Jimmy della collina: metafora di una fuga verso un altrove impossibile - E. Mangia
di Eugenio Mangia
Un adolescente corre, ansima, corre ancora, sembra non potersi fermare più. Certamente fugge!La macchina da presa non gli si stacca da dosso. È inseguito, braccato “da fuori”, ma anche “da dentro”. A non mollarlo sono il fiato dei suoi inseguitori e una sequenza di immagini allucinate che scorrono, lo incalzano e si accavallano nella sua mente.
Adesso quello stesso adolescente chiacchiera con due amici su un muretto prospiciente il porto. Sullo sfondo l’immagine fredda di una raffineria con le alte ciminiere simili a fusti di alberi metallici, sormontate da chiome di fuoco che conferiscono al cielo uno spettrale colore rosso.
Desolazione, acqua, sirene e tanto fumo grigio.
La raffineria petrolchimica è quella di Sarroch, uno stabilimento che Pau fa assurgere ad emblema dei tanti nonluoghi sorti nelle periferie delle città, i quartieri ghetto, i quartieri dormitorio, gli impianti industriali, ambienti che rappresentano il risultato di uno sviluppo industriale spesso “disumano” e che – parafrasando l’etnoantropologo francese Marc Augè - nel loro essere privi di memoria e di tradizione non saranno mai in grado di assumere su di sé la patina dell’antico. Destino di tali spazi è quello di divenire, già appena costruiti, sporchi e fatiscenti e di non potere essere in alcun modo amati o apprezzati da chi pur li vive.
E come sembra voler suggerire il regista già dalle prime sequenze del film, l’immagine che se ne ricava è quella desolante di uno specchio che rivela l’anima di coloro che li abitano in solitudine, senza relazioni autentiche o supportate dagli affetti con altri individui e con questi spazi, senza una storia o una trama di storie su cui fondare il proprio essere nel mondo.
Tuttavia, come suggestivamente evidenziato da Wim Wenders, quello esercitato da alcuni luoghi e dai loro suoni è un fascino misterioso, un richiamo che evoca e suggerisce una storia.
Ci sono paesaggi – afferma il noto regista tedesco – siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani o tratti costieri, che reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie e se le creano. Sentiamo che deve accadere qualcosa; non sappiamo che cosa, pur tuttavia ci mettiamo a cercarlo. Certi giardini reclamano a tutti i costi un delitto; certe vecchie case esigono di essere popolate da fantasmi; certe coste sono messe da parte per i naufragi. E ancora, altri luoghi sembrano rispettosi del loro destino, suggestivi e impenetrabili.
Ma quale storia possono evocare il quartiere Sant’Elia di Cagliari, la raffineria di Sarroch, un carcere minorile o una comunità di recupero per giovani detenuti?...
Desolazione, acqua, sirene e tanto fumo grigio.
La raffineria petrolchimica è quella di Sarroch, uno stabilimento che Pau fa assurgere ad emblema dei tanti nonluoghi sorti nelle periferie delle città, i quartieri ghetto, i quartieri dormitorio, gli impianti industriali, ambienti che rappresentano il risultato di uno sviluppo industriale spesso “disumano” e che – parafrasando l’etnoantropologo francese Marc Augè - nel loro essere privi di memoria e di tradizione non saranno mai in grado di assumere su di sé la patina dell’antico. Destino di tali spazi è quello di divenire, già appena costruiti, sporchi e fatiscenti e di non potere essere in alcun modo amati o apprezzati da chi pur li vive.
E come sembra voler suggerire il regista già dalle prime sequenze del film, l’immagine che se ne ricava è quella desolante di uno specchio che rivela l’anima di coloro che li abitano in solitudine, senza relazioni autentiche o supportate dagli affetti con altri individui e con questi spazi, senza una storia o una trama di storie su cui fondare il proprio essere nel mondo.
Tuttavia, come suggestivamente evidenziato da Wim Wenders, quello esercitato da alcuni luoghi e dai loro suoni è un fascino misterioso, un richiamo che evoca e suggerisce una storia.
Ci sono paesaggi – afferma il noto regista tedesco – siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani o tratti costieri, che reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie e se le creano. Sentiamo che deve accadere qualcosa; non sappiamo che cosa, pur tuttavia ci mettiamo a cercarlo. Certi giardini reclamano a tutti i costi un delitto; certe vecchie case esigono di essere popolate da fantasmi; certe coste sono messe da parte per i naufragi. E ancora, altri luoghi sembrano rispettosi del loro destino, suggestivi e impenetrabili.
Ma quale storia possono evocare il quartiere Sant’Elia di Cagliari, la raffineria di Sarroch, un carcere minorile o una comunità di recupero per giovani detenuti?...