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Laura Morante: Io, attrice per caso, senza maestri

Blog di Carlo Rafele

Laura MoranteÈ una delle poche, pochissime, attrici italiane che abbiamo imparato a riconoscere: corpo voce carattere espressione. Passata alla regia con Ciliegine nel 2012 e Assolo nel 2016. Dopo un ricco catalogo di interpretazioni, con registi come Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Nanni Moretti, Gabriele Muccino, Gabriele Salvatores.

Un’attrice che, come leggerete in questa breve intervista apparsa sulla rivista francese Cinématographe nel novembre ’81 (inedita in lingua italiana), è arrivata al cinema con testarda casualità, tra paure e insicurezze ma comprendendo in fretta cosa volesse dire proporsi come giovane attrice del giovane cinema italiano.
Poche settimane fa mi è accaduto di rivedere in televisione un film-rivelazione, per regia e per sceneggiatura, dell’anno 2003 - Ricordati di me, di Gabriele Muccino - e di ritrovare sullo schermo l’impeccabile misura della sua interpretazione: la moglie-madre perennemente inquieta nevrotica scapigliata, alla spasmodica ricerca della sintesi che le consenta di tenere in equilibrio un mondo che si sfalda incessantemente. Indimenticabile la scena di “chiarimento” tra lei e il marito (l’attore Fabrizio Bentivoglio), dopo una notte passata da lui fuori casa in compagnia della ritrovata fidanzata di gioventù (Monica Bellucci), che si conclude con l’urlo di rabbia – “Tu non hai amici!” – che la Morante gli grida, sentendolo blaterare la scusa grottesca di aver trovato ospitalità presso un fantomatico “amico”.
Con la medesima tenacia e intensità espressiva, non dimenticheremo di questa intervista - raccolta dai critici François Cuel e Bruno Villien - una “verità” appena sussurrata ma argutamente precisa e poco dibattuta: i registi italiani, tranne rare eccezioni, non sono stati maestri di attori.

Laura MoranteCinématographe
Di lei, innanzitutto, ci interessa sapere com’è arrivata al cinema, com’è iniziata la sua professione di attrice.

Laura Morante
Ho iniziato lavorando in teatro con Carmelo Bene, nel Sade. Poi, sempre con Carmelo Bene, in televisione, ho interpretato Ofelia, per un Amleto ispirato a Shakespeare ma soprattutto a Jules Laforgue. Non ho mai lavorato nel teatro tradizionale. Sono arrivata sulla scena per caso, dopo aver studiato danza classica, prima in provincia, poi a Roma, città dove vivo da quando ho 17 anni. Per due anni ho frequentato un corso di danza moderna. La danza mi piaceva moltissimo, quando ho iniziato. Via via, però, ho perso entusiasmo e passione, forse perché non avevo adeguata resistenza fisica, mi stancavo facilmente. Appena ho smesso di danzare, ho cominciato la recitazione in teatro.

Cinématographe
Qual è stato il primo film?

Laura Morante
Oggetti smarriti di Giuseppe Bertolucci, che girammo interamente nella stazione di Milano. Recitare mi faceva meno paura che danzare. Forse perché la recitazione non era proprio ciò che avevo desiderato… e se non avesse funzionato non mi sarei disperata. Il mio partner, nel film, era Bruno Ganz, che recitava in lingua italiana il ruolo di un personaggio tedesco. Sono convinta di aver imparato qualcosa di importante da quel film, ma non saprei dirvi esattamente che cosa. Ogni volta che mi rivedo in quella parte, mi vergogno sempre meno. Quindi…

Cinématographe
Se dovesse dire a che cosa si affida quando recita, cosa indicherebbe? L’istinto?

Laura Morante
Sì, certo, l’istinto. Anche se, tuttavia, come donna, come essere umano, non mi considero particolarmente istintiva. Consento soltanto a una parte di me di essere “governata” dall’istinto. Ciò a cui avrei invece voglia di “donarmi” per intero è la parte interiore di me. Amo pensare e ponderare in continuazione. Forse perché ho sempre il terrore di sbagliare. Quindi, se voglio evitare gli errori, devo soprattutto riflettere.

Cinématographe
Con il regista con cui lavora sente il bisogno di discutere, durante le riprese?

Laura Morante
No. Ho bisogno di intendermi a fondo con lui, ma non di discutere. Fino ad oggi non ho interpretato personaggi per cui ci fosse bisogno, da parte mia, di mutare sensibilità o per i quali dovessi cambiare radicalmente la mia personalità. Se un giorno mi trovassi dinanzi a un personaggio parecchio complesso, differente totalmente da me, in quel caso sì, avrei bisogno di parlare con il regista.

Cinématographe
Ne La tragedia di un uomo ridicolo, di Bernardo Bertolucci, il suo personaggio pare il più realista di tutti.

Laura Morante
Non mi sono mai interrogata su questo aspetto, non amo analizzare ciò che sto facendo. Anche perché non so mai veramente ciò che faccio, quindi non sarei capace di spiegarlo.

Cinématographe
La scena d’amore tra il personaggio interpretato da lei e Ugo Tognazzi ai nostri occhi sembra un sogno, un sogno vagheggiato da questo “uomo ridicolo”.

Laura Morante
Potrebbe darsi. Converrebbe domandarlo a Bernardo. Quando ho girato quella scena, non ho pensato che si trattasse di un sogno. Prima di tutto perché quella scena, interamente guidata da me, dal mio personaggio, non è una scena d’amore. C’è soltanto un bacio, che è una reazione alla paura: utilizzo il bacio, la seduzione, per vincere la paura che ho addosso. È un personaggio diverso dal personaggio che interpreta Anouk Aimée. Il mio personaggio sa che cosa sta accadendo, mentre Anouk Aimée è sola, ignora ogni cosa.

Laura MoranteCinématographe
In Sogni d’oro, Nanni Moretti come percepiva il suo personaggio?

Laura Morante
Ne “percepiva” soltanto la parte superiore, se così posso dire! Non poteva filmare che la zona alta del mio corpo. Ero incinta di cinque mesi. Ecco, di quel personaggio si potrebbe dire che apparteneva a una donna sognante, incantata. Non ne ho mai discusso con Moretti, anche perché io lego il nucleo caratteriale di quella donna ad alcune immagini, non ad una trama psicologica.

Cinématographe
Durante le riprese, Moretti le è apparso molto diverso da Bertolucci?

Laura Morante
Sì, indubbiamente. Ma c’è da dire che con Moretti ho girato pochi giorni. Le riprese del film di Bertolucci sono durate due mesi e mezzo. E sebbene non fossi sempre in scena, sono rimasta a lungo sul set. Molte scene che avevo girato sono poi state eliminate al montaggio, compresa una lunga scena con gli operai. Bertolucci preferisce girare la stessa scena più volte, Moretti ancora di più. Ma, per mia fortuna, con me non è accaduto. L’ambiente del set, in generale, mi è parso molto più rilassato di quanto non lo fosse Moretti, anche se con me è stato spesso sorridente e cordiale. Di Bertolucci potrei dire che esercita un controllo totale dei suoi nervi. Non l’ho mai visto urlare o perdere il controllo. Forse una volta…

Cinématographe
Con quali registi avrebbe desiderio di lavorare?

Laura Morante
Ah, di certo con Nikita Mikhalkov, mi sarebbe piaciuto avere una parte nel film Schiava d’amore. E poi con Truffaut. In Italia mi piacerebbe fare nuove esperienze con i registi con cui ho già lavorato. Però, devo dire che in generale non ho un desiderio totale, assoluto di lavoro. Se mi trovo davanti a grandi registi che mi trattano con sufficienza o con disprezzo, il desiderio si spegne. Ho voglia, piuttosto, di lavorare con registi che si comportano con umanità, con sensibilità. In Italia i grandi registi non sempre sono creatori o scopritori di attori. Fellini utilizza attori funzionali al film che ha in mente, poi, a volte, il destino di questi attori non si dimostra all’altezza delle aspettative. Io adoro lo stile di recitazione degli attori del cinema russo, anche se non conosco i loro nomi. Trovo perfetta la loro maniera “teatrale” di stare sulla scena, con tante pause, tanti silenzi, come nella drammaturgia di Čechov. Pause che divengono pura espressione.

Cinématographe
Ha paura del futuro, del suo avvenire come attrice?

Laura Morante
Per fortuna non penso mai al mio avvenire come attrice. Posso vivere senza recitare, almeno lo spero.

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