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Wall-e

di Elisabetta Randaccio

wall-eIl mondo desolato, invaso da montagne di spazzatura, reliquie di civiltà ormai spente, dove si possono trovare reperti bizzarri come un accendino a pietrina, una VHS che conserva spezzoni di un musical melenso, un cubo di Rubik irrisolto, forchette di plastica, forchette di ferro...

Non è lo scenario di una vicenda “post-umana” genere Io sono leggenda, ma l'ambientazione dell'ultimo prodotto d'animazione Disney.Pixar, Wall-e, sorprendente nel contenuto e eccezionale nella realizzazione tecnica. Nel film, diretto dal regista Andrew Stanton  (già geniale creatore di Toy story e Alla ricerca di Nemo) ci si allontana dagli stereotipi “carini” che alleggeriscono, in genere, anche il cartone animato più innovativo: il realismo delle ambientazioni è inquietante, vicino alle più diffuse previsioni futuristiche e gli uomini divenuti obesi, passivi, a-emozionali, immersi in un'esistenza “felice” in una enorme astronave da crociera guidata da macchine perverse, impostate da uomini idioti (c'è pure un presidente demente che parla, con sorriso ebete, dal passato), provocano ansia e non  solo sorrisi per le loro buffe, patetiche disavventure. Sulla terra, diventata una sorta di grande valle della luna ariostesca dove sono andati perduti (gettati, consumati) gli scarti consumistici del genere umano, vive un robottino arrugginito, Wall-e  alimentato da piccoli pannelli solari. La sua solitudine è compensata dalla compagnia di uno scarafaggio (il personaggio più debole della storia) e, quando arriva dallo spazio una robot super accessoriata dal nome-omen Eve, le cose  sembrano modificarsi in meglio.

EveTra i due c'è la scoperta della comunicazione, del piacere della propria diversità, del divertimento, della condivisione. Ma il loro rapporto non è paragonabile alle vicende sentimentali un po' mielose, un po' patetiche delle animazioni Disney; qui c'è poco tempo per dimostrasi affetto, si è travolti dalle “direttive” previste dagli uomini che hanno mandato Eve a cercare qualsiasi tipo di formazione vivente nella devastata terra. La mancanza di dialoghi è l'elemento curioso e decisamente originale del film, che, ormai si rivolge, come i recenti prodotti Pixar, a un pubblico più adulto (i bambini un po' si annoiano), sensibile all'incrocio di emozioni e di contenuti maggiormente complessi. Wall-e è anche un omaggio raffinato e ironico all'arte di Stanley Kubrick e Arthur Clarke, alla filosofia che reggeva 2001 odissea nello spazio: si veda, in questo senso, quando il capitano finalmente riesce a stare su “due zampe” come era accaduto agli scimmioni dell' “Alba dell'uomo” del film kubrickiano, ma anche alla sua poesia (Wall e Eve che “danzano” nello spazio). Da non perdere, poi, i titoli di coda dove viene riassunta la storia della civiltà strettamente legata, per Stanton, a quella dell'arte: dai graffiti preistorici all'esplodere del colore impressionista.

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