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"Riparo" di Marco Simon Puccioni

di Ignazio Sanna
 
PRIMA DELLA VISIONE

Riparo.CinemecumCon “Riparo” Marco Simon Puccioni giunge al suo secondo lungometraggio dopo “Quello che cerchi” (2001). Presentato al festival del cinema di Berlino del 2007 nella sezione ‘Panorama’ ha come tema centrale l’amore tra due donne, l’operaia Mara e la borghese Anna, interpretate rispettivamente dalla slovacca Antonia Liskova (già vista in “C’era un cinese in coma” di Verdone) e dalla portoghese Maria De Medeiros (già vista nel musical “La canzone più triste del mondo” con Isabella Rossellini). L’incontro fortuito con il maghrebino Anis, interpretato dall’esordiente Mounir Ouadi, non sarà privo di conseguenze per le vite di tutt’e tre i personaggi.
La filmografia a carattere omosessuale è abbastanza ricca, esistono anche dei festival tematici, come quello internazionale di Torino. In questo caso siamo lontani sia dal modello dell’impegno gay che da quello parodico dei film alla “Il vizietto”. L’intento del regista sembra essere quello di indagare sui rapporti delle minoranze con la società, che come sappiamo anche dalle vicende contemporanee in Italia sono spesso molto difficili.

 Marco Simon Puccioni. CinemecumDOPO LA VISIONE

Nel pubblicizzare la pellicola si è sottolineata probabilmente più del necessario la componente lesbica del film, basato sul soggetto di Clara Ferri e Monica Rametta, che non ne è il centro assoluto. Tuttavia ne è una componente essenziale, assieme ad altre due: il conflitto tra le classi sociali e il confronto con l’altro da sè, che sempre più spesso nell’Italia di oggi è rappresentata dall’emigrato, a maggior ragione se clandestino. Si tratta di tre aspetti che mettono alla prova la capacità di accettare la diversità. Quella della famiglia di Anna, alta borghesia, è messa alla prova dalla sua condizione di convivente con Mara, operaia nella fabbrica di sua proprietà. E quella di Mara di accettare che la sua compagna decida di aiutare un minorenne clandestino con il quale le due donne si trovano ad avere a che fare.
 
Riparo. cinemecumLa prima, più giovane e bellissima, ha sul viso l’espressione dura di chi è abituata a lottare ogni giorno per la sopravvivenza e quindi non fa sconti a nessuno. La seconda, di dieci anni più grande è dolce e comprensiva (chi non vorrebbe una compagna così?), e quindi tratta il giovane marocchino come un figlio. Ma quando nel finale i nodi verranno al pettine le posizioni dei tre saranno molto diverse rispetto a quelle iniziali. Eppure non c’è molto spazio per stabilire chi abbia ragione e chi torto. Ciascuno di loro ha contemporaneamente torto e ragione, quasi come se i loro comportamenti fossero qualcosa di inevitabile, il prodotto di un meccanismo interno che costringe ognuno nel proprio ruolo, a scapito dei rapporti con gli altri e della propria felicità. Tanto più quanto più cercano spazi di realizzazione autonoma. E’ un’amara verità quella che Mara dice ad Anna nel finale: “Tu non sei stronza, sei soltanto una che si può permettere il lusso di essere buona”.

 Riparo. cinemecumIn conclusione, si tratta finalmente di un gran bel film italiano, che merita un successo di pubblico che difficilmente potrà avere, e lo merita anche grazie alle splendide interpretazioni in lingua italiana di due attrici straniere e di un ragazzino venuto dal nord dell’Africa che ha tutti i numeri per continuare a fare l’attore.


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