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‘’I manager di Dio’’, un documentario di Pietro Mereu

''I manager di Dio'' - ph. Luigi Orrù

I segreti della direzione aziendale e la Regola benedettina: spiritualità e impresa in un corso speciale. Intervista di Anna Brotzu

Il fascino di un'antica abbazia con i riti e i ritmi della vita monastica, secondo il noto principio dell'ora et labora, s'intreccia alle strategie aziendali - e in particolare all'arte del comando e alla gestione delle risorse umane – in un progetto dal titolo emblematico: “I manager di Dio”.

Focus sulla Regola in cui intorno al 540 San Benedetto da Norcia stabilì i fondamenti del suo ordine conciliando l'importanza della disciplina con il rispetto per la personalità umana e la valorizzazione ed espressione dei talenti e delle capacità di ciascuno, al fine di creare “una scuola del servizio del Signore”.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùSpiritualità e lavoro manuale sono i cardini di un modello di esistenza comunitaria in cui i momenti riservati alla preghiera personale e corale si alternano all'impegno concreto – dalla copiatura dei testi classici alla cura degli orti: un avamposto della civiltà nell'Europa del Medioevo, diffuso anche grazie all'intuizione di Carlo Magno, e giunto fino ai nostri giorni.
L'idea di tradurre e applicare la Regola Benedettina nell'ambito della formazione manageriale, ispira il saggio di Rocco MeloniI manager di Dio” e il progetto di una serie di corsi incentrati su un modello vincente, affermatosi nel corso dei secoli, per il rafforzamento della leadership attraverso l'autorevolezza e la conoscenza dell'animo e delle inclinazioni (e debolezze) umane. Il racconto per immagini di questa “impresa” culturale ed economica insieme che avrà come scenario il monastero di San Pietro di Sorres in Sardegna  passa attraverso lo sguardo attento di Pietro Mereu – regista e documentarista – originario di Lanusei - che ha al suo attivo oltre al cult “Disoccupato in affitto”, opere come “Il clan dei ricciai” e “Noi non molliamo - Facce e storie dell'alluvione”, oltre al recentissimo “Il Club dei Centenari”, nonché ideatore della serie “Senza regole” sul calcio storico fiorentino e autore del reportage “Lettera dalla Sardegna. La Grecia è qui”, per Storie di Confine su Rete 4. Un cinema d'attualità che mostra la realtà – senza rinunciare all'aspetto autoriale: e la vita spesso offre l'ispirazione migliore attraverso una serie di stimoli e coincidenze non del tutto casuali.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùÈ così Pietro Mereu?
Sì, il progetto su “I manager di Dio” nasce da una chiacchierata con Rocco Meloni, padre di uno dei miei amici più cari, e formatore che aveva scritto un libro sulla regola benedettina e si accingeva a fare il secondo, che si intitola appunto i manager di Dio, e mi raccontò di voler iniziare a fare dei corsi legando la regola di san benedetto a alla gestione contemporanea delle persone, ovvero il management. Così nella mia testa programmata 24 ore su 24 al documentario proposi a Rocco di farne un documentario e lui ha accettato.

Che cosa l'ha spinta a raccontare questa storia?
Le cose che mi hanno colpito sono molteplici, la prima è la grande passione di Rocco Meloni per questa tecnica medioevale della gestione delle risorse umane, poi il fatto di lavorare in un contesto misterioso e affascinante che è quello delle abbazie e terzo scoprire se le persone che abbiamo selezionato riusciranno a carpire almeno in parte, lo spirito della regola. Il documentario mostrerà la vita dell'abbazia, nella quotidianità, e poi l'arrivo di questo corso molto particolare e le loro reazioni, sia all'interno dell'abbazia sia nella loro vita lavorativa e nella quotidianità.

Uno studio antropologico e umano – quindi – una sorta di “ricerca sul campo”. Qual è il futuro de “I manager di Dio”?
Il progetto è attualmente al vaglio di un distributore e insieme stiamo sviluppando una strategia, perché abbia la maggior diffusione possibile.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùQualche dettaglio tecnico sulle riprese iniziate ai primi di novembre?
Tecnicamente stiamo usando una red, una steadycam e un drone per le immagini aeree, la troupe è fatta da sardi, e per la seconda volta il servizio tecnico è fornito da Mommotty, con cui sono anche diventato amico e mi trovo particolarmente bene.

Pietro Mereu – regista e documentarista: qual è stata la sua “iniziazione” alla decima musa?
Il mio approccio al cinema è sin da piccolissimo, da bambino divoravo già montagne di film, e già allora vedevo dai film di Bud Spencer e Terence Hill ai film americani e agli horror. Crescendo ho visto ancora di più, e sono tanti i registi che amo, da Martin Scorsese e Steven Spielberg a Fellini, e poi David Lynch, Wes Anderson, Harmony Korine che ritengo un genio. Amo molto anche la video arte - Matthew Barney e Douglas Gordon in primis, ultimamente le serie di importazione Crime come Narcos e l'originale colombiana El patron del mal.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùDa “Disoccupato in affitto” -i suoi lavori mostrano una speciale attenzione e sensibilità per le questioni sociali - dai drammi o le difficoltà individuali e collettive alla scelta di dar voce a categorie come i ricciai
Disoccupato in affitto” nasce da un mio bisogno di creare qualcosa di tangibile da un periodo particolare della mia vita, ed è nato qualcosa che me l'ha cambiata, prima di tutto perché ho capito che quando tutti ti dicono di non fare una cosa invece devi insistere e farla, secondo perché il documentario mi si è rivelato come la madonna a Fatima e mi ha chiamato a lui. Io prima avevo velleità da attore o comico, poi ho scoperto il piacere di stare dietro le quinte. Per quanto riguarda le storie che cerco, sono sempre storie di persone “particolari” e per altre due volte, dopo “Disoccupato in affitto”, ho utilizzato il documentario per comunicare e dare una mano a territori in difficoltà: la prima volta con “noi non molliamo” dedicato alle popolazioni colpite dall'alluvione in Gallura e poi nel 2016 con "Giù le mani dall'Ogliastra" all'Ogliastra di cui sono figlio, per evitare lo smantellamento e depotenziamento dell'Ospedale di Lanusei. Fare un documentario e fare questo lavoro è un privilegio, ed è per questo che bisogna restituire qualcosa, aiutando con questo mezzo a sensibilizzare la gente, ed è bellissimo e soddisfacente quando riesci a rompere il muro dell'indifferenza. I ricciai è la storia di una scoperta, è la scoperta di una comunità di ex detenuti con cui ho fatto un lavoro bellissimo, lo stesso è il documentario a puntate sul calcio storico fiorentino, o i centenari dell'Ogliastra, comunità minoritarie ma non minori, anzi. Concentrati di umanità enormi.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùQual è quindi il senso e il compito del documentario oggi?
Il documentario cinematografico dovrebbe cercare di essere il più fedele possibile alla realtà, ma è chiaro che montare, mettere una musica e “dirigere” delle persone è già dare una direzione narrativa. Oggi il documentario è uno dei generi più in ascesa ed estremamente diversificato, personalmente amo le immagini belle e pulite e se le immagini sono sporche o non belle deve essere giustificato dalla necessità o dalla difficoltà, non amo le immagini imbruttite ad arte, fanno parte di quella sfera di autori che amano lasciarsi andare a narrazioni autoreferenziali non rispettando il pubblico, con tempi lentissimi e immagini orrende.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùCinema e televisione sono sempre più connessi e per certi versi “intercambiabili”: come vede il presente e il futuro di queste due forme espressive?
Credo sia un atteggiamento da snob dire «io sono un autore di documentari e non faccio tv», invece a me la tv piace farla, perché è un altro tipo di comunicazione e comunque farla a certi livelli dà molte soddisfazioni, una puntata di Chef's table non è inferiore a molti documentari cosiddetti d'autore. Oggi prima di fare un lavoro io penso anche alla “forma” che dovrà assumere, perché oltre che autore sono anche produttore, quindi un documentario deve avere una forma per i festival e le sale, una per la tv e un'altra per il web, che siano veri e propri formati differenti o teaser per la comunicazione. Io ho la fortuna di lavorare sia per la tv e sia per documentari indipendenti, e negli ultimi tempi anche in tv è nato il fenomeno delle serie di documentari. Potrei citare Chef's Table ideata da David Gelb per Netflix nata come spinoff dal documentario dello stesso Gelb dal titolo “Jiro e l'arte del sushi”, o Fearless, o le innumerevoli docusoap come “Il boss delle cerimonie” o anche “Anime in ballo” che ho fatto io lo scorso anno come autore per Discovery Italia.
In questo momento il mondo della comunicazione è affamato di documentari, molte aziende preferiscono i documentari agli spot per parlare di loro, anche importanti quotidiani come il New York Times e Guardian hanno una bellissima selezione di documentari nei loro siti.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùProgetti futuri in lavorazione?
In questo momento oltre “I manager di Dio” sto sviluppando con una casa di produzione una serie di documentari girati in varie parti d'Italia, poi con la mia Ilex ho due progetti all'estero, inoltre ho altri tre progetti tv a cui sto lavorando, ma per scaramanzia non vi dirò nulla. Anche se mi siete simpatici.

Focus sull'Isola: stato dell'arte del cinema in Sardegna?
In Sardegna c'è un fermento creativo considerevole, e noi dobbiamo fare di tutto per diventare un polo produttivo al pari di Palma de Maiorca, ma sono le istituzioni che devono crederci. Io personalmente negli ultimi due anni ho girato tre documentari in Sardegna, ora ho bisogno di storie che siano fuori dalla mia terra, perché ho bisogno di confrontarmi con nuove realtà e storie che mi siano meno familiari e confortevoli, è una questione di avere stimoli e conoscere cose diverse dalla mia Sardegna che pure amo.

Se il documentario è una delle nuove frontiere del cinema – e non solo – ci sono voci e figure autorevoli in questo ambito nell'Isola? E in Italia?
Esistono molti documentaristi in Italia, e in Sardegna conosco Andrea Mura, Nicola Contini, Marco Antonio Pani e Paolo Carboni. Storicamente c'è il lavoro di De Seta, e ultimamente quello di Rosi, che pur non facendomi impazzire ha avuto il ruolo di sdoganare il documentario italiano in tutto il mondo.

''I manager di Dio''- ph. Luigi OrrùConosce e cosa ne pensa del ruolo della Sardegna Film Commission?
A mio parere Nevina Satta sta facendo un ottimo lavoro, a mio parere andrebbe rafforzato l'organico perché si capisce che la Sardegna Film Commission è sottodimensionata per le esigenze attuali.

E Moviementu?
Si conosco Moviementu, non sono ancora iscritto ma il presidente è l'amico Simone Contu, ogliastrino come me, e dentro conosco tanti amici.

Sogni nel cassetto... di Pietro Mereu?
Tra qualche anno vorrei girare il mio primo film di finzione e credo ce la farò. Sono un ottimista.

Suggerimenti (e moniti) per giovani registi e documentaristi?
Non so se sono all'altezza di dare consigli agli altri. Forse l'unico è: Credeteci sempre, se non ci credete voi nessuno ci crederà.

Photo: Luigi Orrù

9 novembre 2016