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Sarda, scrittrice e 'rivoluzionaria

A Cagliari una serata di cinema per i 150 dalla nascita della Deledda. di Elisabetta Randaccio


Grazia DeleddaSono in corso, quest'anno, le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario della nascita di Grazia Deledda, nata a Nuoro nel settembre del 1871 (morì nel 1936 a Roma, dove si era trasferita da decenni, dopo il suo matrimonio). Tra le iniziative pensate per questo evento, un appuntamento ha riguardato il rapporto tra il cinema e l'opera della grande scrittrice sarda, svoltosi tra Nuoro e Cagliari, il 30 giugno e il 1 luglio scorsi.

Organizzate dall'ISRE con la collaborazione della Cineteca Sarda-Società Umanitaria di Cagliari, le serate hanno previsto la proiezione di "Cenere" di Febo Mari (1916), musicato da Admir Shkurtaj e il documentario "Grazia Deledda la rivoluzionaria", ultimo lavoro firmato da Cecilia Mangini, prima della sua scomparsa, insieme a Paolo Pisanelli. Un omaggio alla Deledda, dunque, situato tra passato e presente, tra un'interpretazione filmica di un suo celebre e intenso libro ("Cenere" fu pubblicato nel 1904, prima a puntate sulla "Nuova Antologia", in seguito in volume) e un percorso sulla ricezione attuale, originale della sua opera. 

"Cenere" filmico è una pellicola, come tante dell'epoca del muto, che ha appassionato i filologi della settima arte. Ne esistono varie versioni, custodite sia in Italia sia all'estero, differenti per la presenza o la mancanza di alcune scene, per la colorazione dei fotogrammi o per le diverse didascalie. La versione scelta per le serate suddette è stata quella in possesso della Cineteca Sarda proveniente dalla "George Eastman House".
Il film, anche per chi l'ha visto varie volte, ha ancora un impatto molto forte sullo spettatore. Nonostante non sia girato in Sardegna (la prima guerra mondiale era in corso e spostarsi per girare gli esterni nella nostra isola sarebbe stato un inutile rischio), e, per quanto non ebbe successo nè fu particolarmente gradito alla Deledda, la quale, a quanto pare almeno ne guadagnò, comunque, "3000 lire sul libretto e il cinque per cento sugli introiti della vendita del film" (R. Dedola, Grazia Deledda, Avigliano Editore), rimane nella storia del cinema per l'unica interpretazione sullo schermo di Elonora Duse, la straordinaria attrice che modificò e influenzò l'arte della recitazione teatrale, tra ottocento e novecento. Ormai, gran parte degli studiosi, attraverso l'analisi di documenti e lettere, attribuiscono la direzione delle scene di "Cenere" alla Duse più che a Febo Mari ("io voglio l'intera responsabilità della mia film, intera" scriveva).

''Cenere''

La pellicola, dunque, è costruita su di lei, sulla sua intuizione interpretativa, lontana da quella tipica dei film d'allora, che a noi spettatori ora pare eccessiva, per concentrarsi su una recitazione misurata, "simbolica", con il supporto della composizione di fotogrammi vicina, per certi versi, a quella di opere pittoriche. Infatti, nelle lettere alla figlia, a proposito della realizzazione di "Cenere", cita, non a caso, Giotto. Così, "tutte le inquadrature della Duse, e non solo quelle, risultano momenti simbolici in cui il dolore esistenziale diventa il Dolore: è il grande dolore del mondo che il simbolismo considera eterno..." (G. Livio, L'attore cinematografico, Zona). In fondo, un adeguata esegesi della sofferenza della protagonista di "Cenere" della Deledda e della sua tragica scelta, senza accentuarne nessun elemento melodrammatico. In "Grazia Deledda la rivoluzionaria", Cecilia Mangini e Paolo Pisanelli vanno anche loro alla ricerca di interpretazioni differenti della scrittrice premio Nobel.

Si tratta di un percorso particolare, che tenta di approfondire la personalità di Grazia attraverso i paesaggi, i quali fecero da sfondo negli anni della sua formazione, soprattutto durante la sua infanzia e l'adolescenza, così importanti per sistematizzare i personaggi dei suoi racconti e romanzi, ma anche facendo leggere brani dei suoi testi dai bambini e dai turisti, che visitano ogni anno la sua casa natale a Nuoro, per capire quanto la sua letterarietà dimostri non solo ancora una forte vitalità, bensì ne definisca i tratti della personalità.

Mangini e Pisanelli

La forza del film sta nelle immagini in cui la Mangini racconta il desiderio di libertà della Deledda dagli stereotipi femminili del tempo che non prevedevano, soprattutto in un paese della Sardegna, l'emancipazione di una giovane ragazza attraverso la scrittura. Grazia ruba una bottiglia d'olio dalle scorte della casa per ottenere i soldi con cui spedire il suo primo manoscritto a un editore, ma "nonostante sia stata educata all'obbedienza e al sacrificio di sè, sa che è necessario compiere un investimento su se stessa per diventare scrittrice" (Dedola, cit). Cecilia Mangini legge questo gesto quasi come "eroico" per una fanciulla, sostenuta più che dalla ambizione, dal sogno, che potremmo anche definire di vera e propria "liberazione" e indipendenza. La regista, inoltre, mette in evidenza quanto, da lettrice, abbia imparato dalla Deledda e quanto ne sia stata influenzata per tutta la vita.

L'amore per la Sardegna della Mangini, espresso da immagini che riassumono suggestioni della cultura isolana e pure confronti tra passato e presente per mezzo di splendide fotografie d'archivio e dei fotogrammi dei documentari realizzati da Remo Branca negli anni cinquanta, si sovrappone a quello per la Deledda, scrittrice e donna su cui riprendere a riflettere, anche nel suo aspetto di "rivoluzionaria".

9 luglio 2021