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Il principe Alliata e la "guerra tra vulcani"

E' andata in scena un pezzo di storia del cinema sabato scorso a Cagliari. Il raffinato regista e produttore ha incontrato il pubblico per una serata all'insegna della memoria legata al cinema e alle sue isole.  di Elisabetta Randaccio

cinemecum.alliataHa avuto la piacevole caratteristica di una lezione sul documentario classico, l'incontro con Francesco Alliata, regista e sperimentatore, svoltosi il 10 novembre al Teatro Alfieri di Cagliari. E' stato qualcosa in più di un “omaggio alla sicilianità”, come ha detto, presentando la manifestazione, l'assessore alla cultura Giorgio Pellegrini, che ha ideato l'iniziativa; è stata, infatti, aperta una pagina del nostro cinema inspiegabilmente dimenticata per troppo tempo.
Inoltre, è stato sottolineato come la produzione di Alliata si inserisca adeguatamente nello spirito del “Cinema e le isole”, un progetto che sia Pellegrini sia Enrica Anedda di Cinemecum, vorrebbero si ampliasse organicamente e coinvolgesse tutti quelli che lavorano con le immagini in Sardegna.
I documentari del regista siciliano, restaurati dalla Cineteca di Bologna tra il 2005 e il 2007, hanno rivelato le passioni, i pregi tecnici, l'attenzione antropologica di chi ha fissato nella pellicola tradizioni, paesaggi, visi, costumi di una Sicilia, ormai scomparsa, materiale palpitante per ricostruire la nostra memoria storica e etnografica.
 
cinemecum.alliata1Durante la serata, Francesco Alliata ha commentato i sei documentari da lui girati e prodotti tra il 1946 e il 1949 (Cacciatori sottomarini, Isole di cenere, Bianche Eolie, Tonnare, Tra Scilla e Cariddi, L'opera dei pupi) e ha ricordato, grazie alle domande del critico Gianni Olla, le sue prime esperienze cinematografiche e la genesi della sua casa di produzione, la Panaria.
 “Durante la guerra ho contribuito a formare i cosiddetti cinereparti. Sono stato assegnato al reparto 13, un numero che mi ha portato molta fortuna, visto che, nonostante abbia girato sotto i più violenti bombardamenti non mi sono mai fatto un graffio” ha raccontato il regista, aggiungendo “Con la creazione della Panaria non volevamo sfidare nessuno.
Volevamo far conoscere alla gente le attività tradizionali della nostra terra. Senza accorgercene, abbiamo fissato sulla effimera celluloide piccoli eventi storici. A 35 anni dal termine della mia attività cinematografica, una docente universitaria hariscoperto i miei documentari e si è data da fare per rintracciare i materiali originali.
 
cinemecum.magnaniDal 1993 stiamo cercando di ritrovare tutti i film girati nel dopoguerra”. Alliata ha anche raccontato la complicata storia della produzione di Vulcano, - proiettato a conclusione della manifestazione - , ricordando l'amicizia con la famiglia Rossellini (oltre Roberto, il musicista Renzo, autore delle colonne sonore di tutte le sue opere, e Marcella che si occupò del commento parlato) e come l'innamoramento di Roberto per Ingrid Bergman scompaginò una produzione già avviata.
 
Ad Anna Magnani erano stati dati ben 40 milioni e la prestigiosa United Artists si doveva occupare della distribuzione. Rossellini realizzò il suo film, diventato poi Stromboli, mentre la Panaria dovette cercare un altro sceneggiatore e regista per concludere il progetto, diventato il più chiacchierato dell'anno. Così, nacque quella che venne definita la "guerra dei vulcani". Il commento di Alliata sui suoi documentari è stato ricco di notizie.
Cacciatori sottomarini, il primo ardito tentativo di usare la cinepresa sottacqua, venne girato dai “ragazzi di Panaria” in  “45 giorni, senza nessuna sicurezza di riuscita”.  Isole di cenere, un vero capolavoro, è ambientato tra Vulcano e Stromboli, isole attanagliate dalla povertà, mostrate tra angoscia e imponenza: piccole eruzioni le solcano, mentre gli abitanti sfruttano la cenere calda per cucinare.
 
cinemecum.locandina.vulcanoPoesia e perizia tecnica compongono questo corto, fotografato da Fosco Maraini (“gli feci un corso professionale in un giorno, ma la sua brillante creatività si può notare”). Per Tonnare, il primo film dove la cinepresa è immersa nella “camera della morte”, fu utilizzato “un magnetofono di un reporter straniero per registrare i canti e i rituali dei pescatori che ci accettarono come parte della loro comunità.” Bianche Eolie, ancora fotografato da Fosco Maraini, è un altro gioiello. L'antico mestiere dei cavatori di pomice è narrato in maniera epica e drammatica. Tra Scilla e Cariddi ci racconta un'altra storia di mare: la pesca del pescespada nelle acque vorticose dello stretto di Messina (“L'acqua ribolle per la corrente. Ha una velocità di 4 nodi. Dovemmo inventare un dispositivo particolare per le riprese: l'iposcopio.”).
Infine, L'opera dei pupi accentua l'anima sperimentale di Alliata: alterna le riprese in un teatrino popolare (“avevo fatto un buco nel sipario per riprendere le reazioni della gente che partecipava attivamente allo spettacolo”) a esterni dove agiscono le affascinanti marionette. La scena di Angelica legata allo scoglio e minacciata dal drago è un pezzo di grande cinema.
 
Clicca per il resoconto video della serata e per l'intervista video a Francesco Alliata, di Enrica Anedda