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Marcel Proust mi osserva

 di Quintina Culurgioni

Marcel ProustMarcel Proust mi osserva, mi segue, mi aspetta. E’ l’Angelo custode della mia biblioteca.  Lascia che il mio io ondeggi, vaghi, fluttui…. Psicologo, psichiatra, psicoanalista? Non cita mai Freud  ed i suoi studi, e’ scettico sui risultati della Psichiatria, ma è appassionato della Psicologia. La Recherche  è un trattato di Psicologia. (Marcel Proust, Paris 1870-1920).  Tutta la vita di Proust e tutta la sua arte non possono essere intese senza la presenza visibile e invisibile della malattia. L’infanzia di Marcel è segnata  da un’ asma nervosa difficilissima da curare. Ma è nell’ Adolescenza che si manifestano definitivamente i disturbi nervosi ereditati sia da parte materna che paterna. Il rifiuto della malattia, il tumulto interiore, la creatività acuta e febbrile hanno reso possibile una forma d’auto terapia allora (fine 1800), molto audace, ma oggi consigliata dagli psicoterapeuti. Proust ha esplorato con metodo e rigore l’adolescenza come manifestazione della malattia. Non l’infanzia, non la giovinezza avrebbero potuto creare la conoscenza: l’Arte. “L’Adolescence est l’unique age où l’homme apprend quelque chose”; così Proust definì l’età più inquieta, ambigua, indecifrabile dell’uomo. La sua geniale ricerca nell’uomo rimandava ad altri analisti: Platone, Seneca, Sant’Agostino, Maimonide, Montaigne, Pascal, Racine, Diderot, Baudelaire, Flaubert.

E’ presumibile che l’Adolescenza incarni il processo di manifestazione della Malattia. Anche il “Torless” di Robert Musil si esporrà al nuovo secolo, il Novecento, con le sue oppressioni,ambiguità, presagi di Male oscuro. Tutta la vita di Proust  fu segnata dalla Luce e dalla Notte. La Notte divenne il suo Giorno, la sua vita. Abituò alle sue esigenze di difficile clausterità tutti i suoi familiari e amici. Fu un geniale alchimista, fin dall’infanzia convive con boccette, unguenti, pasticche, polveri. Si gestiva anche i tentativi di suicidio, che regolarmente attuava e risolveva nel silenzio più totale. Proust credeva nell’Arte e la riteneva l’unica verità concessa all’uomo. Ma la verità era  racchiusa in una Condizione umana sofferente, ondeggiante, fluttuante, come il suo Io. Un Io recalcitrante, che difficilmente si lascia imprigionare nelle Leggi della Psicologia, Psicoanalisi, Psichiatria. Un Io così “bipolare” avrebbe  accolto il litio? Proust sì, salvo poi riscrivere la sua Recherche con un altro titolo “A la recherche du lithium perdu”.

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