Una legge diabolica
"Meglio una legge che non funziona o nessuna legge?" Difficile una risposta tra il gruppo di registi riunitosi alla cineteca sarda lo scorso 6 aprile per discutere delle normative in grado di dare una svolta alla produzione di cinematografia isolana. Voi cosa ne pensate? di Francesca Ebau

Molti gli assenti invitati da Salvatore Cubeddu, ma tra i presenti tra cui Enrico Pau, Marco Antonio Pani, Luca Sulis, PJ Gambioli, Paolo Carboni, Federico de Virgilis, Salvatore Asta, Paolo Zucca, si percepisce un malcontento generale, e ciò che trapela è che per questa legge non c'è alcuna simpatia. Fra questi, infatti, molti di quelli che lavorano anche in Francia e Spagna hanno presentato, chi l'anno scorso chi negli anni precedenti, dei progetti partecipando al bando regionale, e ancora aspettano notizie, nonostante il massimo previsto indicato dalla legge per avere una risposta sia quello di 60 giorni.

Insomma, questa legge che è il risultato di una lunga battaglia voluta da registi e associazioni, viene definita da alcuni addirittura "diabolica", perché con tutti i suoi vincoli sembra quasi voglia allontanare più che avvicinare le persone a fare cinema.
Molte quindi le proposte, prima fra tutte quella di "snellire" la legge elimanando i troppi vincoli che la caratterizzano, come ad esempio quello sull'identità sarda.
Molte quindi le proposte, prima fra tutte quella di "snellire" la legge elimanando i troppi vincoli che la caratterizzano, come ad esempio quello sull'identità sarda.

In conclusione si pensa anche di ragionare in termini strategici unendosi magari come gruppo di registi in modo da creare un'unica forza capace di far valere le proprie proposte davanti alla nuova giunta regionale. Insomma "l'unione fa la forza" anche se qualcuno alla fine del dibattito ha esordito con un "Meglio una legge che non funziona che nessuna legge" ma su questo in pochi erano d'accordo.