazione dell'Associazione "Alambicco", ha pianificato il progetto, sono state quelle di cinque registi italiani i quali, seppur diversi nella realizzazione filmica, ascrivibili alla cerchia del "Cinema del reale": Michelangelo Frammartino, Claudio Giovannesi, Alina Marazzi, Peter Marcias, Costanza Quatriglio. Alla serata finale, però, hanno partecipato, per problemi insorti all'improvviso a Frammartino e Giovannesi, le registe Marazzi e Quatriglio insieme al nostro Marcias.

È stato un momento maggiormente vicino a un vivace seminario che a una paludata tavola rotonda. L'incontro é stato coordinato, con la consueta bravura e professionalitá, dalla giornalista Chiara Gelato e dal critico cinematografico Boris Sollazzo. Dopo la proiezione di cinque cortometraggi esemplari della carriera degli autori presenti nella rassegna, si è sviluppato un approfondimento, con l'intervento pure del pubblico, su tematiche e questioni emerse anche durante gli appuntamenti della manifestazione.

''Italia terzo millennio''Nel corso della serata, é scaturito non solo un panorama su una tendenza, pure teorica, spesso confusa come un genere, ma anche un ritratto dello stato attuale in cui versa il nostro cinema, incerto tra la produzione conservativa di tipo commerciale e la creazione maggiormente libera, indipendente, seppure forzatamente low budget. Perché, come ha affermato Costanza Quatriglio, l'indipendenza genera "solitudine", a volte sfruttamento o, comunque, problematiche economiche complesse, lasciando varie questioni irrisolte. Eppure, in quindici anni, come ha stigmatizzato Chiara Gelato, il cosiddetto "Cinema del reale" (una definizione riduttiva, come hanno sostenuto gli autori, ma accettabile per descrivere nuovi modi, nuovi punti di vista di realizzazione di quelli un tempo definiti, altrettanto genericamente, "documentari") ha fatto schermo alla nascita di molti prodotti, realizzabili anche per la semplificazione dei mezzi di ripresa.

Il digitale ha supportato, con la sua "leggerezza" e "semplicitá" una generazione di cineasti decisi, come si é detto durante la tavola rotonda, a "entrare dentro il presente" e farne il protagonista dell'opera per immagini.
Questo elemento tecnico, sottolineato dalle registe Marazzi e Quatriglio, ha cambiato pure il rapporto tra il filmaker e il mezzo di riproduzione. Nello stesso tempo, il corpo del regista diventa elemento influente nelle modalitá di ripresa, mentre, nella maggior parte delle opere di questo tipo, l'autore entra "in prima persona" nelle tematiche sviluppate.

''Italia terzo millennio''L'esigenza di nuove scelte teoriche e di contenuto sono nate sicuramente da una generazione giovane di cineasti di talento, ma anche, come ha messo in evidenza Boris Sollazzo, dalla reazione al degrado della produzione filmica italiana tra gli anni ottanta e i novanta, arrivata al grado zero di creativitá, senza parlare della mancanza di un minimo di sperimentazione, pur con le dovute eccezioni, ridotta a una mediocre conservazione di generi. Nella descrizione di questo contesto, Peter Marcias ha notato la mancanza di supporto a queste originali tendenze filmiche, la poca attenzione di istituzioni, pubblico e critica, vedendo la attuale filiera distributiva quasi imprigionata ancora a superate modalitá di circuitazione. La ricerca angosciosa di una sala di proiezione potrebbe essere sostituita dai nuovi supporti tecnici di riproduzione, per esempio, permettendo una fruibilitá maggiormente rapida e agile.

Se é vero come gli autori presenti alla serata abbiano affermato la diversitá dei loro film, quindi, punti di vista non assimilabili, molti altri elementi sembrano unirli. A questo proposito, l'attenzione si é concentrata sull'atteggiamento nei confronti del materiale d'archivio, spesso utilizzato nei propri lavori. Si tratta di un porsi di fronte al repertorio senza nessuna reverenzialitá formale. Le immagini degli archivi (come il pubblico ha potuto notare in alcuni dei cortometraggi d'apertura) sono scelte con criteri personali, riscritte in contesti aparentemente lontani, reinventate con un impatto emozionale non trascurabile.

''Italia terzo millennio''D'altronde, come ha sottolineato Sollazzo, anche i materiali di repertorio stanno mutando, il passato recente si forma con visioni provenienti da fonti strutturate in maniera profondamente diversa (milioni di immagini riprese da cellulari, diffuse dalla rete, da telecamere di sorveglianza etc), che diverranno materiali per "documentari" decisamente imprevedibili.
E il giornalismo cinematografico? Schiacciato dalla morte dell'autorevolezza e soprattutto dagli spazi nella carta stampata, ma non solo, cancellato dall'indotta superficialitá del lettore sempre più distratto e dalla richiesta di sostituzione della riflessione con il gossip, in realtà puó ritrovare una sua forza proprio nel supporto critico a questo nuovo tipo di cinema, presentarne autori e film. Dire bene o male dei blockbuster, ormai, è ininfluente, segnalare al pubblico ciò che mercato e istituzioni vorrebbero destinato a una nicchia sperimentale, senza osservarne le variabili creative, forse, sarebbe un dovere.

9 marzo 2016