Percorso

"I miserabili"

di Alessio Cossu

''I miserabili''Sono passati cinque lustri da quando Mathieu Kassovitz scosse la Francia con L'Odio, un film incentrato sul degrado delle periferie parigine in cui emergevano con iconica e verbale evidenza tutte le problematiche relative all'integrazione tra le diverse etnie che compongono il ribollente crogiolo suburbano francese.

Nel 2019 "I miserabili" ritorna sulla medesima tematica ottenendo la Palma d'oro a Cannes. Il film è il frutto dell'ampliamento di un precedente documentario girato nella banlieu di Montferneuil dallo stesso regista malilese Ladj Ly. L'intento della pellicola è quello di denunciare una situazione che il suo autore ben conosce perchè originario lui stesso di quel contesto e, per quanto i fatti narrati siano solo frutto della fantasia, l'impatto emotivo che suscitano va ben al di là di quello legato a un circostanziato ma freddo documentario.

L'incipit de "I miserabili" mostra una giornata di festa sportiva come tante se ne vedono in occasione delle partite di calcio delle nazionali maggiori di calcio: bambini che escono di casa imbandierati e raggianti, sicuri di vivere l'ennesimo trionfo insieme ai loro amici. E Issa è appunto un bambino di colore che si mescolerà alla festante folla multietnica degli Champses Elysees.

''I miserabili''Ma terminata la festa Ly ci presenta l'altra faccia di Parigi. Nella banlieu di Montferneuil tre agenti, i protagonisti del film, formano una pattiglia della cosiddetta BAC, brigata anticrimine, che deve assicurare l'ordine pubblico. Il terzetto è piuttosto variegato: Chris è il poliziotto esperto, duro, razzista, a tratti violento; poi c'è Gwada, di origine subsahariana, musulmano e più giovane, cresciuto nel quartiere dove presta servizio; infine Stephane, apparentemente solo un nuovo arrivato, in realtà un osservatore, silenzioso, ligio alla legge. Il loro girovagare nel quartiere a bordo dell'auto civetta squarcia il velo sulla banlieu fin da subito. Montferneuil è infatti popolata da spacciatori, tenutari di case da appuntamenti, ex galeotti alla ricerca di lavori immancabilmente precari, adepti dell'Islam radicale che sono disposti al proselitismo pescando nel torbido tessuto sociale fatto di giovani e meno giovani sempre facilmente influenzabili stante la difficile condizione economica.

Il mercato di quartiere, tradizionale luogo di socializzazione nelle realtà urbane europee, mostra anch'esso la sua degradazione: merce contraffatta, infrazione delle regole che disciplinano le condizioni di vendita, taglieggiamento degli stessi venditori.

''I miserabili''All'interno di questo contesto, la rottura dell'equilibrio iniziale è data da un furto. Issa, il bambino dell'incipit, ha infatti sottratto un cucciolo di leone da una compagnia circense gitana. Nella cultura cinematografica il circo è stato prevalentemente un mondo sinonimo di dignitosa povertà, di di lanterna magica per i sogni dei bambini, ma Ly non è Fellini, e neppure Saura. E si vede: la vittima del furto scatena la masnada dei suoi corpulenti e tatuati scagnozzi che, armati di mazze e con un delirante messaggio diffuso dall'altoparlante del loro furgone, battono a tappeto il quartiere alla ricerca del responsabile. Quando stanno per giungere a vie di fatto con il "sindaco", un africano cui la municipalità passa un sussidio per contenere gli eccessi della sua comunità, arriva la pattuglia della BAC. A stento si evita che l'odio tracimi in violenza.

''I miserabili''Di seguito, si scopre che Issa è il ladro e il leone viene restituito al legittimo proprietario. Nel frattempo, tuttavia, per trarlo in arresto la pattuglia stessa, circondata da un nugolo di amici pronti a difenderlo, ha colpito al volto il bambino e, quel che è peggio, tutta la scena è stata ripresa dal drone di Buzz, un altro bambino di colore, che ora ha tra le mani una scheda che potrebbe essere assai compromettente per la polizia. Buzz, a sua volta rintraccciato e inseguito dalla pattuglia, ha consegnato la scheda del filmato a Salah, il quale è l'ennesima tessera, questa volta fortemente islamizzata, del puzzle interetnico transalpino. Egli, con la barba lunga e l'aria da Imam, davanti a Chris che lo interrogava, si era già lanciato in un apologo dal sapore antifrastico sul diritto del leone alla libertà e sulla illiceità della ricerca del ladro, difendendo in sostanza Issa. Ora sostiene ora le parti di Buzz da cui ha preso in consegna la scheda. Ma anche Salah ha un passato discutibile che lo priva dell'aura di saggezza.

Alla fine i tre poliziotti riusciranno a rientrare in possesso della scheda, ma ciò non li mette al riparo dalla rappresaglia, neanche a dirlo, dei bambini del quartiere. I tre poliziotti, attirati in una trappola nel corso di un pattugliamento, si ritrovano nel dedalo di androni e scalinate di una palazzina, proprio quella di Buzz, mentre contro di loro viene lanciato di tutto, dalle bombe carta ai termosifoni.

''I miserabili''L'ultima scena ha dell'inquietante: è una dissolvenza su Issa, il quale accesa una molotov che lo illumina come un prometeico vendicatore, si avvicina con fare minaccioso a Chris, l'unico della pattuglia ancora in grado di difendersi impugnando una pistola. Ciò che Ly vuole comunicarci non è tanto che le periferie oggi sono più degradate di quanto non lo fossero 25 anni fa, ma che manca una netta separazione tra bene e male. Il protocollo comportamentale della pattuglia non può dare corpo al senso di giustizia intorno al quale costruire la convivenza civile: le parole e i modi di Chris, il suo sentirsi libero di abusare del potere, la reazione spropositata di Gwada (è lui a ferire Issa) ci dicono che il confine tra i buoni e i cattivi non è più così netto. Chris sembra dover urlare "io sono la legge", per affermare il proprio ruolo. Non è secondario che verbalmente il modo in cui tanto i poliziotti quanto gli abitanti di Montferneuil si riferiscono ai bambini è tanto coincidente che gli appellativi sono del tutto interscambiabili: "pidocchi", "microbi", "gremlin" marcano un disprezzo di fondo verso l'infanzia.

''I miserabili''Anche le inquadrature danno il senso del grigiore e dello spaesamento morale: i personaggi sono di solito ripresi da vicino, a volte da dietro e soprattuttocon la steadycam. La macchina da presa che ondeggia o che quando sta ferma fa dei rapidi zoom in avanti, inocula la nevrosi anche nello spettatore, costretto a vedere sempre da vicino, con lo sguardo privo di una visuale su ampi spazi, di prospettive fisiche e ideali. Da notare inoltre che le scene notturne sono del tutto assenti: è come se Ly abbia voluto mostrare ogni cosa e non nascondere nulla, come a dire che quella realtà è sotto gli occhi di tutti e si consuma quotidianamente alla luce del sole.

Interessante anche la pressochè totale assenza della dimensione familiare e affettiva nella vita dei poliziotti. Essa è appena accennata con poche inquadrature di neanche un minuto, schiacciata come una pietra metamorfica, incastonata tra le pieghe (e le piaghe) dell'attività lavorativa, ridotta in ultima analisi a mero intermezzo narrativo: Chris più che dialogare con le figlie, ordina; Gwada si commuove davanti alla madre, ma è incapace di tradurre in parole il suo crollo psichico; Stephane è separato e a malapena chiede al figlio come stia.

8 giugno 2020

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