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''Ho tessuto la stoffa dei sogni''

Intervista a Elisabetta Antico che con Beatrice Giannini ha firmato i costumi dell'ultimo film di Gianfranco Cabiddu. di Elisabetta Randaccio

Elisabetta AnticoElisabetta Antico è cagliaritana, ma da tempo vive a Roma, dove si è svolta la sua brillante carriera di costumista. Nell'ultima stagione cinematografica, il suo nome, insieme a quello di Beatrice Giannini, ha spiccato nelle nomination di premi nazionali e esteri per l'ottimo lavoro realizzato per l'ultimo film di Gianfranco Cabiddu "La stoffa dei sogni".

I costumi della Antico e della Giannini hanno contribuito alla riuscita del film: indimenticabile il vestito stazzonato e il cappello del capocomico Sergio Rubini, i vari veli sollevati dal vento selvaggio dell'Asinara, dove si svolge la vicenda, un elemento in più per lo spettatore di varcare in continuazione la linea del sogno e della realtà.
Dunque, conoscere Elisabetta Antico, tessitrice di illusioni, era necessario.

La stoffa dei sogni" continua a ricevere riconoscimenti e candidature. Dopo quella al "Donatello", ora lei con Beatrice Giannini è stata nominata al "Nastro d'argento" e al "Ciak d'oro". Si tratta di rilevanti segnalazioni da parte di esperti per un lavoro così determinante nella costruzione di un film, quale quello del costumista. Come ci sente in questo momento di grande positività?
"Sopratutto ci si sente estremamente soddisfatti, anche perché i riconoscimenti vengono per un "piccolo film", il quale, però, ha un testo così ben realizzato che ha potuto essere apprezzato in tutte le sue declinazioni artistiche."

''La stoffa dei sogni''A proposito della scelta dei costumi per la "Stoffa dei sogni", vi siete sicuramente trovate nel bivio di opzioni complesse tra il realistico, l'onirico e il prettamente teatrale...
"Il film di Cabiddu ha la caratteristica di portare il teatro nel cinema e questo era un punto di partenza, dato che il teatro è affascinante, ma profondamente diverso dal cinema, soprattutto per il lavoro del costumista, il quale, in genere, affronta le due situazioni in maniera completamente differente. Nel caso della 'Stoffa dei sogni' i due mondi erano mischiati e semmai si doveva riuscire a competenetrarli. Le tipologie interessanti del testo hanno permesso una serie di sviluppi e interpretazioni particolari. Così, avevamo la compagnia teatrale naufraga nell'isola, che aveva un solo abito, un costume capace di raccontare il personaggio. Questa scelta deve  essere sempre, in questo senso, giusta, azzeccata. Sergio Rubini indossa un vestito da teatrante del dopoguerra, perché la vicenda è ambientata nel 1948 e lo stesso vale per la moglie e la bambina. Ancora un unico abito è indossato dai 'delinquenti' e certamente queste situazioni nei costumi non sono semplici. Ennio Fantastichini, invece, l'interprete del direttore del carcere con i suoi problemi di vivere in un ambiente particolare, ha ricevuto un altro approccio. Allo stesso modo la figlia vivace e intenta a scoprire il mondo. Per lei i vestiti dovevano essere moderni, la ragazza, infatti, sfoglia le riviste alla moda, per certi versi, vuole essere una piccola diva; indossa un pagliacetto, costumi un po' vezzosi, che riflettono pure il suo deisderio di allontanarsi dalla chiusura dell'isola."

''La stoffa dei sogni''Queste affermazioni, dimostrano, ancora una volta, come nella costruzione di un film, opera collettiva per eccellenza, il costumista deve conoscere molto bene tutta la struttura, anche quella narrativa dell'opera cinematografica su cui sta lavorando. Un concetto su cui riflettono in pochi...
"Assolutamente, è necessario per chi fa il mio mestiere capire ciò che sta nella profondità di ogni personaggio. D'altronde, esiste un legame stretto tra costumista, regista e attore: quando si fa una prova costume con un interprete, come è capitato con Rubini o Fantastichini, se gli si fa indossare una determinata serie di abiti o accessori, a un certo punto ti rendi conto che hai trovato l'elemento giusto per farlo diventare il Personaggio.
Le prove costume, quindi, alla presenza o meno del regista - a cui magari si mostrano le fotografie realizzate durante il lavoro - sono fondamentali. L'attore, il regista, in questo senso, si affidano al costumista in un effetto di vasi comunicanti per costruire adeguatamente il personaggio."

''Road 47''C'è un lavoro, tra i film a cui ha partecipato, che ha soddisfatto in maniera perfetta il suo senso estetico?
"È difficile rispondere perché ogni esperienza fatta, in questo mestiere, ha delle caratteristiche diverse e, nello stesso tempo, affascinanti, anche perché si tratta di un lavoro da cui si viene rapiti e che a me piace tantissimo, per cui tento di svilupparlo al meglio. Così, mi vengono in mente alcune esperienze molto diverse. Penso, per esempio, a 'Road 47' di Vicente Ferrez, che raccontava di un piccola truppa di soldati brasiliani venuti a combattere in Italia durante la seconda guerra mondiale. Erano ragazzi arrivati nel nostro paese nel novembre del '44 con un freddo pazzesco, loro abituati a clima opposti e caldi, a lottare per un conflitto, di cui a stento conoscevano le ragioni. Ognuno si portava dietro una sua storia, avevano la 'Madonna Aparecida' dipinta all'interno del sottoelmo, affinché li aiutasse. Avevano certamente una cultura diversa e, affrontando il film, dal punto di vista del costume, bisognava tenerne conto. Oppure posso ricordare un lungometraggio con esigenze assai differenti, come il mio primo film, 'Stai con me', la cui regista era Livia Giampalmo e i protagonisti Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini, una storia piacevole su una coppia in crisi, in cui abbiamo avuto molta cura dei colori, per esempio. Una bella sfida è stata anche quella del film su Ilaria Alpi, dove ricostruire il personaggio è stato assai impegnativo."

In quel caso, si potrebbe dire, si trattava di un film "storico". Si è servita di fonti fotografiche, iconografiche, di testimonianze per il suo lavoro?
"Certo, avevo a disposizione tutti i video delle sue interviste, ho dovuto studiare tanto; abbiamo vestito l'attrice con gli abiti che era solita indossare la giornalista, anche nella tragica scena della morte. C'è da dire come ami il momento della ricostruzione storica, si tratta di un approfondimento appassionante. Mi è capitato anche per il già citato 'Road 47'. Ricordo come nell'Appennino toscano, dove si svolse quel momento drammatico della seconda guerra mondiale, ancora c'era la memoria di quei soldati. Incontrai un fornitore per i costumi, Giovanni Sulla, il quale era pure un collezionista di materiali militari, che andava regolarmente in Brasile e aveva contatti con vecchi veterani; possedeva proprio dei pezzi d'epoca che utilizzammo."

''La stoffa dei sogni''Tornando alla "Stoffa dei sogni", ha influito la natura così particolare dell'isola nella composizione estetica del film, anche dei costumi?
"Prima di tutto c'è da dire come Beatrice Giannini sia stata sul set molto più tempo di me. Sicuramente nella costruzione dell'estetica ha contato l'uso di certe decorazionani naturali, penso, per esempio, agli arbusti freschi usati per comporre la coroncina della bambina. Però, certamente, l'Asinara era permeata da una atmosfera magica, particolare, che ha contaminato tutti, come risucchiati in un mondo parallelo. Lavoravamo in maniera atipica, non c'erano le comodità dei soliti set, eravamo decisamente isolati, ma questo ha contribuito a una condizione speciale delle riprese."

Nuovi progetti in corso?
"Posso soltanto dire che fra un mese dovrei iniziare la collaborazione con un regista toscano e ho pure un impegno con un autore sardo a settembre: progetti in crescita..."

13 giugno 2017