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Il sogno di Grazia

''Viaggio a Stoccolma'' di Gabriella Rosaleva

Presentato a Cagliari "Viaggio a Stoccolma" di Gabriella Rosaleva. di Elisabetta Randaccio

"In fondo allo scompartimento, vicino alla finestra, siede una donna minuta, dolce, bianca di capelli, la quale vedendomi, sembra impaurirsi.
- Sono così stanca, dice in un misto di italiano e francese - E lei mi chiede un'intervista. Ho un terribile mal di testa, dopo questo viaggio che dura da tre giorni e durante il quale mio marito ed io siamo sempre stati seduti.

Con le mie esperienze di traversate, avevo temuto il tratto di mare Sassintz-Trelleborg, ma non è stato questo il peggio." Così, un giornalista svedese descriveva l'incontro con Grazia Deledda nel vagone di coda del treno che la stava portando a Stoccolma (il brano è riportato nella bella biografia della scrittrice sarda di Rossana Dedola, edito da "Avagliano"). Il reporter la tratteggia "scrupolosamente custodita dal marito, signor Madesani", sconvolta da un viaggio stremante seppure indirizzato a ritirare il premio Nobel per la letteratura per l'anno 1926. È un momento importante nella carriera della Deledda, la piccola donna della terra antica, diventata una scrittrice tradotta e amata in tutto il mondo.

''Viaggio a Stoccolma'' di Gabriella RosalevaDa questo episodio svedese, prende le mosse il cortometraggio "Viaggio a Stoccolma" di Gabriella Rosaleva, presentato alla Cineteca Sarda di Cagliari lo scorso 22 giugno. Si tratta di un progetto particolare, anticipato con la proiezione del teaser nella ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, prodotto dal Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell'Università di Sassari con il supporto della RAS e della Fondazione Sardegna Film Commission, che ha coinvolto gli studenti del Laboratorio Offi_cine. Hanno introdotto il cortometraggio Pia Brancadori del Centro di Documentazione e Studi delle donne di Cagliari, la prof. Lucia Cardone, docente di Cinema all'Università di Sassari insieme a Giovanna Maina e Lucia Cutzu, assegnista di ricerca la prima e dottoranda la seconda, sempre della facoltà sassarese. Proprio Lucia Cardone ha messo in evidenza la generosità della regista Rosaleva che "ha diretto i ragazzi del laboratorio come una vera troupe, anche se non lo erano. Ma sono, però, studenti entusiasti, i quali hanno dato un giusto contributo al film."

Però, "Viaggio a Stoccolma", come ha affermato Pia Brancadori, è "un film profondamente della Rosaleva con le sue immagini e il suo immaginario", benchè, come è stato detto nella serata, la vocazione sperimentale ed "estrema" della autrice "sia stata moderata dall'altra sceneggiatrice Alessandra Pigliaru e, in seguito, 'asciugata' nel set". "Viaggio a Stoccolma", insomma, ha le caratteristiche di un itineraio onirico. Vediamo, così, la Deledda seduta nel suo angusto scompartimento, che sfiora il finestrino, a guardare la neve che cade, a sonnecchiare, a, evidentemente, sognare. Dimentichiamo il realismo inutile, in questo caso; si ostenta la finzione con la parrucca bianca evidentemente posticcia indossata dall'attrice (Maddalena Recino, interprete fedele dei film della Rosaleva) e i fiocchi di neve improbabili, perché si tratta della ripoduzione iconica di un sogno della Deledda, ma anche della regista e degli spettatori coinvolti fino alla scena finale, in cui la protagonista guarda e parla sorridendo in macchina.

''Viaggio a Stoccolma'' di Gabriella RosalevaMa quali sono le ossessioni oniriche di una scrittrice cinquantacinquenne arrivata al culmine della sua carriera con una vita quasi incredibile divisa tra la Sardegna degli archetipi infantili e l'età adulta di donna combattente per affermare il proprio talento? Grazia ripensa a quella che si potrebbe chiamare una sorta di scena primaria, evocata pure nel suo ultimo romanzo autobiografico, "Cosima": la morte della sorella Enza per una emorragia. Per una scelta di regia, nel cortometraggio, la scena è in bianco e nero, mentre la location è quella dell'ex carcere di San Sebastiano: corridoi lunghi e bianchi, quasi uno strano ospedale da incubo, perchè incubo rivissuto è l'arrivo della ragazza dalla sorella; attorno ci sono donne che anticipano un coro funebre, mentre il sangue macchia il lenzuolo bianco fino alla schiena ("La trovò insolitamente calma, troppo calma, abbandonata sul letto con gli occhi spauriti. Non parlava, non si muoveva, ma un odore caldo e sgradevole esalava dal letto e quando Cosima... cercò di scoprire il mistero, si accorse che l'infelice Enza giaceva in una pozza di sangue nero.").

Nei pensieri-sogni, poi, c'è la nonna, la figura guida dell'infanzia, come racconta la Deledda, "una piccolissima donna fragile, quasi nana, con mani e piedi da bambina" e, quando la vedeva apparire all'improvviso, "provava uno strano senso di sogno", per cui nel film ci appare col viso solare, giovane (l'attrice Antonella Puddu), janas protettiva. Infine, l'ossessione di Grazia sono i suoi personaggi, prevalentemente quelli femminili, scossi da passioni, da sensi di colpa, da desideri repressi di ribellione o da scelte coraggiose pagate a caro prezzo. In "Viaggio a Stoccolma" la scrittrice sarda incontra Marianna Sirca, protagonista del romanzo omonimo, una delle sue figure più interessanti e controverse; le appare come un personaggio da tragedia greca, mentre un coro di donne si lamentano-cantano. Come si sveglierà dai suoi incubi, Grazia? Per diventare un altro fantasma, quello che ci guarda da una fotografia sulla scrivania? Quella che fissa dallo schermo gli spettatori che la stanno, a loro volta, osservando? "Viaggio a Stoccolma" vive di queste sensazioni, sposando una biografia immaginaria dell'anima.

Non è solo la regista a proporre tale itinerario, ma sicuramente una buona mano le danno la direttrice della fotografia Giusi Calia (a questo proposito, ci dice la Cardone "si sedevano accanto e la Rosaleva parlava di 'sorelle di sguardo' ") e la talentuosa montatrice Luisa Cutzu.

26 giugno 2018