Percorso

Letteratura sarda - C. Sulis

L'adattamento

di Chiara Sulis

 L’adattamento può essere definito come la trasposizione audiovisiva di un’opera letteraria. Per trattare questa problematica occorre tenere conto dei rapporti che intercorrono tra le due forme di comunicazione, cioè tra il testo scritto da cui si parte e quello audiovisivo a cui si giunge e quali procedure e strategie specifiche delineano l’adattamento al fine di capire cosa il film aggiunge, sottrae o varia rispetto all’opera letteraria.
Il problema maggiore che investe il discorso sull’adattamento ha a che fare con il forte disinteresse da parte degli studiosi di letteratura nei confronti delle trasposizioni: capita spesso che gli studiosi di cinema si appassionino ad un’opera letteraria da cui è stato tratto un film, ma è raro che avvenga il contrario.
Gli studiosi di letteratura nutrono una forte diffidenza nei confronti del rapporto tra cinema e letteratura, poiché considerano il romanzo come una forma di espressione compiuta con validità autonoma e che per questo motivo rimane indifferente a un eventuale adattamento.
Inoltre anche i migliori studi curati da critici cinematografici contengono un errore di fondo che è quello di partire dall’analisi dell’opera letteraria e quasi mai da quella filmica: errore questo che avviene spesso in ambito scolastico dove ci si preoccupa di analizzare la trasposizione, indipendentemente dalla qualità del film, per giungere poi alla conclusione che tra le due forme, è sempre quella letteraria a prevalere.
Per operare una giusta analisi occorre partire da un buon film, cioè da un’opera che ha saputo trovare efficaci soluzioni per trasporre audiovisivamente un testo scritto, e attraverso essa risalire all’opera originale; è chiaro che la condizione migliore sarebbe quella di trovarsi di fronte ad un’alta qualità sia letteraria che cinematografica, ma se questo non è possibile è meglio privilegiare il film: così facendo si può comprendere meglio l’adattamento, la cui analisi parte sempre dall’efficacia espressiva della combinazione audiovisiva.
L’adattamento può essere concepito come un processo e come un prodotto, a seconda di come lo si considera: è un processo nel momento in cui opera la transizione da testo scritto a quello audiovisivo; è un prodotto perché dà luogo ad un film terminato.
Secondo Dwight V. Swain possiamo immaginare tre grandi forme di adattamento:
1. quello che segue il più da vicino possibile l’articolazione narrativa dell’opera di partenza;
2. quello che si struttura in relazione alle scene chiave del libro;
3. quello che elabora una sceneggiatura sostanzialmente originale a partire da alcuni elementi del testo ispiratore.

Ciascun adattamento può poi di fatto trovarsi in una posizione intermedia tra l’una e l’altra delle opzioni descritte sopra.
Nonostante le difficoltà che si incontrano nell’analisi di un adattamento, rimane argomento di studio per due valide ragioni: per comprendere meglio l’arte del raccontare, che accompagna e continuerà ad accompagnare la storia dell’umanità; per capire come raccontano i diversi media espressivi, ognuno con le sue specificità (e in questo caso il discorso può estendersi oltre il cinema e la letteratura, fino al teatro, al fumetto, alla radio, ecc.). Inoltre nel momento in cui definiamo il campo della nostra analisi, il fatto di tenere conto di due testi, ci permette di approfondirli entrambi, percorrendo diversi percorsi che si arricchiscono vicendevolmente.
I livelli su cui si può attuare un’analisi comparata di testo scritto e audiovisivo sono:
1. le strutture profonde del racconto;
2. l’universo diegetico;
3. le articolazioni narrative e discorsive.

Nel primo livello rincontriamo il concetto di narratività, che a prescindere dal mezzo che si utilizza per narrare, crea le basi per il racconto, le strutture profonde del racconto, appunto.
«un sistema di stasi e transizioni, di situazioni che modificate da determinati eventi danno vita a nuove situazioni destinate a loro volta a successive alterazioni sino a che il racconto non si chiude nel suo finale.»Ogni racconto è caratterizzato da 25 (Cortellazzo, Tomasi); il confronto può avvenire proprio tra queste strutture e quelle del testo adattato.
Il secondo livello di confronto è quella della diegesi, che comprende tutte le componenti che abitano il mondo narrato nella storia: in questo caso si tratta di verificare che cosa l’adattamento ha sottratto, aggiunto o trasformato del testo di partenza per ciò che concerne personaggi, ambienti, dialoghi, eventi, ecc.
E infine abbiamo il livello narrativo, relativo al discorso del racconto, cioè al modo in cui si racconta una storia, piuttosto che alla storia in  sé: in questo caso entrano in gioco elementi quali le relazioni tra fabula e intreccio (opera letteraria e filmica possono avere stessa fabula, ma differente articolazione temporale sul piano dell’intreccio), la presenza o meno di una voce narrante e di eventuali narratori diegetici, l’uso dei meccanismi di focalizzazione (possiamo sapere di più o di meno di ciò che sanno determinati personaggi) o di ocularizzazione (possiamo vedere attraverso gli occhi di un personaggio, oppure “direttamente” senza la sua mediazione).
Arrivati a questo punto possiamo parlare delle procedure di adattamento, considerando che per lo sceneggiatore che si trova di fronte ad un romanzo che deve essere trasposto in film, l’obbligo è quello del taglio, cioè dell’eliminazione di molti degli elementi che compongono l’opera letteraria per comporre un’opera filmica accettabile in termini di tempo.
A questo proposito la prima procedura di cui parliamo è quella della sottrazione, che prende in considerazione cosa c’è nell’opera letteraria e cosa non c’è nel film: per quanto, come abbiamo appena detto, eliminare degli elementi dell’opera letteraria per giungere a quella filmica, sia una scelta spesso obbligata, rimane comunque un modo di proporre la lettura di quell’opera; se eliminiamo degli elementi significa che ne consideriamo altri più importanti.
Dall’altra parte della sottrazione, troviamo l’addizione, cioè ciò che trovo nel film e non nel testo adattato; un adattamento, infatti, non è mai solo un lavoro di riduzione e, per quanto, ci siano elementi in meno, ce ne sono sempre anche in più. Come esempio possiamo prendere l’abbigliamento dei personaggi: anche se nel romanzo non vi è alcun riferimento ad esso, il regista dovrà per forza aggiungerlo per connotare il personaggio, ponendo attenzione a come ogni capo vestiario lo caratterizza.
A metà tra il procedimento dell’addizione e quello della sottrazione si trovano la condensazione e l’espansione. Nel primo caso parliamo di quegli elementi presenti tanto nel romanzo quanto nel film, ma in forma ridotta (per esempio un evento descritto nel romanzo per più pagine e nel film con poche immagini, come per esempio un lungo fidanzamento che porta al matrimonio); due forme tipiche di condensazione sono la concentrazione dei personaggi e la sintesi drammatica: nel primo caso «diversi personaggi di un’opera letteraria vengono per così dire raccolti in una figura che si troverà a giocare diverse funzioni nell’ambito dell’economia narrativa del film»26; la sintesi drammatica avviene quando «il processo di condensazione arriva a porre in immediata successione due eventi drammatici forti e, solitamente, di natura opposta»27 (come per esempio la scena di una donna che dice: “Non sposerò mai quell’uomo”, seguita dall’immagine della stessa donna, in abito nuziale, davanti all’altare).
L’espansione è, invece, un procedimento a metà tra addizione e sottrazione che sottolinea degli elementi del romanzo dilatandoli nel film: questi ultimi sono quelli che Francois Truffaut chiama momenti privilegiati, cioè situazioni chiave del romanzo che per la loro natura si prestano maggiormente alla trasposizione audiovisiva.
Ai già descritti principi possiamo aggiungere la variazione e lo spostamento. La variazione avviene quando un elemento del romanzo è presente nel film, ma con caratteristiche diverse (come per esempio un duello che termina con una morte anziché un ferimento); lo spostamento avviene quando un certo evento o situazione è presente in entrambe le opere, ma in momenti diversi dell’intreccio, con tutto ciò che ne consegue.
Ultimo principio che descriviamo è quello dell’equivalenza, dove alcune scene importanti del romanzo, vengono sostituite da altre perché non possono essere girate (resta poi da chiarire quali scene non possano essere girate e soprattutto se siano impossibili da girare per tutti).
Non meno importante delle precedenti problematiche è quella della voce narrante: ci si chiede se affidare la narrazione alla parola non sia un cedimento alla letteratura e una rinuncia del cinema al proprio linguaggio specifico.
La “voice over”, come la chiamano gli inglesi, è un testo orale che accompagna un testo audiovisivo e proviene da uno spazio – tempo altro rispetto a quello della diegesi; essa non è dentro la storia del film e non è una “voice off” (voce fuori campo): è una voce che possiamo sentire solo noi spettatori, e  non è percepita dai personaggi. Essa può essere in prima o terza persona a seconda che si riferisca al racconto di un personaggio o a quello dell’autore; è comunque un testo orale e non scritto (sono rare le didascalie) e anche per questo si differenzia dal resto del racconto per la materia d’espressione (oralità piuttosto che immagini); si presenta in forma intermittente, rispetto alla voce narrante del romanzo.
A seconda di come si svolge il rapporto tra la voce narrante e le immagini possiamo determinare un rapporto di ridondanza, nel quale immagini e parole dicono le stesse cose; di contrasto, nel quale immagini e parole dicono cose in opposizione fra loro; di complementarietà nel quale immagini e parole dicono cose diverse che si integrano fra loro in un quadro ricco e articolato.
Descritti i diversi procedimenti e la questione della voce narrante, consideriamo che il problema di fondo dell’adattamento rimanga comunque quello della trascrizione intersemiotica, cioè dello trascrivere testi che ragionano con semiotiche differenti e hanno di conseguenza diverse possibilità.


25 Sara Cortellazzo, Dario Tomasi, Letteratura e cinema, Bari, Editori Laterza, 1998, p. 19
26 Ivi, p. 23
27 Ibidem

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