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Amare il cinema e il pubblico

Carlo Verdone

Intervista a Carlo Verdone a Cagliari per il premio "Alambicco" alla carriera. di Elisabetta Randaccio

La serata conclusiva, il 14 dicembre, della rassegna su Carlo Verdone ("Carlo Verdone e la dolce allegra tristezza d'autore" svoltasi dal 3 all'11 novembre) organizzata dall'Associazione "Alambicco", alla sala conferenze del "T-hotel" di Cagliari, è stata memorabile per tante ragioni. La presenza di Carlo Verdone, che per due ore, generosamente, si è concesso al pubblico, ha riempito la sala (molti sono rimasti fuori per questioni di sicurezza), ma non si trattava di spettatori esagitati o pettegoli.

L'affetto e la stima per il regista romano era palpabile e Verdone ha colto quanto sia amato anche in Sardegna. Dunque, la sua partecipazione alla serata non è stata formale. Ha ricevuto il premio alla carriera da Alessandro Macis e Patrizia Masala, presidente e direttrice organizzativa de "L'Alambicco", emozionandosi alle parole della menzione, ha apprezzato l'omaggio a lui dedicatogli dal maestro Romeo Scaccia con trascrizioni originali da musiche dei suoi film e con il quale si è esibito, entusiasmando il pubblico, in un duetto piano e batteria, ha conversato sulla sua carriera con il critico Mario Patanè e, subito dopo, ha risposto alle domande degli spettatori. Insomma, ha dimostrato di essere un grande professionista, innamorato del suo mestiere, e una persona speciale, un artista che, senza mai cadere nel gossip, si è meritato un successo duraturo e intergenerazionale.
Lo abbiamo intervistato il giorno prima della sua partenza, sempre disponibile a dialogare con i giornalisti e ne ha incontrato tanti nel suo breve, quanto intenso soggiorno cagliaritano.

Carlo VerdonePuò raccontarci qualcosa sul suo ultimo film?
"Intanto posso dire che 'Si vive una volta sola' potrebbe - dipende anche molto dal produttore - essere da me presentato a Cagliari insieme al cast. Ancora, in questo senso, non c'è arrivato il programma definitivo delle città dove si terranno le prime.
'Si vive una volta sola' è, comunque, terminato. Appena tornerò a Roma, farò gli ultimi sette giorni di missaggio. Il film è già stato montato. Abbiamo deciso di farlo uscire il 27 di febbraio per stare tranquilli. Infatti, credo molto in questo film e non voglio rischiare 'scontri' con le uscite di altri lavori dei miei colleghi".

Vedendo, all'interno della rassegna a lei dedicata, il documentario di Ferzetti e Giagni, ho notato che, durante la sua giovinezza, è stato un assiduo frequentatore dei circoli del cinema che, qui in Sardegna, sono stati fondamentali per la divulgazione della cultura filmica. Quanto ha contato nella sua formazione di spettatore e, poi, di regista, tale esperienza?
"Mi sono fatto una cultura cinematografica proprio grazie ai cineclub. Questi ultimi erano l'unico modo per conoscere la settima arte negli anni sessanta e settanta. Infatti, all'epoca, non c'erano canali televisivi che programmassero i classici, non esistevano le videocassette. La tessera del cineclub era la chiave per entrare nella cultura cinematografica. Bisogna sottolineare come, allora, gli operatori culturali fossero molto bravi, perché sapevano realizzare delle rassegne assai intelligenti: si andava dall'underground americano ai film sperimentali francesi, inglesi, italiani oppure si andava sui classici: tutto il neorealismo, tutto Orson Welles, Bunel, Alberto Sordi, Totò, Fellini. Alla fine, dopo dieci anni di frequentazione per quattro giorni alla settimana, una cultura cinematografica te la facevi. È stata, in questo senso, veramente una esperienza molto importante per me".

Al recente "Torino Film Festival" le hanno chiesto di scegliere e presentare cinque classici del cinema. Tra questi era presente "Divorzio all'italiana" di Pietro Germi e, dunque, le chiedo se questo autore di grandi commedie è stato un suo punto di riferimento...
"Non so se sia stato un mio riferimento, ma sicuramente è il mio regista preferito, soprattutto nel genere commedia. In lui ritroviamo, infatti, la malinconia, la feroce ironia, il cinismo, ma anche un saper girare bene, una gran classe, è stato un regista di eccellente qualità. 'Divorzio all'italiana' l'ho scelto, perché è una bella commedia con un grande Marcello Mastroianni e un notevole cast di attori. Infatti, Germi era bravissimo nel trovare  i caratteristi giusti, gli attori di seconda linea che erano perfetti. Da questo punto di vista, è straordinario anche il suo 'Signore & signori', un capolavoro dove gli attori non protagonisti sono quasi piu importanti dei protagonisti".

Carlo VerdoneMa questa attenzione all'importanza degli interpreti di "seonda linea" è anche una connotazione tipica dei suoi film...
"In realtà, tutti i registi di talento, dal grandissimo Fellini al grande Pietro Germi appunto e, poi, a Dino Risi o Pietrangeli, hanno sempre dato spazio agli attori caratteristi. Oggi, purtroppo di questo tipo di interpreti ne abbiamo pochi. Si scrive meno su di loro, ci si impigrisce a trovarli e molti, una volta scelti e se il film in cui hanno partecipato ha successo,  puntano a diventare attori protagonisti; non capiscono che, se rimanessero nel loro ambito di caratteristi, lavorerebbero sempre, mentre il passaggio di un caratterista a protagonista è una situazione estremamente delicata. Ci sono, infatti, attori bravi che possono essere solo straordinari caratteristi".

Siamo in un momento di cambiamento nella struttura del cinema, non solo italiano. Quanto è mutato, in questo senso, il rapporto tra regista e produttore?
"Il problema, oggi, più che il rapporto tra regista e produttore è quello con l'esercente. Un tempo il momento fondamentale era la relazione tra me e il produttore. Ora, vado ancora dal produttore a spiegargli il mio progetto, ma le decisioni importanti sono dell'esercente, quello che possiede le multisale. Dato che, ormai, si è perso tanto pubblico giovane nelle sale, gli esercenti e i distributori pretendono esclusivamente un certo tipo di prodotto. Questo cosa comporta? La morte del cinema d'autore? No. Però, quest'ultimo soffre, perchè bisogna portare comunque i soldi a casa, quindi, è sempre più difficile accontentare critica e pubblico, quantità e qualità, non è semplice, diventa un grande gioco di prestigio. Bisogna, in ogni caso, essere sinceri, realizzare con slancio quello che ci si sente di fare, sperando venga apprezzato dal pubblico. Tengo sempre presente come lo spettatore, che entra in una sala, non sia un pubblico che va a vedere una mostra d'arte, che non paga biglietto e se non gli piace, esce. Lo spettatore cinematografico paga un biglietto e, se rimane deluso, sconterai tale delusione la volta successiva. Dobbiamo scendere a un piccolo compromesso, ma non deve essere un compromesso totale, altrimenti la parte autoriale viene cancellata e questo non possiamo permetterlo. Per esempio, il soggetto del mio ultimo film è costruito su un nucleo narrativo che mi piaceva, l'ho sviluppato con molta sincerità, non è partito da un personaggio, ma da un'idea, ho avuto un cast ottimo, vedremo se piacerà".

Carlo VerdoneLei, comunque, rimane un autore assai apprezzato anche dal pubblico giovanile...
"Prendere quel tipo di pubblico è difficilissimo. Una parte sono riuscito a catturarlo grazie ai film degli anni ottanta, quelli con le battute che si ricordavano di più, quelle pellicole le quali, in generale, sono rimaste nell'immaginario degli spettatori in maniera efficace. Da questi lavori, i ragazzi hanno premiato anche film maggiormente complessi come 'Benedetta follia' o 'Il mio miglior nemico' che, raccontando anche il rapporto con un personaggio giovane, sono stati meglio apprezzati. Il senso di tutto è non tradire lo spettatore entrato in sala per vedere una commedia. Quest'ultima certo può avere un determinato spessore, non essere compeltamente vuota, magari mantenere una piccola riflessione, in caso contrario, il film è acqua fresca..."

Ha mai pensato di realizzare una serie televisiva?
"Sì, ne girerò una nel 2021 e sarà incentrata tutta su di me".

16 dicembre 2019