Percorso

''Nel Mondo Grande e Terribile'' di Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria, Laura Perini

Corrado Giannetti

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

La luce intensa, mediterranea, tersa, tipica di Cagliari, penetra nel grande finestrone con le sbarre dell'ex carcere di Buoncammino e nel suo cortile dove rende sopportabile le passeggiate dei detenuti e il fiorire di rose e piantine.

''Nel mondo grande e terribile'', l'incontro

Un piccolo miracolo di illuminotecnica quello realizzato da Paolo Carboni per "Nel mondo grande e terribile" di Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria e Laura Perini, che ha un suo punto di forza nella fotografia e nella scelta delle location come scenografia di un film, per la maggior parte delle inquadrature, costruito in interni. Buoncammino sta per il penitenziario di Turi, dove Antonio Gramsci (1891-1937) trascorse gli anni dal 1928 al 1935 con dura restrizione in qualità di oppositore al regime fascista, cervello, come disse il pubblico ministero al processo che lo vide condannato, da non fare piu funzionare. Realizzare un'opera cinematografica sul grandissimo pensatore sardo era sicuramente un compito ardito. E, se è vero che non siamo più nel periodo in cui Lino Del Fra realizzò "Antonio Gramsci, i giorni del carcere" (1977), creando un vivace dibattito soprattutto di tipo ideologico, in ogni caso si doveva fare una scelta importante su come impostare la composizione del film.

''Nel mondo grande e terribile'', l'incontro

I registi (pure sceneggiatori) hanno strutturato la scrittura del lungometraggio, e lo hanno anche affermato presentandolo, "ridando le parole a Gramsci", cioè utilizzando per i dialoghi frasi tratte delle "Lettere dal carcere" (un testo splendido anche letterariamente) e dai "Quaderni", in questo senso lavorando con serietà filologica. L'elemento, poi, capace di mettere insieme il pensiero, ma anche le emozioni e i sentimenti gramsciani, è l'idea che, in quella cella quasi spoglia, si agitino i fantasmi del passato e del presente, episodi di un'infanzia difficile, marcata dalla sofferenza fisica e da problemi economici, insieme al disagio provato, negli anni del carcere, per non potersi inserire nel dibattico politico contemporaneo, compreso quello all'interno del partito comunista. Maggioni, Perria, Perini hanno immaginato la visione ritornante di un gruppo di sovietici, il quale appare ossessivamente a Gramsci, che, a un certo punto, gli rivolge le parole di una celebre lettera: "Voi oggi state distruggendo l'opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il Partito Comunista dell'URSS aveva conquistato...". 

''Nel mondo grande e terribile'', l'incontro

 La figura totalmete di fiction è quella di un secondino sardo con cui Gramsci riesce a scambiare qualche battuta nella lingua isolana, a ricordare quello che succedeva nella realtà, appena diventava possibile, soprattutto negli anni torinesi, e pure l'importanza data all'idioma sardo ("Cara Teresina... devi scrivermi a lungo intorno ai tuoi bambini... Franco... in che lingua parla? Spero che lo lascerete parlare in sardo e non gli darete dispiaceri a questo proposito."). Fuori dal carcere c'è Tania Schucht, la cognata, la quale non lo abbandonerà mai, cercherà di lenire il dolore per la mancanza della moglie Giulia e dei figli (uno, Giuliano mai neppure conosciuto), rimasti a Mosca, dove la prima, per motivi complessi, pratici, fisici, non rispose, a volte, neppure alle lettere che il marito gli scriveva con affetto, ma anche sconforto.

''Nel mondo grande e terribile''

"Nel mondo grande e terribile" è sicuramente un film didascalico e di struttura quasi brechtiana. Però non si tratta di difetti, semmai sono un coraggioso andare contro le biografiche piatte e banalizzanti presenti, spesso, sul grande schermo. A supportare il film c'è pure una bella prova di Corrado Giannetti, attore sardo, espressivo, asciutto, convincente. Per quanto la scena maggiormente commovente sia quella interpretata da Fausto Siddi (nel ruolo di Gustavo Trombetti), nel finale, che lo vede raccontare l'ultimo incontro con Gramsci: "Verso le sei del mattino... Antonio scucì dal cappotto di carcerato la matricola che aveva portato per cinque anni e me la lasciò come ricordo. Lo fecero montare su di una carrozza... ci abbracciammo e la carrozza partì inghiottita dall'oscurità. Piansi come da tempo non avevo pianto."

29 marzo 2017

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