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Quel colpo di genio di... Coda

Derek Jarman e Oscar Manesi: sono loro i due artisti cui il regista Giovanni Coda ha dedicato a Cagliari una rassegna ricca di titoli. A Manesi, incisore argentino, l'omaggio del suo ultimo film “Big Talk” e una mostra fotografica allestita a Parigi. di Maria Elena Tiragallo 

 Film e corti in onore del regista inglese Derek Jarman. Si è tenuta al cine teatro Alkestis di Cagliari  la rassegna cinematografica “I Contest 2007”, organizzata dalla cooperativa Maya Inc con la direzione artistica di Giovanni Coda. Quattro sere dedicate interamente al regista della libertà, al pittore della cinepresa, al poeta del cinema, Derek Jarman.
Ad essere proiettati i film “Blue”, “The Angelic Conversation” e “Sebastiane”.  Imperdibile anche l’ultimo lavoro del regista Giovanni Coda “Big Talk. El Amor que desune” ispirato alla vita dell’incisore argentino, Oscar Manesi.
Ecco cosa ci ha raccontato il direttore artistico, reduce da una mostra fotografica, in corso a Parigi, dedicata anche questa a Oscar Manesi e Gianni Toti.
 
Perché ha scelto i film di Jarman?
Derek Jarman è uno dei più grossi artisti, non è un semplice regista, è anche un pittore, uno sceneggiatore, un poeta.
 
 Non a caso a inaugurare la rassegna è stato il film “Blue”, che è un racconto profondo dei pensieri del regista.
“Blue” è molto significativo. Jarman è cieco a causa dell’Aids, riesce a percepire solo il colore blu, e sullo schermo completamente azzurrato scorrono voci dei suoi attori di sempre, Tilda Swinton, Nigel Terry e Jo Quentin, accompagnate dalle musiche. Il film è straziante, perché è il racconto dei pensieri di Barman sulla malattia che lo ha portato alla morte. La morte è affrontata con la passione e la volontà di vivere che lo ha sempre contraddistinto.
 
Il film “The Angelic Conversation” prende spunto da Shakespeare, pilastro della letteratura inglese, ma ha anche un’evoluzione tecnologica.
Attinge dai Sonetti di Shakespeare, la voce intensa di Judi è accompagnata da immagini sognanti come spiagge e giardini, interrotte da immagini di paesaggi aridi, per rappresentare l’alternarsi di gioia e dolore. E’ girato in super 8 e in video, montato in video, trasferito in 35 mm e sonorizzato.
 
 “Sebastiane” ha un legame con la Sardegna?
Il film è una ricostruzione provocatoria del martirio di San Sebastiano, recitato interamente in latino, è girato in Sardegna, Costa Verde e Cala Domestica le location. Le ho trovate particolarmente interessanti.
 
Quando è nata l’idea di organizzare una rassegna del genere?
Sono tutti film difficili, per esempio in “Blue” l’attenzione  è posta non tanto nell’immagine cinematografica, ma sei tu spettatore  che ti crei la tua immagine, con la tua creatività. Tutto è partito tre anni fa con tre registi diversi: Jarman, Greenaway e Polanski. La prossima edizione sarà dedicata a Greenaway. Hanno in comune questi tre registi un taglio differente dell’immagine. Hanno una ricezione di tutte le arti, alcuni film sono come dei quadri in movimento, hanno in comune la narrazione per immagini fatta anche con altre forme d’arte. Greenaway è il più estremo, Polanski il più cinematografico.
 
  A chiudere la rassegna il suo “Big Talk” che è stato in pochi mesi già presentato all’estero. Com’è andata?
A Parigi e a Barcellona è stato accolto benissimo, il teatro ha registrato il tutto esaurito per tre giorni consecutivi. A novembre sarà presentato a Madrid, a dicembre a Londra, ora parteciperà anche ai festival che si terranno in Spagna e poi ad Amsterdam, per osservare le reazioni di società diversa dalla nostra. Sarà presentato  anche a Tokio, ma ancora non si sa la  data. Il risultato è positivo perché la gente ha capito che deve essere predisposta a vedere un film complesso.
 
Successo anche nel campo della fotografia. A Parigi, c’è in corso una sua mostra  dedicata sempre a Oscar Manesi, di cosa si tratta?
Ho reso omaggio a Oscar Manesi, incisore argentino, anche con un’altra arte che mi appassiona  molto: la fotografia, avevo la necessità di esprimermi con altri mezzi. “Passage Parcrtonique” è l’installazione presente all’interno della manifestazione “Les Arts Florisants de la Sardigne”, sono nove pannelli che formano un quadro di grandi dimensioni. Non è un caso che sia stata fatta a Parigi, perché Oscar amava Parigi.