Percorso

Finocchiaro e Favino, ovvero l'arte dell'attore

Ospiti a La Maddalena anche i due bravi interpreti italiani. La tecnica, i trucchi, i loro segreti per arrivare con successo dietro alla macchina da presa. di Eugenio Mangia
 
Donatella FinocchiaroNelle note di presentazione al festival “Il lavoro d’attore. Personaggi e interpreti nel tempo”, Fabrizio Deriu, citando il regista e scenografo Edward Gordon Craig, afferma: “è preferibile vedere uno spettacolo di tigri che combattono contro leoni piuttosto che osservare un essere umano che finge di essere altro da se intento a combattere col proprio corpo e la propria anima”.
Una tale affermazione può costituire un’assurdità e l’occasione di un festival cinematografico può essere, quindi, quella di interrogare e far parlare gli attori su quali siano gli strumenti per affrontare questo peculiare “snaturamento” e far sì che da esso gli spettatori possano trarre un insegnamento, nonché acquisire una maggiore consapevolezza di sé.
È quanto si può cogliere e rintracciare nelle riflessioni di Donatella Finocchiaro e Pierfrancesco Favino che, nel corso dei loro rispettivi interventi in pubblico, hanno cercato di offrire spunti di riflessione all’approfondimento delle questioni sollevate nelle note di presentazione.

Pierfrancesco FavinoIn particolare la prima, in risposta alle domande che lo stesso Deriu e Boris Sollazzo le hanno posto nel corso di una stimolante intervista, ha raccontato qual è stato in questi anni di intensa attività professionale il suo peculiare modo di accostarsi ai personaggi e ai ruoli da interpretare, in che rapporto essi stanno con taluni aspetti della realtà esterna e del proprio mondo interno, quali le tappe che hanno segnato il modo di coniugare e integrare “istinto e pensiero” nel corso della sua ricca, seppure non lunga, esperienza artistica.
Di fronte al numeroso pubblico intervenuto alla “Fortezza i Colmi”, la Finocchiaro ha così raccontato di come, all’inizio della carriera, la sua recitazione fosse orientata ad una sorta di “prevalere dell’istinto sul pensiero”, come in occasione dell’interpretazione di “Angela”, il personaggio del suo primo film diretto da Roberta Torre. In quel periodo - come riferisce la giovane e bella attrice – la sua tendenza era quella di lasciare molto spazio all’emergere del temperamento, supportata in ciò dalla regista che l’aveva assecondata quasi completamente fino al momento in cui le aveva fatto rilevare quanto: la “Donatella” avesse finito con il prendere il sopravvento su “Angela”.

''Il regista di matrimoni'' con Donatella FinocchiaroSuccessivamente era stato con il regista Bellocchio, le cui sceneggiature sono sempre molto puntuali ed accurate, che il suo modo di lavorare era pervenuto ad un’ottimale integrazione tra “istinto” e “pensiero”.
Altrettanto interessante ci è apparso il racconto sulle modalità con cui ella cerca di identificarsi con i personaggi da interpretare, come nel caso dello studio del personaggio di Lucia, nel film “I galantuomini” di Winspeare, allorquando si era messa a studiare il carattere delle donne salentine, nel tentativo di cogliere e studiare le espressioni di quelli che ha definito essere i loro “occhi di fuoco”. O come in occasione del tentativo di “rubare” dalla gente di strada o di cogliere la “pazzia” nei soggetti che avrebbe dovuto successivamente interpretare.

Un quadro di Francis BaconUn ulteriore approfondimento a questa tematica è contenuto nel riferimento alla tecnica di Stanislavskij e a quel suo peculiare attingere alla propria storia personale e ai propri vissuti  per ricercare ricordi, sentimenti, sensazioni, emozioni, stati d’animo, in analogia a quelli esperiti dal personaggio da interpretare, per avvicinarvisi, conoscerlo, immedesimarsi e, infine identificarsi con esso, soprattutto quando colto in momenti significativi della propria vicenda esistenziale.
Nella stessa direzione sono sembrate inoltre andare anche le riflessioni di Pierfrancesco Favino allorquando ha raccontato di avere studiato i quadri di Francis Bacon per interpretare il ruolo del “Libanese” nel film “Romanzo criminale” di Michele Placido, di continuare a “osservare” con attenzione il mondo anche nei momenti di sospensione dell’attività lavorativa o di “coltivare” con cura l’armonia del rapporto con il proprio corpo e con la propria gestualità.

Pierfrancesco Favino durante l'intervista a La MaddalenaQuesti alcuni dei temi toccati dai diversi attori nel corso delle interviste con Deriu e Sollazzo, alla quale ha fatto da contraltare la volontà di approfondimento di una serie di altri interessanti tematiche, alcune delle quali hanno percorso i dibattiti e le interviste con i diversi attori convenuti al festival: il tema del rapporto tra attore, questione ambientale e impegno politico (caldeggiato soprattutto da Ennio Fantastichini ed Elio Germano), il tema relativo a quale debba essere l’etica dell’attore, il tema del rapporto cinema-televisione e quello della relazione con il pubblico, solo per citare alcune tra le tematiche più rappresentative.

In ultimo, l’augurio a Giovanna Gravina, Fabio Canu e a tutti i membri dell’associazione Quasar, di potere ancora proseguire nel loro appassionato impegno di portare annualmente nell’isola de La Maddalena e far discutere alcuni tra i personaggi della scena cinematografica emergente italiana, nonché di continuare ad allietare ancora a lungo le serate degli spettatori con impegno, gusto e intelligenza.
Powered by CoalaWeb

Accesso utenti e associazioni