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Percorso

"Caos Calmo" di Antonello Grimaldi

di Monica Aschieri

 Dire della corazzata Potyomkin: “è una cagata pazzesca”, non si può più. Vietato.
E’ stato censurato  anche Fantozzi. Vi è concesso soltanto, “boiata”!
Ebbene, Caos Calmo il film di Grimaldi – Moretti o viceversa a piacere.. è una cagata pazzesca!
E’ il film tratto dall’omonimo romanzo di Veronesi.
E’ il film del vorrei ma non posso!
E’ il film del ci sto provando ma non mi riesce.
E’ il vendersi per delicato ma in sostanza è delicato perché manca di profondità.
Ora dovrei raccontarvi la trama, la trametta, diciamo. E mi viene male. Perché trama in sé, non c’è.
Eccoci! Ci proviamo! Uno, un uomo, nello specifico Pietro Paladini alias Moretti, gioca una partita a racchettoni in spiaggia col fratello, (un molto bravo, l’unico personaggio centrato del film, Alessandro Gassman ) quando una richiesta d’aiuto giunge dal mare, i due si lanciano nelle acque salvando due donne. Paladini e il fratello rientrano a casa e trovano spiaccicata al suolo la moglie di Paladini/ Moretti, chiaramente morta. Il protagonista e marito “impazzisce”, e non va più a lavorare (tanto è ricco) non fa più nulla, tranne che accompagnare la figlia a scuola ogni mattina e aspettarla seduto su una panchina sino alla sera. Trascorre le giornate in una piazzetta di fronte la scuola della figlia, leggendo giornali, facendo spuntini, diventando man mano un punto di riferimento, una sorta di guru, per gli abitanti del quartiere, per i suoi amici, parenti, colleghi di lavoro etc che lo vanno a trovare, vanno a raccontargli della loro vita, delle loro perplessità, le loro speranze.
 
Tutto molto calmo, molto equilibrato, molto normale. Accettato. Condiviso. Tutte le persone della sua vita si muovono attorno a lui e spuntano fuori ogni tanto come funghi poco credibili. Dalla cognata, impersonata da Valeria Golino, che andrebbe “terminata” (leggi fulminata) all’inizio del film, perché inverosimile, surreale, ridotta ad una isterica e sterile macchietta; all’amico collega Silvio Orlando.
 
 Personaggi sputati catapultati in una scena, un contesto in cui sono estranei, sono poco credibili, superflui, aggiunti a casaccio, non omogenei, fasulli, finti. L’imbecille col cane Kasia Smutniak, che ogni giorno vede Moretti seduto sulla panchina e lo saluta, come una demente matricolata, senza mai dire o fare niente, se non sorrisetti ebeti. Imitazione di una realtà immaginaria che non rende, i soliti personaggi, dei soliti film italiani radical scic, che vogliono o vorrebbero raccontare un mondo che a loro piace ma che non esiste e non riescono a farlo esistere nemmeno nell’immaginario, vorrebbero essere diversi, poetici, e non ci riescono, mai.
 
Sino alla tanto vituperata o osannata, a seconda.. scena di sesso con una bella e conturbante Isabella Ferrari, che però non dà e non toglie. Non regala, se non il bel culo della Ferrari, appunto, che meglio non potrebbe chiamarsi. Una scena totalmente gratuita. Fuori contesto. Ben descritta, ben recitata ma assolutamente inutile, un corto dentro il film. Un bel corto, dentro un brutto film. Poi un giorno, la figlioletta di Paladini Moretti, dice al padre, “papà, perché non vai a farti un bel giro lontano da qui?”.. o qualcosa di simile, e così, lui, guarisce, e potrà tornare alla sua vita o a quello che riterrà più opportuno, chi se ne frega. E tutti vissero deficienti e contenti. Fine.
Ecco questa è la trama. La trama di un film, una storia che alla fine voleva raccontare di un lutto, dell’elaborazione del lutto. Passando per un uomo e per una panchina dove varia umanità si confessa, trasformando il dolore in dialettica. Un percorso di conoscenza e di indagine razionale sulla insostenibile leggerezza del dolore. Ed è qui che fallisce. E’ qui che diventa consunto. Trito e ritrito. E’ qui che diventa macchietta, nel ricercare quella fantomatica leggerezza, nel voler dire senza dire, dare senza dare, far vedere, senza vedere.

 Bene. Queste cazzate, questi giochetti post Freudiani, con me non funzionano, non hanno presa. Questo è un filmetto adatto a chi ha una vita rosa, a chi non ha conosciuto il dramma, atroce, di un lutto, vero. Non provateci a venire da me. Non provate a raccontarmelo, non tentate nemmeno, senza che sia sentito, ma sentito vero, sanguinante. Perché io vi buco il petto, vi strappo il cuore e me lo mangio. Non raccontatemi puttanate. Non le voglio sentire. E poi, non so dove abitiate voi, ma se nella piazzetta di fronte alla scuola di mia figlia, un tizio, si fosse fermato in una panchina, a guardarsi intorno, senza lavorare, senza far niente, tutto ben vestito, dopo due ore al massimo gli avrebbero chiamato una pattuglia della polizia, pedofilo, spacciatore, qualcosa avrebbero trovato, altro che guru!!! E guru!

Voto 6. Grazie all’interpretazione di Moretti, che è davvero bravissimo.
Il film esiste perché c’è lui, il resto è politica! Che non vuol dire noia, ma oggi come oggi, inutile abominio.
 
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