Percorso

A Torino come al Sundance

Il 2 aprile la città sabauda festeggia il primo anno del fondo italiano per il documentario. Cartellone ricco di titoli, pioggia di denari e amministrazioni che si danno da fare. Così il Piemonte ci fa mangiare ancora un po' di polvere. E aiuta davvero i giovani. di Donatella Percivale

Stragi terroristichePer fare le cose in grande e celebrare il prossimo 2 aprile il primo fondo italiano per il documentario Torino ha chiamato il regista Stefano Caselli, figlio del procuratore generale Giancarlo, autore del lungometraggio "Anni spietati. Una città e il terrorismo. Torino 1969-1982", storia degli anni di piombo e dei suoi 26 morti.
Già regina della fiction e di una delle Film commission più forti dello stivale, adesso Torino appoggia un'altra battaglia: quella di dare lustro e lunga vita all'arte del documentario. Cianciando poco e facendo molto. E lo fa a partire da subito, con un investimento di 650mila euro messi sul piatto dalla Regione Piemonte e la Compagnia di San Paolo, con una giornata di convegno e con la presentazione di alcuni dei 54 documentari sostenuti dal Piemonte Doc Film Found sorta di laboratorio permanente per la produzione di film destinato ai giovani registi e produttori, sulla linea del Sundance Festival di Robert Redford.

Torino «Se per raccontare l’Italia del boom economico non si poteva prescindere da film come "Il sorpasso" o "I mostri", per dar conto dell’Italia di oggi non si può prescindere dalla produzione documentaria, troppo spesso clandestina», ha commentato Stefano Della Casa, presidente di Film Commissione Torino Piemonte. E proprio i dati del Piemonte Doc Film Found, che in un anno ha ottenuto un inatteso successo e sostenuto 52 documentari (circa la metà dei documentari prodotti in Italia) saranno uno dei temi del convegno nazionale "Follie del Documentario" presenti esperti di cinema e di produzione come Franco Scaglia, presidente RaiCinema, Carlo Freccero, presidente RaiSat, Loris Mazzetti, capostruttura RaiTre per anni vicino ad Enzo Biagi, Fabrizio Grosolo, responsabile documentari Fandango. Un’occasione per valutare la modernità assoluta di un genere che oggi sta attraversando un'epoca d’oro, incarnando, meglio di altri (docufiction e reality compresi), la complessità della realtà.
 
«Ho scelto il documentario - ha spiegato Stefano Caselli, giornalista e regista - per provare a raccontare ai ventenni e ai trentenni che del terrorismo sanno pochissimo, un pezzo di storia che ha segnato l’anima del nostro paese. Nessuno di loro, o quasi, sa che in quegli anni morirono in città 26 persone. E per fare il film ho deciso di dar voce non ai terroristi che voce ne hanno avuta molta fino ad oggi, ma alle vittime».

Stragi terroristiche in Italia E' grazie dunque alle risorse certo, ma anche all'appoggio delle amministrazioni, che Torino e il Piemonte sono diventati una sorta di casa del documentario. Già dal primo bando, spiegano i responsabili, sono stati presentati 201 progetti provenienti da tutta Italia e molti anche dall’estero. Segno che il Piemonte fa scuola e che da oltr'alpe ci guardano. Tra gli altri film realizzati con il fondo segnaliamo "Oltre la paura-Bruno contro la mafia", di Alberto Coletta, "Intervista a Bruno Piazzese, vittima di mafia"; "Il caso Rosselli-un omicidio di regime" di Stella Savino, "Morire di lavoro" di Daniele Segre, sulla tragedia della Thyssenkrupp; "Il profumo del prato verde" di Giorgio Gambino e "Sara Mansour", storia della squadra femminile Torino Calcio.
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