Stampa

Il cinema dell'impegno e della tenerezza

A Cagliari in corso la rassegna sul regista Gianni Amelio

Gianni AmelioEra programmata per il 2020 la rassegna cinematografica sul regista Gianni Amelio, organizzata dall'Associazione "Alambicco", che, ogni anno, propone interessanti monografie filmiche come quella di gran successo su Carlo Verdone nel 2019 e, precedentemente, tra le altre, quella su Patrice Leconte, Carlos Saura, Giuliano Montaldo.

Le restrizioni, causa pandemia, però, hanno fatto slittare il progetto al 2021 e, così, dallo scorso 20 novembre è iniziata una vera e propia maratona (con due proiezioni ad ogni appuntamento) che percorre l'eccellente carriera di un autore tra i più significativi del nostro cinema. Gianni Amelio ha amato la settima arte sin da bambino, da quando la nonna lo portava in sala e, davanti alla biglietteria, lo faceva inginocchiare per pagare di meno. Come lui stesso ha scritto, "Se andrò all'inferno, come è probabile, sarà per aver abusato del cinema, fin da ragazzino". Insomma, il regista è immerso in quello da lui chiamato "il vizio del cinema" (come suona il titolo di un suo bel libro che raccoglie le sue recensioni per la rivista "Film Tv"), capace di trasformarlo da spettatore appassionato a sceneggiatore e, poi, in regista.

La città del soleInfatti, dopo la laurea in Filosofia ed alcune esperienze come critico in varie riviste, si trasferisce dalla Calabria a Roma e si inserisce nel mondo dello spettacolo. Diventa aiuto regista, sceneggiatore e, all'inizio degli anni settanta, realizza per la televisione documentari e lungometraggi a soggetto. Tra questi, il primo film proposto dalla rassegna dell'"Alambicco": "La morte al lavoro" (1978), ma, bisogna ricordare (e riscoprire) una bella e originale biografia di Tommaso Campanella, "La città del sole", firmata nel 1973. In questa pellicola, anch'essa nata per il piccolo schermo, Amelio rifiuta il banale biopic per dare rilievo, con l'aiuto di una forma originale, alle idee provocatorie del filosofo calabrese e al suo tempo, a cui si aggiunge una cura per la fotografia quasi di tipo "caravaggesco".

LamericaLa grande attenzione della critica e un discreto successo di pubblico, arriverà, però, nel 1983, con la proiezione al Festival di Venezia, di "Colpire al cuore", una delle prime pellicole, in Italia, a parlare di terrorismo, un argomento ancor oggi quasi tabù per i nostri autori cinematografici. Nell'opera, troviamo anche sviluppato un tema, che sarà approfondito negli altri lavori del regista: il rapporto complesso tra padre e figlio, segnato da contraddizioni, rancori, sospetti, amore, angoscia, desiderio di riconciliazione. A questo punto, la carriera di Amelio sarà costellata da una serie di film di successo e, comunque, da importanti riconoscimenti nazionali e internazionali.

Tra gli altri, "Il ladro di bambini" (1992), uno dei suoi lungometraggi più emozionanti nonché un notevole successo commerciale, vince il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, "Lamerica" (1994), che tratta un altro argomento poco affrontato in quel momento storico dal cinema italiano, ovvero la drammatica emigrazione verso l'Italia dall'Albania, ottiene l'Osella d'oro e il premio Pasinetti alla Mostra di Venezia, manifestazione dove sarà insignito del Leone d'oro per "Così ridevano" (1998).

Così ridevanoQuest'ultimo, probabilmente, è uno dei film più importanti del nostro cinema di fine secolo; un'opera sfortunata al botteghino, forse anche per il titolo criptico (si riferisce a una rubrica su un giornale popolare). Sicuramente, in "Così ridevano" riscontriamo il culmine dell'arte di Amelio: attenzione alla forma, supportata da una eccezionale fotografia di Luca Bigazzi, e dalla interpretazione (grande prova di Enrico Lo Verso e Fabrizio Gifuni), ma soprattutto da una splendida sceneggiatura di forte impatto, cruda, amara e precisa anche nel raccontare la Torino dell'immigrazione dal Meridione negli anni sessanta.
La rassegna dell'"Alambicco" accompagna gli spettatori sino ai giorni nostri, non dimenticando gli ottimi documentari realizzati dal regista calabrese contemporaneamente ai suoi lungometraggi.

Tra questi, un posto di rilievo occupa "Felice chi è diverso" (2014) che racconta il rapporto tra la cultura, la società e l'omosessualità, dagli anni trenta del novecento ad oggi, attraverso interviste, spezzoni di pellicole, di cinegiornali, foto, senza commentare, ma lasciando allo spettatore - spesso sbigottito dalla violenza e dalla volgarità di alcuni messaggi dei media, ma altrettanto emozionato, al sentire la narrazione di esistenze complicate e sofferte - le proprie riflessioni sul tema sia quando, nel nostro paese, dominava sull'argomento l'ignoranza sia su quello che, ancor oggi, c'è da conquistare nell'ambito dei diritti civili.

HammametL'ultimo film proprosto dalla rassegna è "Hammamet", in cui Pierfrancesco Favino interpreta con una straordinaria mimesi Bettino Craxi nei mesi dell'autoesilio tunisino. L'opera ha suscitato qualche polemica, ma è stato gradito dal pubblico, diventando il film di Amelio più rilevante dal punto di vista degli incassi.
A conclusione della rassegna, come è tradizione dell'"Alambicco", gli infaticabili e sempre encomiabili Alessandro Macis (direttore artistico dell'evento) e Patrizia Masala (direttrice dell'organizzazione) consegneranno a Gianni Amelio il premio alla carriera. Nella stessa giornata (il 29 dicembre) il maestro Romeo Scaccia si esibirà in un concerto dedicato ai film del regista calabrese.
Le proiezioni della rassegna si tengono a Cagliari, alla sala "Aresu", in viale Regina Margherita 44.
"La tenerezza dello sguardo. Il cinema di Gianni Amelio" è realizzato dall'Associazione "Alambicco" con il supporto della Regione Autonoma della Sardegna.

4 dicembre 2021