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Percorso

Cecilia Mangini, cineasta 'rivoluzionaria

Nella settimana della Festa delle donne una rassegna e un incontro online sulla grande documentarista scomparsa a gennaio. Cecilia Mangini è stata una regista e una donna straordinaria. di Elisabetta Randaccio

Cecilia ManginiPrima documentarista italiana, era nata a Mola di Bari nel 1927 e, per quanto abbia vissuto la maggior parte della sua esistenza in altre regioni, il suo interesse per il meridione d'Italia è sempre stato rafforzato non solo dalla passione per la sua terra natale, ma dalla curiosità e dalla necessità di capire lo svolgimento antropologico, sociale e ecomonico di quella parte del nostro paese e dei suoi, spesso, dolorosi, mutamenti.

Cecilia Mangini è scomparsa il 21 gennaio scorso, lasciando un'eredità filmica e umana importante, una lezione di riferimento per chi vuole affrontare quello che si definisce "il cinema del reale", ma non solo. La regista ha indicato un modo di leggere la realtà sempre originale, mai banalizzato nè da retorica, nè da stereotipi rassicuranti.

Il documentario è, come ha affermato, "uno strumento di speranza", una interpretazione del mondo per incidere eventualmente sui suoi cambiamenti, un intervento sulla quotidianità da parte di una mente libera, mai prona a qualunque tipo di potere. Insomma, Cecilia Mangini, proprio per il suo non allinearsi alle ideologie dominanti, ha sviluppato la sua arte (nel cinema e nella fotografia) in mezzo a svariati ostacoli, cosa che non le ha impedito di percorrere una carriera coerente, esemplare.

''La canta delle marane''Proprio per omaggiare la figura e l'opera di Cecilia Mangini, in occasione dell'8 marzo, la Cineteca Sarda con i suoi centri di servizi sociali e la FICC (la Federazione Italiana dei Circoli del cinema), hanno previsto una rassegna cinematografica e un incontro di approfondimento online: "Cecilia Mangini. Lo sguardo delle donne nel reale". Così, dal 5 al 12 marzo sulla piattaforma onlinesardegna.umanitaria.it si potranno vedere gratuitamente alcuni dei lavori più significativi della regista: "La canta delle marane" (1961); "All'armi siam fascisti" (1962, firmato con il marito, il regista Lino Del Fra, e Lino Miccichè), "Essere donne" (1964); "Brindisi '65" (1966); "Facce" (2018, realizzato insieme a Paolo Pisanelli). A questi film se ne accompagneranno un altro gruppo firmati da alcune registe italiane della nuova generazione le quali, in qualche modo, riprendono la lezione documentaristica della Mangini, e che, comunque, la percepiscono come punto di riferimento per le loro opere.

Si tratta di "In viaggio con Cecilia" (2013), film firmato con la stessa Mangini che, dopo anni, è ritornata nella sua Puglia e ne ha raccontato le attuali contraddizioni sociali e economiche, di "La linea sottile" di Paola Sangiovanni e Nina Mimica (2016), "La cena di Toni" (2016) di Elisabetta Pandimiglio, "Triangle" (2014) di Costanza Quatriglio.

Cecilia ManginiLa rassegna è sicuramente propedeutica all'incontro che si terrà, il 9 marzo dalle 18.00, sulle pagine facebook della Cineteca Sarda, organizzato in due parti. Nella prima, si approfondirà l'opera complessiva di Cecilia Mangini attraverso gli interventi di esperti, ma anche di chi le è stato vicino nel lavoro e nella vita. Tra gli altri, parteciperanno Vincenzo Vita, Paolo Pisanelli, Marco Asunis, Gabriella Gallozzi, Antonello Zanda, ma anche il figlio di Cecilia Mangini: Luca Del Fra. Nella seconda sezione, verrà dato spazio proprio alle registe dei film scelti per la rassegna, che avranno modo di raccontare il loro incontro esistenziale e lavorativo con la grande documentarista. Questo omaggio può essere anche un punto di partenza per chi vuole scoprire la vicenda artistica della Mangini che, nella sua carriera, ha sintetizzato, con tutte le sue problematiche, il cinema italiano dal secondo dopoguerra ai nostri giorni. Peraltro, Cecilia Mangini nasce come fotografa, una grande fotografa. Raccontava come aveva acquistato una macchina fotografica con dei risparmi, ma che, da subito, aveva voluto evitare i ritratti familiari ("una noia mortale", diceva), per cui eccola spostarsi a Lipari, dove realizza immagini bellissime ("A Lipari sono impazzita con quel biancore e quel cielo straordinario..."), intraprendendo, così, un periodo di reportage di alto livello contenutistico e estetico.

''Due scatole dimenticate. Un viaggio in Vietnam''Proprio alla sua significativa capacità di evocare con le immagini fisse situazioni e persone, è dedicata uno delle sue ultime fatiche, in collaborazione con il regista e amico Paolo Pisanelli: "Due scatole dimenticate. Un viaggio in Vietnam" (2020). Il film racconta il ritrovamento, in due vecchie scatole, degli scatti realizzati tra il 1965 e il 1966 nel Vietnam del Nord, in pieno conflitto, dove la Mangini e il marito Lino Del Fra erano andati per girare un documentario che non fu mai portato a termine. Nel film, la regista ricorda quella esperienza complessa e eccezionale attraverso foto scattate anche in condizioni estreme. Insomma, l'amore per la fotografia si è unito sempre a quello per il cinema, avvalorando un percorso di studio della realtà, che l'ha portata a privilegiare il campo documentaristico. Se è vero, infatti, che la Mangini è stata anche sceneggiatrice per film di finzione (ricordiamo almeno le pellicole firmate da Lino Del Fra "La torta in cielo", 1970, e "Antonio Gramsci, i giorni del carcere", 1977, ma anche il notevole "La villeggiatura", 1973, di Marco Leto), la sua carriera cinematografica comprende alcuni cortometraggi e film estrmamente importanti nell'ambito della storia del documentario in Italia.

I più conosciuti rimangono quelli in cui collaborò per i testi con Pier Paolo Pasolini: "Ignoti nelle città" (1958), "La canta delle Marane" (1960), "Stendalì" (1960). Quest'ultimo, poi, raccontando i riti funerari in un paese del Sud d'Italia, oltre a evidenziare le capacità tecniche e espressive della regista, ci ricorda il suo interesse per i problemi del meridione, visti anche attraverso la lettura antropologica e etnografica che, in quegli anni, ne facevano alcuni studiosi come Ernesto De Martino.

Cecilia ManginiPasolini, verrà, in seguito, per certi versi, omaggiato dalla Mangini, quando realizzerà "Comizi d'amore '80", a diciotto anni da quello girato dal regista di "Accattone", dove sembra essere molto chiara la irriversibile "mutazione antropologica", da lui prevista. Dobbiamo, inoltre, sottolineare il felice rapporto di Cecilia Mangini con la Sardegna. Intanto, nella nostra isola è stata sempre molto apprezzata e amata, per cui, spesso, ha partecipato a manifestazioni culturali e cinematografiche svolte nella nostra terra. Inoltre, già negli anni sessanta con un bellissimo lavoro commissionatogli dalla Rai ("Domani vincerò", 1969), aveva filmato le storie di alcuni pugili sardi, soprattutto dilettanti, sottolineando il contesto sociale da cui provenivano, una realtà dove emergeva il desiderio di riscatto da condizioni economiche e personali difficili. L'ultimo film della Mangini doveva, poi, essere dedicato a Grazia Deledda, alla quale insieme, ancora una volta, con Paolo Pisanelli, aveva dedicato anni di ricerche. Si dovrebbe intitolare "Grazia Deledda, la rivoluzionaria", un titolo che potrebbe adattarsi anche alla nostra Cecilia Mangini: coerente, ricca di talento, generosa, sicuramente una donna rivoluzionaria.

La manifestazione "Cecilia Mangini. Lo sguardo delle donne nel reale", oltre che dai Centri servizi culturali della Cineteca Sarda (Cagliari, Alghero, Carbonia), dalla FICC e dal Laboratorio di antropologia visuale "Fiorenzo Serra" di Sassari, è stata realizzata con la collaborazione dell'AMOD-Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, del Festival del Reale, della Cineteca di Bologna e della Cineteca Lucana.

8 marzo 2021

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