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Percorso

"Sos Laribiancos - i dimenticati" di Piero Livi

di Chiara Sulis
 
 Sinossi: nel 1942, gli uomini di un piccolo paesino della Sardegna - quelli dalle "labbra bianche" - vengono chiamati alle armi per raggiungere il fronte russo: una guerra durissima, contro un nemico invisibile, ma soprattutto contro il freddo e la fame. Nelle lunghe giornate, nell'attesa dei combattimenti, emergono via via i caratteri dei personaggi, i ricordi dei cari lasciati nella propria terra e la vita spensierata che forse solo ora iniziano ad apprezzare. Ma le condizioni disperate nelle quali i soldati sono costretti a combattere, nonostante l'amicizia e la solidarietà, portano a compiere azioni estreme, fino a giungere al cannibalismo per non morire di fame. Soltanto pochi di loro riescono a fare ritorno all'amato paese, e raccontare questa tragica storia.

La parola al regista: conversazione con Piero Livi
Attraverso la trasposizione del romanzo di Masala ho voluto riscattare la memoria di un passato dimenticato. Non sono sufficienti sessant’anni per dimenticare un momento storico tanto importante. Questo film intende ricordare una vicenda umana che ha coinvolto migliaia di italiani, un’intera generazione con una guerra assurda.
Dimenticare significa indifferenza o mancanza di sensibilità, ma significa anche non conoscere, soprattutto per i giovani cha hanno perso il senso delle loro radici. Infatti uno dei motivi per cui mi sono avventurato in questa impresa è stato il desiderio di riproporre ai giovani un momento storico a cui in definitiva hanno partecipato se non i loro padri, i loro nonni.
Naturalmente la dimenticanza non riguarda solo i sardi, ma tutti i combattenti italiani che parteciparono a quel tragico evento che fu la Campagna di Russia.
Con Sos laribiancos – I dimenticati sono riuscito a tornare al mio cinema libero del primo periodo, stilizzando mezzi e modalità organizzative e mantenendo rapporti paritetici e collaborativi con la troupe e soprattutto con gli attori. Con questi ho voluto prima delle riprese, discutere a fondo ogni scena, chiedendo loro opinioni e idee. Per rispettare l’elemento genotipico e linguistico, necessario quest’ultimo nei dialoghi in lingua sarda, alcuni personaggi sono interpretati da attori sardi non professionisti, bravissimi sino alla commozione.
 
 Il film non è un vero e proprio film storico, ma la vicenda romanzata di un gruppo di uomini, ciascuno con una propria storia; il tutto raccontato tra riso e pianto con venature umoristiche e una punta di grottesco, perché la vita, come sostiene anche l’autore del romanzo <<non è mai tanto tragica da non poter essere un po’ comica>>.
Mi ritengo un narratore, uno scrittore con le immagini e nel mio film c’è una storia, una bella storia con un impianto solido e la volontà di squarciare moduli stilistici del “cinema dei tinelli” o dei nostalgici di tanto così detto “nuovo cinema italiano”.
Il mio cinema, ispirato quasi sempre alla Sardegna, è un cinema puro, semplice, senza ricerca di nuovi linguaggi, ma con uno studio preciso dell’immagine. Un cinema etnologico e analitico, oltre che antropologico.
Mi capitò di leggere il romanzo di Masala negli anni Sessanta e ne rimasi affascinato. Doveva essere il mio primo film professionale, ma da allora passarono tanti anni e ben sei sceneggiature, l’ultima delle quali è stata curata da me personalmente e revisionata da Roberto Natale.
A causa della mancanza di finanziamenti ho dovuto rinunciare alla ricostruzione del paese e ridurre all’essenziale la sequenza più spettacolare della guerra, cambiando alcuni ambienti. Per esempio, nel libro i soldati italiani vengono catturati e rinchiusi in un campo di concentramento russo dove si svolgono le vicende più drammatiche. Ricostruire un lager era una cosa impensabile, così abbiamo deciso per la casa isolata e l’espediente dei soldati tagliati fuori che ci sembrò più efficace e meno inflazionato.

 Riguardo a Masala, acquisimmo i diritti, ma forse lui non fu soddisfatto di quello che aveva ottenuto, si aspettava di più, forse anche dei diritti speciali.
Lo invitai diverse volte alla presentazione del film, ma non volle mai venire. Credo non gli sia piaciuto, forse lui si aspettava che lo realizzassi come il romanzo, ma il cinema è un’altra cosa e i limiti produttivi impongono scelte precise. Io mi sono ispirato liberamente al testo, che per essere reso per come è scritto avrebbe richiesto la realizzazione di due Via col vento, talmente è concentrato e carico di avvenimenti!
 
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