Nessuna consolazione per Marco Bellocchio
Blog di Carlo Rafele
Non si può certo dire che Marco Bellocchio abbia taciuto o dissimulato, nelle numerose interviste, i propri convincimenti, le ragioni originarie del suo cinema, le credenze ideologiche spesso mutate, il farsi e il disfarsi delle spinte centripete che lo hanno portato e lo portano di volta in volta a fissare e indagare una precisa “questione”, mettendo in evidenza la tenacia del regista che sa trasformare un brivido esistenziale nel mormorio della Storia, come insegnano i primi due titoli della vasta filmografia: I pugni in tasca (1965), La Cina è vicina (1967): dagli echi rabbiosi della provincia imbalsamata ai tamburi assordanti di una Comunità politica in formazione