Percorso

Nicola Guaglianone: ''In Italia per fare film bisogna essere Jeeg Robot''

Guaglianone allo Skepto 2016

Lo sceneggiatore del film vincitore di sette David di Donatello si racconta allo Skepto. di E. A.

Lo chiamavano Jeeg Robot ha conquistato sette premi al David di Donatello 2016: miglior regista esordiente a Gabriele Mainetti, anche miglior produttore; Claudio Santamaria miglior attore; Luca Marinelli miglior attore non protagonista; Antonia Truppo miglior attrice non protagonista; il premio per miglior montaggio e infine quello per la migliore attrice a Ilenia Pastorelli.

Il film già un successo ai botteghini, secondo i critici segna una nuova direzione per il cinema italiano. Sono stati lungimiranti, quindi, gli organizzatori dell'ottimo Skepto Film Festival di Cagliari, che nella giornata di chiusura sono riusciti a portare a Cagliari lo sceneggiatore del film di Gabriele Mainetti: Nicola Guaglianone. Guaglianone non è riuscito a conquistare la statuetta per la migliore sceneggiatura (andata insieme a quella per il miglior film a Perfetti sconosciuti); ma è l'artefice insieme al regista dell'ottima riuscita del film.

Guaglianone allo Skepto 2016Il suo talento è emerso anche dalla visione dei suoi precedenti lavori, proiettati all' Hostel Marina in una sala gremita di giovani, che lo hanno applaudito a lungo. Entrambi i cortometraggi sono visibili sul web: Due piedi sinistri per la regia di Isabella Salvetti, che ha fatto incetta di premi, fra cui il Globo d'oro nel 2015, e Tiger boy il cortometraggio realizzato nel 2012 sempre dalla copia Mainetti-Guaglianone, fonte di ispirazione per Lo chiamavano Jeeg Robot. Partendo da quest' ultimo corto è iniziata la chiacchierata "cinema e superpoteri" fra lo sceneggiatore, lo storico e bravissimo presentatore di Skepto, Daniele Lucca, e un pubblico attento e curioso. Guaglianone ha spiegato che la genesi del film nasce proprio da Tiger Boy, la storia di un bambino che per resistere alle molestie sessuali a cui è sottoposto, indossa la maschera del suo eroe. Così è nata la sceneggiatura di Lo chiamavano Jeeg Robot, film che inizialmente sarebbe dovuto durare tre ore. Ai produttori però non piaceva e prima di incontrare l'interessamento di Rai Cinema ci è voluto molto tempo e ce ne è voluto tanto anche per la post-produzione e gli effetti speciali.

Guaglianone allo Skepto 2016E da qui la battuta di Gauaglianone: "Per fare cinema in Italia ci vogliono super poteri". Alla fine da un soggetto del 2010 si è arrivati nella sale dopo cinque anni ed è li che lo sceneggiatore ha raccontato di aver gustato le maggiori soddisfazioni: le risate dal pubblico; ma anche le lamentele di coloro che si infastidivano per le risate degli altri. In molti a Cagliari hanno voluto conoscere i particolari del mestiere dello sceneggiatore che, come Guaglianone ha spiegato, “può essere molto frustrante specie quando l'ispirazione si nasconde e la voglia di scrivere si assopisce. Per questo è più stimolante avere uno studio ed evitare di scrivere a casa in pigiama distratti da mille cose”. D'altronde, ha spiegato al pubblico, fra cui era seduta anche la moglie, ricordando una celebre battuta de La terrazza di Ettore Scola: "chi soffre di più durante la lavorazione di un film o di una sceneggiatura sono proprio le mogli dei registi e degli sceneggiatori".

''Lo chiamavano Jeeg Robot''Riguardo all’idea del film, si tratta di una trama molto semplice (vai al Consiglio). I super poteri e il plot solo una scusa per raccontare un personaggio inizialmente chiuso, che dopo aver subito un trauma, sceglie il nulla invece che il dolore, sinché non si innamora della protagonista e subisce una trasformazione. Come nelle più classiche delle sceneggiature il film, insomma, segue un arco di trasformazione attraverso tre conflitti. Fra il serio e il faceto ha confessato che il suo manuale di sceneggiatura è il DSM (Manuale dei disturbi mentali), dal quale si può attingere ogni tipo di psicopatologia: il suo interesse parte proprio dalle persone più fragili, gli ultimi; con estrema attenzione a non formulare giudizi. Molta curiosità ha suscitato la scena del bancomat, quella in cui il protagonista strappa un bancomat dal muro e se lo porta a casa fra le braccia.

''Lo chiamavano Jeeg Robot''Quella scena è il risultato delle prime idee in fase di sceneggiatura, la risposta alle domande: come rendere i super poteri verosimili? Cosa farebbe un italiano che acquista super poteri? La risposta è stata: "ovviamente si appropria del denaro altrui e commette un furto!" E così è nata la scena del " supercriminale" che ruba un bancomat per intero. Guaglianone ha parlato anche della scelta degli attori alla quale ha partecipato attivamente. In particolare la protagonista, Ilenia Pastorelli (miglior attrice protagonista al David) è stata individuata proprio a seguito di una sua intuizione dopo averla vista al Grande Fratello e averla riconosciuta come una perfetta abitante di Tor Bella Monaca, il quartiere popolare dove è ambientato il film. "I dialetti romani e le differenze fra una zona e l'altra sono una mia passione " ha chiosato lo sceneggiatore.

Skepto 2016Insomma con un grande sorriso sulle labbra Guaglianone ha confessato che il film gli ha cambiato la vita: è ricercato dai produttori, sta lavorando a quattro sceneggiature cinematografiche e ad altri due soggetti per la tv: la sua vita privata si è ristretta. Per la tv ha lavorato parecchio e ha spiegato anche la differenza. Nelle fiction le trasformazioni dei personaggi devono essere più lente perché il pubblico deve essere fidelizzato, si lavora "a cipolla", con modifiche minime e lente dei personaggi. Nel cinema le trasformazioni sono più evidenti. Ha concluso soddisfatto illustrando la sua opinione sul cinema italiano: Jeeg Robot al cinema è stato un successo per i film di genere; ha riportato la fantasia al cinema: "Basta con le crisi esistenziali dei film italiani". Non ce l'ha fatta a vincere il David; ma certamente Guaglianone ha una carriera davanti e ci riserverà molte sorprese, prima fra tutte il seguito di Lo chiamavano Jeeg Robot in lavorazione con l'amico Gabriele Mainetti.

20 aprile 2016

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