Percorso

Emblematici Giganti

È uscito in sala ''I giganti'' di Bonifacio Angius. di Elisabetta Randaccio

''I giganti''Doveva lavorare su un altro progetto, Bonifacio Angius quando si è scatenata la pandemia Covid. Nella necessità di girare in una situazione complessa sia produttivamente sia artisticamente, il regista sardo ha scelto di immergersi in un diverso soggetto, che aveva scritto precedentemente: "I giganti", girato nelle campagne di Thiesi, praticamente tutto in interni, con una piccola troupe di attori e tecnici.

Il film, unico italiano in concorso al festival di Locarno e vincitore dei premi per la miglior regia e e miglior film della giuria giovani a quello di Annecy, è uscito nelle sale della nostra isola e affronta anche il tour nel resto di Italia con ottimo riscontro di pubblico. La critica, "I giganti" l'ha già conquistata; infatti, le recensioni sono state molto buone. In questo senso, esemplari le parole con cui Lorenzo Ciofani su "Cinematografo" conclude il suo articolo: "Grande cinema", oppure il fatto che il Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici lo abbia segnalato tra i migliori film della stagione. Insomma, una apparente "piccola" produzione, capace di dimostrare quanto la sensibilità artistica vada oltre le difficoltà materiali e non abbia bisogno di effetti speciali per convincere lo spettatore.

Certo, la strada creativa e personale di Angius dal solare "Sa grascia" (2011) al cupo "I giganti" deve essere stata ricca di riflessioni, soddisfazioni, magari delusioni. Ma Angius, anche in questo film così duro, non abbandona la sua graffiante ironia, il suo sarcasmo che smorza il drammatico nel gruppo dei personaggi, i quali danno vita alla storia.

''I giganti''La vicenda potrebbe essere definita "cinema da camera" con una sceneggiatura che sarebbe valida anche in una messinscena teatrale e evoca, nel gioco al massacro dei personaggi, proprio certi "eroi" di Beckett o di Edward Albee, così come può ricordarci la volontà autodistruttiva de "La grande abbuffata" di Marco Ferreri. Ma nel capolavoro ferreriano ci si suicidava ridendo, qui la morte aleggiante non è cercata, bensì è puro destino (citando, non a caso, un'altra opera del regista). Angius si accolla il film totalmente: regia, suggestiva fotografia, montaggio e interpretazione. Il suo personaggio, Massimo, lo modella sul suo fisico e, probabilmente, su alcune sue sensibiltà intime, ottenendo un risultato convincente, una figura dolente, apparentemente stolida, ma devastata da traumi, episodi violenti appena accennati e la disperazione per una figlia, forse perduta, sicuramente lontana.

''I giganti''Come ha affermato lo stesso Angius, Massimo è "un morto che cammina", il quale, in quel weekend di droga, alcool e parole, spesso sconclusionate, sembra il più consapevole della miseria umana del gruppo.
E la Sardegna? Finalmente è presente senza stereotipi incarnata nei personaggi con il loro accento e il loro retroterra culturale. Abbattuti i luoghi comuni, i protagonisti sono esemplari anche di alcune sconfitte sociali, che la nostra isola ha subito. D'altronde, il film si intitola ironicamente i "giganti", un'allusione beffarda alle meravigliose statue ritrovate a "Mont'e Prama", guerrieri alteri, magici, affascinanti. I personaggi dell'opera di Angius, secondo le sue parole, sono, invece, "uomini che hanno la consapevolezza di aver perduto, di non essere più capaci d'amore". Da vedere assolutamente anche per appassionarsi, all'uscita, in una bella discussione.

1 novembre 2021

 

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