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C'è una rosa nuda nei pensieri di Coda

L'autore venuto alla ribalta nella scena sarda con "Big Talk" si inabissa nei territori della sperimentazione col suo nuovo lungometraggio in pellicola tratto dalle memorie inedite di Pierre Seel. L'intervista. di Elisabetta Randaccio

Quando si discute di cinema in Sardegna si tende a citare i registi di fiction o, con una certa timidezza, gli autori di documentari. Si dimentica colpevolmente che nella nostra isola esiste una variegata e rilevante produzione sperimentale di video arte realizzata da autori di ottimo livello, che traggono, spesso, le loro soddisfazioni maggiori all'estero. Nei confronti di questo settore, la critica dovrebbe essere più accorta e meno snobistica, mentre il pubblico partecipa sempre attentamente alle manifestazioni e alle rassegne.
In tale contesto, forse, è riduttivo inserire i lavori di Giovanni Coda che ha alle spalle una carriera professionale importante, le cui installazioni hanno trovato spazi in musei francesi (al Salle Cube di Parigi) e giapponesi (al Salone Culturale dell'Università di Aoyama), e che con il suo ultimo film, "Big Talk", sembra aver concluso un approfondito percorso nell'universo sperimentale del linguaggio cinematografico. "Big Talk", girato in Sardegna, è un prodotto di respiro “europeo”. Partendo da un lettura emozionale dell'opera di Frida Kahlo, racconta la realtà attraverso l'inconscio, le associazioni mentali e iconografiche, striate di dramma, ma pure di sottile ironia.
 
Dopo la realizzazione “sofferta” di questo film, Coda ha avuto l'esigenza di provare altre strade. L'occasione per una ennesima sperimentazione è stato lo spettacolo teatrale "Il Rosa Nuda", tratto dalle memorie, inedite in Italia di Pierre Seel: Io Pierre Seel, deportato omosessuale (1994), che racconta la discesa nell'inferno del lager nazista di un ragazzo appena diciottenne. Seel riuscì a evocare quei giorni traumatici solo negli ultimi anni della sua vita. La messinscena ha avuto un buon successo e successivamente è nata l'opportunità di trarne un film. Abbiamo chiesto a Giovanni Coda cosa unisca "Big Talk" al progetto " Il Rosa Nuda".
Già in Big talk era evidente un passaggio netto dalla struttura espressiva della video arte, della video poesia a una forma più “cinematografica”: per esempio, un uso nuovo del piano sequenza.  Per certi versi, ho riassunto le esperienze passate attuando modalità linguistiche nuove. Quindi, in realtà, quello che è stato "Il Rosa Nuda" in teatro e ciò che diventerà su pellicola, ha un suo punto di partenza, di riflessione artistica già in "Big Talk". Sia per la messa in scena che per il film siamo partiti dall’autobiografia di Pierre Seel, mai pubblicata in lingua italiana. Si tratta di una testimonianza drammatica sull’esperienza che il giovane Pierre ebbe durante la deportazione nel lager di Schirmeck, rivelata al mondo quando era ormai già anziano, sfidando l'opposizione dei suoi familiari.
 
Come è stato l’approccio teatrale per un regista cinematografico?
Ho pensato lo spettacolo come se fosse un video, con la stessa struttura formale e, poi, sono presenti nella messinscena una serie di richiami al cinema, comprese alcune immagini che avevo girato per "Big Talk".
L'incipit di "Il Rosa Nuda" è per lo spettatore spiazzante e drammatico: vediamo un ragazzo nudo con un secchio in testa. Solo successivamente capiamo che si trattava di un'anticipazione della tortura subita da un deportato.
Infatti è un richiamo alla terribile storia di Seel che assistette all’esecuzione capitale del giovane con cui aveva avuto una storia d’amore. Erano due ragazzi di 17 anni, dopo la separazione forzata, non sapevano di essere stati rinchiusi nello stesso lager. Pierre vede Jo mentre viene sbranato dai cani dei carcerieri nazisti e le urla del poveretto venivano amplificate da un secchio che gli era stato conficcato in testa. Un’esperienza orribile che Pierre non dimenticherà mai.
 
Può fare un bilancio di questa avventura teatrale?
"Il Rosa Nuda" è andato bene. E' uno spettacolo non convenzionale, ma mi è capitato di vedere, a conclusione della rappresentazione, gli spettatori commossi. La critica, poi, ha dato buoni giudizi.
 
Come è nata l'idea di trasformare "Il Rosa Nuda" in un film?
Intanto si trattava di concludere un percorso artistico iniziato, ormai, anni fa. Dopo l'esperienza in palcoscenico, ho contattato Peter Marcias per realizzare una sceneggiatura dal testo di Seel. Mi immagino che il film sarà coerente con il mio modo di interpretare il cinema, per quanto sicuramente sarà più accentuata la dimensione narrativa rispetto agli altri miei lavori. Penso a un film contaminato con la video arte, che non deve necessariamente spiegare ogni dettaglio allo spettatore; insomma non didascalico, in linea con i miei punti di riferimento artistici: Greenaway, i fratelli Coen, Terry Gillian.
 
Ritroveremo gli interpreti della versione teatrale?
Stiamo prendendo vari contatti. Saranno certamente nel cast Riccardo Bartolini, Luca Crippa e Guido Tuveri, che hanno partecipato alla messinscena. Il film sarà prodotto e distribuito da Movie Factory e sarà girato in pellicola, in Sardegna, in location particolari che ho già individuato nei dintorni di Carbonia.