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Percorso

La psicologia incontra il cinema

Gli appuntamenti di Eugenio Mangia, psicologo e psicoterapeuta, alle Settimane del Benessere Psicologico in Sardegna. di E. A.

Eugenio MangiaEugenio Mangia è nato a Palermo e si è trasferito a Cagliari nel 2004. Laureato in Psicologia a Roma ha successivamente conseguito il titolo di dottore di ricerca. È psicologo e psicoterapeuta e ha collaborato per diversi anni in qualità di professore a contratto con l’Università degli Studi di Cagliari e con l’Università LUMSA. Attualmente è docente di "Teoria e tecniche della dinamica di gruppo" presso la scuola di specializzazione SPC di Cagliari ed esercita la sua attività di psicoterapeuta presso il centro Lucio Bini di Cagliari. È autore di un volume sull’adolescenza e di numerosi articoli.

Dal 2007 cura una rubrica di "Cinema e Psicologia" sul portale Cinemecum e nel 2017 ha fondato il "Laboratorio didattico/esperienziale di Cinema e Psicologia Psicoanalitica". Nel corso delle “ Settimane del benessere psicologico in Sardegna” organizzate dall’Ordine degli Psicologi ha programmato un workshop nel corso del quale presenterà una serie di interessanti attività che si svolgeranno a Cagliari nel suo laboratorio e che coniugano il cinema con la psicoanalisi. Lo abbiamo intervistato

Cinema e psicoanalisi, che nesso c’è ?
Il rapporto tra cinema e psicoanalisi è stato indagato da numerosi autori ed è stato oggetto di un consistente numero di pubblicazioni. Qui mi limiterò ad osservare come la storia dei rapporti tra cinema e psicoanalisi sia sempre stata segnata da una sorta di reciproco innamoramento. Basti pensare a come già nel 1927 George Pabst avesse chiesto a Freud una consulenza scientifica per la realizzazione del film "I misteri di un'anima", che verteva su un caso psicoanalitico e di come, dopo il suo rifiuto, furono comunque due suoi allievi, Karl Abraham e Hanns Sachs ad accettare e portare avanti l'incarico.

HitchcockE ancora possiamo pensare ai molteplici riferimenti di Hitchcock alla (proto)psicoanalisi, quella ipnotico-catartica, a Buñuel che inserisce una dimensione inconscia nella sue opere, a Bergman che scava nell'interiorità dei personaggi per addentrarsi nel mondo degli incubi, a Fellini che  si immerge nel mondo dei sogni, ad Allen ed ai suoi continui riferimenti al mondo analitico, al Risi di "Diario di una schizofrenica", al Moretti di "Sogni d'oro" o "La stanza del figlio", al Faenza di "Prendimi l'anima",  al Cronenberg di "Inseparabili", al Lynch di Mulholland Drive, solo per citarne alcuni. Tra le tante ragioni di questo perenne e antico flirtare possiamo citare il loro comune, sia pure qualitativamente diverso, rivolgersi al linguaggio dell’inconscio e il fatto che, come i sogni, anche il cinema esprime un alto grado di simbolizzazione.

In occasione delle giornate del Benessere psicologico in Sardegna lei condurrà un workshop  su Cinema e Psicologia Psicoanalitica. Può spiegare in che cosa consiste e a chi  è rivolto?
Il workshop è gratuito, si svolge sabato 21 ottobre presso il Centro Lucio Bini di Cagliari ed è rivolto a chiunque ne sia interessato. Esso si articola in due parti. Nella prima verrà mostrato ai partecipanti come un gruppo esperienziale può lavorare su un tema proposto dal conduttore mediante l'uso del cinema. Il tema di questo laboratorio sarà "Qualcosa nella mia vita è cambiato: punto di svolta o transizione?" e al gruppo verrà chiesto di scegliere le sequenze filmiche da utilizzare in relazione alle diverse prospettive che di questa tematica si vorranno esplorare. Nella seconda parte del workshop verrà illustrato un esempio di didattica esperienziale. Il tema proposto è "il narcisismo e la sua cultura" e il gruppo verrà invitato a riflettere su questa tematica attraverso la visione di due video montaggi e con il contributo offerto dalla breve presentazione di alcuni riferimenti teorici.

Cinema e psicologiaSi è ispirato ad altre esperienze? Quali?
Una prima esperienza che presenta qualche analogia con le attività del mio laboratorio è quella che è stata promossa e portata avanti a Palermo da due psicoanalisti, Guarneri e Inguglia, presso l'Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo (I.I.P.G.), la scuola di specializzazione fondata da Francesco Corrao che io ho frequentato e dove ho ottenuto l'abilitazione all'esercizio della psicoterapia.
In particolare i due docenti dell'Istituto hanno realizzato un progetto formativo-esperienzale su "Cinema e Gruppi" che è durato cinque anni e che ha portato alla pubblicazione di un volume. Il progetto aveva previsto una prima fase di selezione di film aventi come focus il racconto di un gruppo di persone e di ciò che accade loro. Successivamente ai componenti del gruppo di studio, tutti allievi in formazione dell'Istituto, era stato chiesto di vedere i film selezionati, di disporsi  in circolo in un assetto tipico della terapia di gruppo e di esprimere in maniera il più possibile libera e associativa, i propri pensieri, le proprie riflessioni e le proprie sensazioni generate dal film. Gli interventi erano stati poi registrati integralmente, elaborati e alla fine raccolti in un volume che è stato successivamente pubblicato. Un'altra interessante esperienza a cui mi sono ispirato è quella che ormai da diversi anni porta avanti a Roma Sergio Stagnitta. Come me, anche Sergio ha come modello teorico di riferimento la Psicoanalisi di Gruppo, una forma di psicoterapia psicodinamica nata intorno agli anni '40 con i contributi di Bion e di Foulkes.
Nel modello utilizzato da Sergio Stagnitta il cinema può essere considerato un particolare tipo di sonda che entra nella mente dell’individuo e rievoca ricordi, sogni, emozioni, fantasie, legami e desideri. In questa prospettiva il film o le sequenza cinematografiche divengono "oggetti di mediazione" comuni del gruppo che permettono di sollecitare alcuni elementi personali, tra i quali: le emozioni che il film attiva in ciascuno di noi, il rapporto che costruiamo con i personaggi durante la visione del film, le suggestioni e gli stimoli che ci arrivano dalla trama e dai contenuti che il regista ha voluto trasmettere, le sensazioni silenti che passano tra i partecipanti.

''Settimane del benessere psicologico in Sardegna''Lei ritiene davvero che un lavoro di gruppo, incentrato sulla visione di film possa essere di beneficio per i partecipanti, in che termini?
Il diverso tipo di beneficio che si può ricavare da questo tipo di attività dipende da quale sia la finalità del lavoro di gruppo che può essere formativa o esperienziale/conoscitiva.
Nei gruppi orientati alla formazione il modello di apprendimento ha come riferimento teorico il concetto bioniano di "apprendere dall'esperienza", un approccio metodologico secondo il quale è lo stesso gruppo a insegnare a se stesso ad apprendere, attraverso il fare esperienza di sé.
In questa prospettiva il sapere è funzione del gruppo e si fonda sull'esperienza comune che il gruppo fa di se stesso e sulla sua capacità di tollerare e accogliere l'emergere del nuovo. Il vantaggio offerto da questo tipo di approccio è rappresentato quindi dal fatto che ad essere oggetto di apprendimento non sono teorie o conoscenze introdotte dall'esterno nello spazio mentale del gruppo, come avviene nella didattica tradizionale, quanto piuttosto le modalità e i processi che i singoli e lo stesso gruppo adottano e utilizzano per accogliere, trasformare e mettere dentro le proprie menti qualcosa che è ancora estraneo o poco conosciuto. Per quanto riguarda invece i gruppi che hanno finalità esperienziale/conoscitiva, le capacità evocative della narrazione filmica e i meccanismi psicologici che vengono elicitati dalla visione della pellicola, possono condurre il gruppo alla produzione di immagini e narrazioni capaci di ingenerare processi trasformativi e maturativi che riguardano tanto il singolo quanto il pensiero dell'intero gruppo.
In altri termini il gruppo esperienziale, attraverso l’esperienza della visione in comune di sequenze cinematografiche e l'attivazione della funzione analitica di gruppo, facilita il contatto con le emozioni, incoraggia il confronto con gli altri partecipanti all'esperienza, permettendo ai singoli di sondare l’insondabile, di rendere noto il non-ancora conosciuto e di pervenire all’elaborazione introspettiva di vissuti, emozioni e stati affettivi profondi.

Lei ha una grande esperienza nella conduzione di gruppi, qual è il segreto, se c’è, nel saper gestire e condurre un gruppo?
Per condurre un gruppo nel modo corretto più che di un segreto io parlerei piuttosto dell'importanza di possedere un valido modello teorico di riferimento, di avere acquisito un'efficace metodologia di lavoro e, soprattutto, di avere consolidato una solida formazione preliminare.
Purtroppo oggi il lavoro con i gruppi è molto di moda e succede sempre più spesso che alcuni operatori si improvvisino conduttori di gruppo nei più diversi ambiti di lavoro, dalla scuola alla formazione, dalla clinica al lavoro nelle comunità. In verità il lavoro con i gruppi è molto delicato e presuppone una specifica competenza, perché può accadere che alcune emozioni non riconosciute dal conduttore e non sufficientemente elaborate possano incistarsi nella mente del gruppo e avere un effetto iatrogeno per i suoi componenti.

Eugenio MangiaDopo questa esperienza, quali altri progetti intende portare avanti ? A chi sono rivolti ? Può dare un assaggio?
Ho pensato di dividere i progetti che intendo portare aventi con il Laboratorio in tre diverse aree. La prima è quella che riguarda la “didattica esperienziale”: nei tanti anni di insegnamento all'università e nella scuola di specializzazione ho capito quanto può essere importante il contributo offerto dalla visione di sequenze filmiche nello svolgimento di una lezione. Tra i corsi che sono interessato ad attivare ce ne sarà uno che mira proprio a permettere a psicologi, operatori sociali, formatori, insegnanti, studenti di acquisire un modello per utilizzare il materiale filmico nei loro diversi contesti lavorativi.
Altri eventi formativi saranno finalizzati allo studio e all'approfondimento dei disturbi di personalità e di alcuni importanti costrutti psicologici e psicoanalitici.
Un altro progetto che mi sta a cuore è quello che prevede l'organizzazione di una serie di incontri mirati a operare delle “riflessioni sulla contemporaneità”. Mi è capitato da poco di vedere la serie televisiva Black Mirror e di pensare a quanto possa essere interessante e stimolante discutere in gruppo gli scenari che si potrebbero venire a determinare con lo sviluppo delle nuove tecnologie. Penso per esempio all'incremento di quella che il sociologo statunitense Christopher Lasch, già alla fine degli anni settanta, aveva definito “cultura del narcisismo” o ai cambiamenti e alle trasformazioni che la rete, e più in generale tutti i mass media, hanno apportato al modo di vivere e di sentire la nostra intimità o, ancora, agli effetti delle pressioni esercitate dalle “gogne mediatiche” sulle persone che ne diventano vittima o agli effetti disturbanti che la massiccia invasività e intrusività del virtuale ha finito con l'avere nei processi di elaborazione del lutto.
Sempre all'interno di quest'area altre tematiche che vorrei proporre sono: la paternità e la maternità, la relazione di coppia, il potere trasformativo dei legami e delle relazioni, l’infanzia e l’adolescenza, i riti di passaggio, gli eventi separativi, il rapporto con il cibo, la vendetta, l’invidia e la gelosia, il senso di colpa, il sogno e la vita onirica.
In ultimo, una terza area è quella rappresentata dall'attivazione di “gruppi esperienziali”. In questo caso penso ad un gruppo che si incontra con frequenza settimanale per un'ora e trenta minuti circa e che costruisce uno spazio protetto per portare avanti un'esperienza volta al raggiungimento di una migliore consapevolezza di sé, ad una maggiore conoscenza del proprio mondo interiore e all'esplorazione delle dinamiche che caratterizzano la vita di un gruppo.

''La scheggia nell'occhio''Un'ultima domanda: com'è che uno psicologo di Palermo si trasferisce a Cagliari e comincia ad occuparsi di cinema e psicologia?
In verità il mio interesse per il cinema e le applicazioni che esso può avere nel lavoro con la psicologia inizia molto tempo prima del mio trasferimento a Cagliari. Già quando insegnavo all'università a Palermo avevo scoperto come l'uso di sequenze filmiche nel corso di una lezione aiutasse gli studenti a comprenderne meglio i contenuti e di come contribuisse a mantenerne viva l'attenzione e la concentrazione.
Mi è accaduto spesso che studenti che avevano seguito in passato una qualche mia lezione, anche a distanza di molto tempo ricordassero con precisione la sequenza filmica che avevo utilizzato per spiegare un determinato concetto.
Dopo il mio trasferimento a Cagliari e in considerazione della passione che ho sempre coltivato per il cinema, ho cominciato a collaborare con il vostro portale "Cinemecum", a ricevere inviti da parte di associazioni culturali che mi chiedevano di curare rassegne cinematografiche, come per esempio quella dal titolo "La scheggia nell'occhio - Oppressione/Espressione nel cinema di Lars Von Trier" o di presentare film di interesse psicologico, ma anche inviti da parte di emittenti locali come Videolina, la cui conduttrice mi aveva chiamato per dibattere alcuni temi psicologici con l'ausilio di materiale filmico all'interno della sua rubrica.
Da qui il successivo desiderio di coniugare il mio interesse per il cinema anche con l'attività clinica e con il lavoro di gruppo che costituisce un elemento importante della mia formazione.

20 ottobre 2017

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