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"Juno" di Jason Reitman

di Emanuela Corda

Locandina di Attrice protagonista Ellen Page, regia  Jason Reitman. La storia è quella di sempre. Un' adolescente alle prese con una maternità inaspettata. Un canovaccio che sarebbe potuto franare nella banalità del qualunquismo di un cinema che scompone e divora gli eventi della vita quotidiana, per riproporli nudi e crudi infinite volte, senza tener conto delle “sfaccettature” che li caratterizzano...

“Juno” è una storia dunque “già nota”, ma anche e soprattutto, una spiazzante pellicola che fino all'ultimo minuto non smette di sorprendere. Merito di una regia asciutta che ha saputo valorizzare il soggetto originale firmato “Diablo Cody” (una penna da Oscar) senza mai cedere alle convenzioni e ai facili luoghi comuni. Con il film Juno, il regista Jason Reitman continua a stupire dopo l'originale commedia “ Thank you for smoking”, affrontando la materia più delicata del “privato”. La protagonista ha una faccia che non si dimentica. Un'anima forte e fragile allo stesso tempo.

Scena tratta da È una figura positiva che si muove con sublime eleganza in un contesto fatto di mode giovanili, conformismo e indifferenza di nuove e vecchie generazioni. Vizi e  noie di un mondo che tuttavia non ne intacca la purezza individuale e il libero arbitrio. In questo mosaico di persone e personaggi, la giovanissima Juno alle prese con una nuova vita che cresce dentro di lei, mantiene la spensieratezza dell'età, pur riuscendo a tirar fuori la “donna” dinnanzi alla decisione più importante. La scelta, accompagnata nel suo iter ora dai pianti, ora dai sentimentalismi del caso, è rafforzata dall'elemento familiare. Una sorta di “club” dove un padre poco attento ma accondiscendentemente buono, e una matrigna finta-severa, fanno semplicemente da contorno alla vicenda umana di una piccola donna che fa tutto da se. Artefice assoluta del proprio destino e di quello del suo futuro bebè, la piccola-grande Juno opterà per l'adozione, scegliendo una famiglia “perfetta”.

Scena tratta da Divertente e paradossale nel suo cinico realismo, Juno ha tutti gli ingredienti del “capolavoro”. Semplice e mai scontato, disilluso, ma pieno di speranza, descrive perfettamente la contraddittorietà dei sentimenti, dando vita a continui capovolgimenti di fronte, per arrivare ad un finale decisamente “spiazzante”. Dinnanzi alla scoperta che vede lo spettro della separazione tra i coniugi scelti per far da genitori al suo bimbo prima ancora dell'affido, Juno riuscirà a scorgere la “verità” dell'essere madre. Abbandonata dunque l'illusione della stereotipata famiglia perfetta, porterà avanti tenacemente l'idea dell'adozione con quella stessa donna che non avrà più un compagno accanto a se. Come un'eroina di un femminismo che non si trincera dietro le soluzioni di comodo o i rimedi della medicina, ma che affronta le proprie responsabilità, Juno diventa grandissima. Grande è il suo acerbo e scorbutico gestire la gravidanza inattesa. Immenso è il suo gesto umano che suggella una forse “ideologica” complicità femminile, ma che certamente fa sognare, ridisegnando i controni di una storia triste, facendola diventare una favola moderna in salsa agro-dolce.