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Ovunque proteggimi

di Elisabetta Randaccio

''Ovunque proteggimi''"Ovunque proteggimi", l'opera terza (e non la seconda, come scrive la maggior parte dei recensori frettolosi, dopo la prima proiezione al Torino Film Festival 2018) di Bonifacio Angius prosegue un ragionamento estetico e contenutistico personale di uno dei registi migliori del cinema "sardo", dotato di un talento espressivo e una professionalità indiscutibili.

Allineando "Sa Grascia" (2010), il suo folgorante debutto, "Perfidia" (2013) e "Ovunque proteggimi", più che soffermarsi sugli elementi simili di questi film, sembra interessante osservare l'idea di cinema che ne scaturisce, come se l'autore, nella sua ultima fatica, avesse tenuto conto certamente della propria crescita professionale, ma anche delle esigenze degli spettatori (incontrati spesso nelle proiezioni dei suoi lungometraggi) e, in generale, delle tendenze del cinema contemporaneo, riuscendo con "Ovunque proteggimi" a saldare in un giudizio molto positivo critica e pubblico. Dal grottesco originale e sorprendente di "Sa Grascia", sicuramente il suo film migliore, al criptico e intenso "Perfidia", si approda a un'opera dall'andamento "classico", con due protagonisti ben disegnati affidati ai convincenti Alessandro Gazale e Francesca Niedda, con una storia apparentemente semplice.

Bonifacio AngiusIn realtà, nello snodarsi della vicenda, le caratteristiche del cinema di Angius si alternano con evidenza; così, se è vero che l'humus dei personaggi è tracciato su situazioni realistiche (l'emarginazione, l'istituzionalizzazione, le ingiustizie sociali, luminosità e squallori delle periferie), lo svolgimento alterna la felice vena grottesca del regista (di cui l'esempio maggiormente riuscito è la scena in cui vediamo Alessandro diventare agli occhi di Francesca un barbuto angelo), la sua ironia, che smussa gli elementi melodrammatici, e una vena favolistica, più vicina a certi film della Hollywood anni settanta che al nostro Zavattini, capace di far accettare la possibilità di una nuova chance per Francesca e il suo bambino (efficacissimo Antonio Angius, il figlio di Bonifacio). Sempre interessante, poi, lo sguardo del regista sulle ambientazioni sarde, che hanno ben poco di stereotipato sia se si tratta di riprendere le lunghe strade assolate (potremmo dire "tra la Carlo Felice e il West..."), sia i paesi e le due città oppositive Sassari e Cagliari, a cui è concessa una scena nella spiaggia del Poetto, aiutato in questo accattivante ritratto delle location dalla bella fotografia di Pau Castejon Ubeda.

''Ovunque proteggimi''Inoltre, Angius e i suoi sceneggiatori hanno scelto, per tratteggiare la coppia di solitudini che si incontrano, un livello di sottrazione nel versante sentimentale, il quale impedisce allo spettatore di perdersi su questo versante del plot, mentre ci si può concentrare meglio su come nei protagonisti le sofferenze accentuino la bipolarità psicologica e l'eccesso di emotività trasformata, di situazione in situazione, in depressione o esasperata voglia di viviere. Così, in un reparto di psichiatria, quando le luci si spengono, si può anche trovare un posto per amarsi, oppure in una panchina, nella notte estiva, si può pesantemente dormire, magari vegliati dal proprio bambino (il secondo angelo custode della storia), o il palco di una festa di piazza può diventare il luogo (a volte melanconico, a volte effervescente) dove finalmente esprimere la propria creatività.

''Ovunque proteggimi''In effetti, una delle parti maggiormente riuscite del film riguarda il rapporto tra Alessandro e il suo essere musicista, suonare nelle piazze con compagni non proprio convinti canzoni fuori tempo massimo. Ecco, questo aspetto alla "Crazy heart" di Alessandro, supportato dal phisique du role dell'interprete, è veramente felice e intrigante, quasi degno di uno spin off. Proprio perché la musica per il protagonista è così importante, forse si sarebbe potuta ricercare una colonna sonora, magari più invadente, ma maggiormente brillante. Il tango di Piazzolla spezza il cuore, ma lo abbiamo già sentito, come soundtrack troppe volte (per esempio, in "Enrico IV" di Marco Bellocchio o ne "La meglio gioventù" di Marco Tullio Giordana).
Peccato veniale, "Ovunque proteggimi" è, comunque, una sfida vinta.

8 dicembre 2018