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Percorso

''Banditi a Orgosolo'': il nostro passato, il nostro presente

Presentato a Cagliari il libro  di Antioco Floris  sul capolavoro di De Seta

''Banditi a Orgosolo. Il film di Vittorio De Seta''"Libro importante e necessario". Così, il direttore della Cineteca Sarda Antonello Zanda, ha definito "Banditi a Orgosolo. Il film di Vittorio De Seta" scritto da Antioco Floris, durante la sua presentazione cagliaritana lo scorso 23 maggio alla sala 1 della MEM.

Edito da "Rubbettino", il testo è l'approdo di una lunga, appassionata ricerca del prof. Floris, nata anche dagli incontri con il grande cineasta siciliano che, "a cinquant'anni dall'uscita della pellicola sentiva il bisogno di riflettere sull'esperienza, di ritornare sul percorso creativo e articolare le dinamiche che avevano guidato la costruzione del film". Questo testo, però, va oltre l'essere una vera, preziosa, enciclopedia sull'opera più importante di De Seta; ha, infatti, l'obiettivo, nello stesso tempo caro al regista, ma pure all'autore, di essere uno strumento utile per la formazione culturale, non esclusivamente cinematografica, di studenti e lettori "comuni". Così come estremamente formativo era stato il film per tanti spettatori, soprattutto sardi.

Antioco FlorisD'altronde, Floris ci racconta, nella introduzione del libro, che la visione dell'opera prima di De Seta (presentata nel 1961 al Festival di Venezia, dove vinse il premio per il film d'esordio, e, in seguito, riproposta in televisione e nei circoli del cinema) aveva accompagnato la sua formazione "non meno di 'Ombre rosse' o 'Quarto potere' o 'La corazzata Potemkin'. Un film che era un pezzo della mia storia di spettatore appassionato prima ancora di esserlo della mia storia di studioso di cinema, ma prima ancora lo era stato della mia storia personale vissuta in un paese del centro della Sardegna dove certe vicende si guardavano con la stessa partecipazione emotiva con cui si può guardare un film di fondazione". In questo senso, "Banditi a Orgosolo, come nel corso della presentazione ha sottolineato Sergio Naitza, uno dei relatori insieme al già citato Antonello Zanda, a Gianni Filippini e alla professoressa Michelina Masia, è stato anche fondamentale per almeno due generazioni di registi sardi, i quali, nel loro sguardo cinematografico sulla nostra isola, hanno tenuto presente il capolavoro di De Seta come un riferimento assoluto.

Vittorio De SetaA questo proposito, nel libro di Floris, si cita una inchiesta realizzata dallo stesso autore insieme a Salvatore Pinna su "Cinemecum" (5 e 12 ottobre 2011) dal titolo "L'eredità di De Seta nella cultura sarda", in cui registi isolani, ma anche intellettuali e operatori culturali affermavano quanto la pellicola del cineasta siciliano avesse avuto per loro la forza dirompente di una scoperta straordinaria, una vera e propria "rivoluzione copernicana" (come recita il titolo di un capitolo del libro). Ecco, per esempio, cosa sosteneva, quasi dieci anni fa, Giovanni Columbu: " 'Banditi a Orgosolo' è ancora più attuale di quanto non fosse cinquant'anni fa... Allora la rappresentazione e la denuncia si inscrivevano in una dimensione sociale e antropologica... Ora il film si offre a percezioni e letture diverse. Mantiene il carattere di documento, certifica luoghi e trascorsi storici, mostra con le sue obiettive e inesorabili immagini cose che sono accadute e state realmente, e tuttavia diventa sogno e fiaba terribile".

''Banditi a Orgosolo''Il lungometraggio di De Seta, quindi, è divenuto col tempo riferimento cinematografico, culturale, antropologico non solo per futuri registi o per esperti, ma per gli spettatori sardi che, finalmente, si sentivano rappresentati "fedelmente" sul grande schermo, in cui, per troppi anni, avevano occupato spazi folcloristici, macchiettistici o erano stati identificati con i pesanti stereotipi di una filmografia definibile superficialmente come "deleddiana". In realtà, Gianni Filippini, durante la presentazione, evocando i giorni in cui su "L'Unione Sarda", di cui nei primi anni sessanta era il giovane giornalista responsabile della pagina culturale, ha ricordato come il giudizio sul film non fosse stato unaninime, influenzato sicuramente dal dibattito in corso in Sardegna sul fenomeno del banditismo isolano.

Così, alcuni intellettuali sardi non riuscirono a comprendere la bellezza e la forza di quel capolavoro. Si veda, per esempio, in questo senso, l'articolo di Nicola Valle proprio sull' "Unione" del dicembre 1961, che stigmatizza "Banditi a Orgosolo" di tendenziosità populista, lo indica come manipolatore della realtà associandolo ai libri di Emilio Lussu e Giuseppe Dessì (!!!), ritenendolo un vero e proprio danno morale, sociale e politico, chiedendo alla censura di bloccarlo, perchè "si giustificano incautamente coloro che sparano"...

''Banditi a Orgosolo''Per fortuna, altri intervennero sul quotidiano sardo, ma anche su altre riviste a dibattere ampiamente la qualità cinematografica del film e la sua capacità di raccontare, come scrisse Anna Maria Marci ancora sull' "Unione", non "l'esaltazione di un eroe, ma la storia delle conseguenze di uno sbaglio: l'essere Michele Cossu fuggito invece che affrontare la giustizia". Su questo argomento, il libro di Antioco Floris risponde a tutte le curiosità e interessi del lettore fornendo materiali che chiarificano il contesto sociale e culturale in cui fu interpretato il film di De Seta e come quest'ultimo abbia continuato a offrire spunti di discussione per gli anni a venire, diventando, allo stesso tempo, una pellicola storica e di culto, spesso citata anche da chi magari o non l'aveva vista o l'aveva vista solo parzialmente. Peraltro, questa ultima osservazione ci riporta a un altro problema affrontato durante la presentazione del testo: la "mitizzazione" di "Banditi a Orgosolo".

Il film è divenuto, infatti, nel tempo, un "monumento audiovisivo della Sardegna vera", simbolo potente di una certa sardità, memoria esemplare nell'immaginario cinematografico isolano. Spesso, queste caratteristiche non hanno condotto a un esame dettagliato del contesto in cui è stato girato "Banditi a Orgosolo", ma neppure al modo in cui è avvenuta la realizzazione del film, tantomeno alle influenze stilistiche e di struttura narrativa in cui è stato concepito.

''Banditi a Orgosolo''Il libro di Floris ci può aiutare ancora una volta a comprendere i vari livelli in cui si struttura quest'opera cinematografica, dall'ideazione (si vedano i tanti appunti citati dai manoscritti di De Seta che, in un primo momento, aveva idee molto differenti da ciò che, in seguito, girerà), alla complessa produzione, alla realizzazione altrettanto problematica per motivi di varia natura, non ultimo il carattere "energico" del regista. In ogni caso, come ci ha raccontato anche la prof. Masia, per quanto interpretato in un'ottica non necesseriamente iperrealista (piuttosto che neorealista), "Banditi a Orgosolo" trova, anche nel presente, legami non solo metaforici. Floris, nel libro, raccontando di una ricerca fatta sul film nel 2017 con gruppo di spettatori diversi per età, sottolinea quanto sia stato interessante notare che il lungometraggio desetiano fosse ritenuto "capace di rappresentare la società contemporanea... La sostanza del conflitto che contrappone Michele ai Carabinieri non è diversa da quella che caratterizza il conflitto tra istituzioni alte (Stato, Regione, Unione Europea) e la gente comune.

''Banditi a Orgosolo''La crisi economica riconduce a modelli che hanno elementi in comune con l'universo narrato da De Seta, certamente la società è cambiata ed è cresciuta, ma basta fare un'escursione in Supramonte per averne conferma. Il territorio è sempre più abbandonato a se stesso, le pecore sono state sostituite dai bovini che, per il semplice fatto di esistere, danno diritto a un contributo comunitario. Non è pertanto necessario curarli e così capita di vederli decrepiti o già cadaveri abbandonati ai lati delle strade come le pecore di Michele Jossu. A questo punto il film che è stato in grado di cogliere e rappresentare un carattere proprio della realtà orgolese, può valere ancora come lezione per interpretare il presente".

1 giugno 2019

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