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Percorso

La Fedeltà

di Chiara Sulis

 Nella foto A. Gardies e C. Zavattini Il concetto di fedeltà nelle trasposizioni è legato a quella cattiva abitudine di  analizzare il problema a partire dal testo letterario invece che da quello filmico: questa situazione ha portato nel tempo a considerare l’opera letteraria come sito di un valore ideale al quale l’opera filmica si deve avvicinare il più possibile, lasciando il primato di importanza al romanzo.
La questione va affrontata secondo parametri diversi: non dobbiamo parlare «in termini di equivalenza, ma come un programma di operazioni»28 (Gardies, Bessalel)...
 In questo modo il testo scritto viene concepito come un insieme di istruzioni e di dati che la realizzazione filmica può in parte utilizzare, considerando i propri vincoli di linguaggio e le scelte estetiche, espressive e semantiche dell’autore del film.
Così l’adattamento va considerato come un nuovo testo che, per quanto fedele, reinventi il testo adattato, privilegiando alcuni aspetti piuttosto che altri, variando componenti diegetiche e narrative, proponendo quindi un’interpretazione del testo letterario e non una copia audiovisiva.
In quest’ottica Giorgio De Vincenti parla della fedeltà come di un falso problema dell’adattamento e ci descrive la sua visione del problema tramite lo studio del grande teorico del cinema: Cesare Zavattini.
Secondo Zavattini «le commistioni fra i vari generi si fanno sempre più necessarie; un cinema che serve il teatro e viceversa, la pittura e viceversa>>29. Il cinema <<deve raccontare ciò che sta accadendo. La macchina da presa è fatta per guardare davanti a sé»30.
Secondo Zavattini la macchina da presa deve raccontare ciò che si sta svolgendo davanti ad essa, nel momento in cui sta accadendo, «proprio nel momento in cui si incontra con il suo oggetto»31: questa posizione implica l’abbandono dei soggetti letterari e la diversa funzione assegnata alla sceneggiatura, all’interno del rapporto cinema – letteratura.
Zavattini torna alle origini della storia del cinema e sottolinea di quel momento due aspetti fondamentali: il primo consiste nel fatto che tutto ciò che sta di fronte alla macchina da presa viene posto sullo stesso piano, senza gerarchie precostituite; il secondo è che dai “miti”, intesi come i singoli “racconti”, incominci a riaffiorare la “realtà”. Ogni fatto è un racconto reale, ma ancora da scoprire, facendolo emergere dal “mito” che nel corso della storia lo ha condizionato e alla fine normalizzato secondo le decisioni dell’ideologia dominante nei diversi periodi storici e nelle diverse società.
Da ciò emerge la capacità specifica del cinema, cioè quella di mettere sullo stesso piano le infinite realtà del mondo e di «spiegarle davanti a noi come nelle tavole sinottiche»32. Solo il cinema, attraverso i mezzi tecnici che lo costituiscono, poteva essere capace di azzerare il mito e ripresentarci il reale privato della “favola”, permettendoci di avere un occhio nuove sulle cose, ridefinendo le nostre stesse categorie di giudizio.
Per cui è impossibile considerare il testo filmico sulla base della fedeltà che mantiene rispetto al testo letterario, o a qualsiasi altra forma d’arte: il cinema è un mezzo che semplifica la realtà mostrandocela senza veli, ma al tempo stesso si nutre di finzione, secondo la condivisione tra spettatore e autore che riguarda da sempre tutti i grandi spettacoli.
Più che di “fedeltà” o “infedeltà” dovremmo parlare di come un film “lavora” il romanzo, cioè di come il primo legge e interpreta il secondo: «…costruire sul romanzo, attraverso il cinema, un’opera di secondo grado. Non un film “paragonabile” al romanzo, o “degno” di lui, ma un nuovo oggetto estetico che è qualcosa come il romanzo moltiplicato per il cinema»33.(Bazin)
Il cinema secondo processi di addizione, sottrazione e variazione riesce a “moltiplicare” i significati della letteratura per riavvicinarli a quelli molteplici della realtà.
 

 
28 Andrè Gardies, Jean Bessalel, Adaptation, in 200 motsclés de la théorie du cinéma, Parigi, Cerf, 1992, p. 18.
29 Cesare Zavattini, Neorealismo ecc., M. Argentieri (a cura di), Milano, Bompiani, 1979, pp. 258 ss.
30 Ivi, p. 81.
31 Ivi, p. 74.
32 Giorgio De Vincenti, Un falso problema: la “fedeltà”, in Cinema e letteratura: percorsi di confine. Ivelise Perniola (a cura di), Venezia, Marsilio Editori, 2002, p. 111.
33 André Bazin, Qu’est-ce-que le cinéma?, Paris, Editions du Cerf, 1962, p.33 (trad. it. Che cosa è il cinema?, Italia, Garzanti, 1973).

 
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