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Ebraismo - A. Matta

"Two lovers" di James Gray

 
''Two lovers''A prima vista , sembra il classico film hollywoodiano, ambientato  tra Brooklyn e Manhattan. Il classico film hollywoodiano “Boy Meet a Girl” e tutti vivono felici e contenti. Invece cosi non è.  “Two lovers” del regista James Gray , in programmazione in questi giorni nelle sale, è un film profondo: storia di un giovane ebreo newyorkese diviso tra due donne:  una  ebrea con cui i suoi genitori vogliono che si sposi a tutti i costi,  per dare una sistemazione economica solida alla famiglia, e una sua vicina di casa ingenua e disinvolta.
Da un lato trovano spazio, in modo naturale e mai invadente o angosciante, la profondità e la complessità dei sentimenti umani, dell'amore, vissuto come elemento fondante del vivere umano, cercato talvolta disperatamente, anche contro un mal di vivere, che ha lasciato segni fisici e morali profondi. Dall’altro lato,  trovano posto le questioni relative al rapporto genitori-figlio,  ma soprattutto, dato che si tratta di in una famiglia ebraica di New York, emigrata dall'est Europa, abitante  a Brooklyn in Brighton Beach, relative al rapporto madre-figlio, con un ritratto  impeccabile della tipica “Yiddish mame” ( mamma yiddish) del mondo ebraico americano e newyorkese. Per la prima volta, il regista James Gray ha abbandonato le sue “crime story”  per dirigere una love story.   Ha fatto centro. Il film risulta gradevole soprattutto grazie alle interpretazioni spontanee e naturali degli attori, prima fra tutte Isabella Rossellini,  nei panni della madre possessiva del protagonista.
 
''Two lovers''Inoltre, il regista Gray prende le distanze dalla classica storia d'amore stucchevole o da film sentimentali su fidanzate e amanti per riprendere  da vicino la descrizione di un sentimento difficile da spiegare e approfondire,  in quanto, più  volte,  portato sullo schermo  alla stessa maniera.  Gray  rendendosi  conto che l'ennesima storia d'amore avrebbe prodotto un sonoro fiasco, ha realizzato un’ indagine profonda nel mondo di  un giovane ebreo newyorkese, diviso tra l'obbedienza a una madre possessiva e le sue naturali necessità di trentenne. Sposare la figlia degli amici di famiglia o scappare di casa con l'amante a lui dirimpettaia, facendo capire alla mamma Yiddish come il suo modo ossessico di stargli vicino  abbia prodotto l’opposto a quello da lei sperato, facendo crescere il povero Leonard insicuro di se, timido, e anche un po’ malato psichicamente e talvolta propenso al suicidio e all'autolesionismo?  In tutto ciò,  Gray prende a evolvere la trama anche ispirandosi a testi come “Le notti bianche” di Dostoevskji. 
 
''Two lovers''Al tutto aggiungendo anche una New York molto reale, livida, cupa, e non la solita New York delle storie d'amore a lieto fine  e con inquadrature della grande mela strette, evitando grandi primi piani sui viali di “Upper East Side” di Manhattan o sui grattacieli. Perfino la metropolitana di New York in cui Leonard e l'amante passano insieme parte di una mattinata è stretta e lugubre, mentre trasporta i due da Brooklyn a Manhattan , al “centro” della “Sodoma del nord”. A tutto ciò, si aggiunge  un finale che non è ne felice ne triste, una specie di “metà strada” che  fa comprendere abbastanza come Leonard, che è  l’ incarnazione perfetta  di quella sorta di “uomo debole degli anni 2000”,  trovi alla fine la sua strada,  in modo non eccessivamente traumatico. Un film ottimo, quindi,  per tutte quelle donne che vogliano realmente cercare di capire cosa passi nella mente di questi maschi del III millennio, di cui in genere tanto si parla e straparla in senso negativo come di quegli uomini che “non sono piu' i maschi di una volta” , ma  in realtà riflettono solamente quel senso di crisi e di precarietà di valori profondi,  che ovunque traspaiono in questi tempi.