Stampa

"Piano piano, dolce Carlotta" di Robert Aldrich

di Alessandra Manconi
 
 Quando si riguarda un film da adulti è come un nuovo viaggio. Questa volta, nel mio percorso, sento soprattutto Carlotta. Carlotta ragazzina, che si innamora perdutamente di un uomo sposato e che è pronta a fuggire con lui. Sento la freschezza di chi ama per la prima volta con tutta se stessa. Sento la passione, l’ ingenuità. Lui è già sposato ed il padre di lei gli ordina di porre fine alla loro storia. E così lui fa. Vedo poi un abito bianco sporco di sangue. E’ lei che lo indossa. John è stato fatto a pezzi con una mannaia. Non si troveranno mai né una delle sue mani, né la sua testa e dal processo non emergerà mai un colpevole...
GOCCIA DOPO GOCCIA
“ERA UN RUMORE SOMMESSO, SOFFOCATO, VELOCE; ASSOMIGLIAVA MOLTISSIMO AL RUMORE CHE FA UN OROLOGIO QUANDO E' AVVOLTO NEL COTONE. Ansimai: mi sentivo il fiato mozzo; e tuttavia i poliziotti non lo avevano avvertito. Parlai ancora piu' in fretta, con irruenza ancora maggiore,ma il rumore aumentava inesorabilmente. Mi alzai e presi a discutere di sciocchezze, in tono di voce altissimo e gesticolando violentemente, ma il rumore cresceva implacabile. Perche' non se ne andavano? Incominciai a passeggiare innanzi e indietro a lunghi passi, quasiche' i discorsi di quegli uomini mi avessero infuriato, ma il rumore cresceva, cresceva sempre. Oh, Dio! Che cosa POTEVO fare? Schiumavo, vaneggiavo, bestemmiavo! Volsi di scatto la seggiola su cui mi ero messo a sedere, la trascinai sulle tavole, ma il rumore copriva ogni cosa aumentando continuamente. Si faceva sempre piu' forte, semprepiu' forte, SEMPRE PIU' FORTE! E tuttavia gli uomini seguitavano a discorrere piacevolmente, e sorridevano. Era mai possibile che non udissero? Dio onnipotente! No, no! Certo che lo udivano! Sospettavano! Sapevano! Si beffavano della mia disperazione! Questo pensai, e questo penso. Ma qualsiasi cosa era meglio dell'angoscia mortale che mi attanagliava! Qualsiasi cosa era piu' tollerabile di quella derisione! Non potevo piu' sopportare quei sorrisi ipocriti! Compresi che dovevo urlare o altrimenti sarei morto! Ed ecco, ancora! Ascoltate! Piu' forte! Piu' forte! Piu' forte! PIU' FORTE! - Mascalzoni! - urlai, - smettetela di fingere! Confesso il delitto! Togliete quelle tavole! Qui, qui! E' il battito del suo odioso cuore!”
(Edgar Allan Poe, Il cuore rivelatore)

Quando penso all’ ossessione, penso all’ occhio che aveva perseguitato il protagonista del racconto qui sopra. L’ occhio di un vecchio signore, che poi aveva ucciso nel silenzio della notte. E a quel cuore che batteva ancora nella sua mente. Pulsava nervosamente, sino a farlo esplodere, sino a farlo scoprire. E poi penso a Bette Davis, che con ogni centimetro del suo volto e del suo corpo riesce ad esprimerla. Che presta tutta se stessa al gioco dell’ ossessione, che goccia dopo goccia scava dentro di te e si ciba di te.D’ istinto vado a “Piano..piano, dolce Carlotta”. L’ho visto da piccola e ricordo solo poche cose. So che Carlotta ha perso il suo amore e ricordo la testa di lui rotolare per le scale. Ricordo che qualcuno vuole farla impazzire. Ed ancora vedo quella testa ed è come se se sentissi il tonfo che fa ogni volta che tocca un gradino. E’ come se sentissi quel rumore che si espande nel petto di Carlotta. Poi una musica lontana, forse un carillon. E’ tipico di questi film d’ un tempo. Ti siedi convinta che il bianco e nero ti proteggerà e ti farà star bene, ma poi “spunta il carillon” ed è finita. Capisci che l’angoscia è ormai inevitabile. E così ti rassegni. Così lo segui e lo cerchi per tutto il film.

 
PIANO..PIANO, DOLCE CARLOTTA
-Hush..Hush, sweet Charlotte-
Robert Aldrich, Usa, 1965

 Quando si riguarda un film da adulti è come un nuovo viaggio. Questa volta, nel mio percorso, sento soprattutto Carlotta. Carlotta ragazzina, che si innamora perdutamente di un uomo sposato e che è pronta a fuggire con lui. Sento la freschezza di chi ama per la prima volta con tutta se stessa. Sento la passione, l’ ingenuità. Lui è già sposato ed il padre di lei gli ordina di porre fine alla loro storia. E così lui fa. Vedo poi un abito bianco sporco di sangue. E’ lei che lo indossa. John è stato fatto a pezzi con una mannaia. Non si troveranno mai né una delle sue mani, né la sua testa e dal processo non emergerà mai un colpevole. Per tutti, però, ad ucciderlo sarà stata Carlotta, che così resterà sola. Avrà solo la compagnia del padre, che morirà però l’ anno dopo l‘omicidio, della fidata cameriera Welma e, di tanto in tanto, del Dott. Drew, un amico di famiglia.

Sono fondamentalmente quattro le scene che mi guidano nel sentiero dell’ ossessione. In realtà ce n’è anche qualcuna in più, ma non ve ne parlerò per non svelarvi troppo.

-Il carillon-

Suona il carillon.

Lei: ”John?”

Spera ancora che torni. Vi è mai capitato di perdere qualcuno e di addormentarvi per non pensare. Di risvegliarvi poi con la sensazione e la speranza che fosse tutto un lungo e triste sogno? Un po’ storditi, come in uno stato di dormiveglia. Bene, Carlotta ha passato gli ultimi trentasette anni così. Per tutti è pazza, per tutti è un’ assassina. Non pensano che qualcuno quel giorno possa aver fatto a pezzi pure lei.

I bambini cantano vicino alla sua casa:
Dai, dai Carlotta, taglia finchè vuoi. Dai dai Carlotta, come tagliare sai. Era il tuo dolce amore….ma l’hai diviso per tre. Così la gente dice che..la testa ha perduto per te. Dai, dai Carlotta, taglia finchè vuoi…

-Le lettere-

Da quando John è stato ucciso a lei continuano ad arrivare lettere anonime in cui viene accusata di essere un’ assassina. Una dopo l’ altra, da tutte le parti del mondo. E’ convinta che ad inviarle sia la moglie di John. Una dopo l’ altra arrivano per distruggere ciò che lei vanamente cerca di tenere insieme. Ciò che ancora sopravvive all’ immagine dell’uomo che amava fatto a pezzi. Della sua vita fatta a pezzi.

-La luce-

Carlotta dice a Miriam, la cugina che è andata lì per “aiutarla”: “Non accendere la luce. Con la luce tutto diventa falso. Solo al buio le cose sono vere. Vere e immobili”. Qui l’ ossessione è palpabile. La luce mette in rilievo un mondo che a volte non si ha le forze per affrontare. Quando nella nostra mente non c’è più una percezione corretta del mondo oggettivo, la luce non serve a granchè. Ed allora si sceglie il buio, che almeno ci lascia vivere l’ unica realtà che in quel momento riusciamo a sostenere e a controllare.

-I vetri-

Durante un temporale notturno Carlotta va nella sala della musica convinta che là ci sia il suo John. Lì, però, non c’è nessuno. Ad un tratto, si sente un gran frastuono. Miriam scende e la trova al centro della stanza, circondata da finestre coi vetri spaccati. Dice alla cameriera che è stata Carlotta, ma lei non ci crede, perché sa che ama troppo la sua casa per fare una cosa simile. Qui sento un‘ improvvisa tenerezza per una donna adulta che è spaurita come una bambina. Senza più la possibilità di specchiarsi per trovare la propria immagine. E sento con quanta fatica custodisce le ombre del passato che ancora vagano nella casa. Si lascia catturare dal demone dell’ ossessione pur di non cessare il suo ruolo di sacra custode.

Oggi quando penso alla testa che rotola, non ho più paura di Carlotta . Oggi sento come sta e mi preoccupo per lei. Temo tutto quel rumore di vetri che si infrangono e il ripetersi delle lettere, delle accuse. Sento la sua capacità di amare le cose e le persone e la forza che ci mette. Apprezzo il suo essere diversa, il convivere con la goccia che scava giorno dopo giorno. Badate bene, non dovete preoccuparvi del fatto che lei sia vittima o carnefice. Non spetta a voi cercare la mano e la testa di John. Voi seguite il carillon, seguite l’ ossessione. Cercate di capire chi e cosa la guida e quali sono i pezzi di Carlotta che lei stessa a volte stenta a trovare.

Io qualcuno l’ho trovato ed altri no. Fra una ventina d’anni conto di cercarli nuovamente, per vedere se il mio occhio può scrutare altri angoli polverosi. Per vedere se la mia capacità di scoprire e vivere l’ ossessione è cresciuta con me ed in me.

Un lungo applauso

A Bette Davis, che si concede con nevrotica eleganza al suo pubblico.

Ad Olivia De Havilland, ovvero la cugina Miriam. E’ la forte e dolce Melania di “Via col vento”. A voi il piacere di scoprire la forza della sua recitazione e del suo personaggio.