''Baaria'' di Giuseppe Tornatore
di Clara Spada
"Baaria è essenzialmente una commedia..." così il regista Giuseppe Tornatore definisce la sua ultima opera, rifiutando di definirla un Kolossal. Infatti ha prodotto un bellissimo affresco, avvincente, come una pinacoteca o un libro d'arte da sfogliare con attenzione. Inquadratura dopo inquadratura si ripercorre l'ultimo secolo di vita siciliana, paesana, fatto di ricordi personali che si intrecciano ad immagini oniriche. Non è un film autobiografico, questo, come "Nuovo Cinema Paradiso", anche se le immagini sono unite dal filo (rosso) dei ricordi privati e pubblici. Alcune commuovono o divertono, altre smuovono la memoria, altre ancora riaprono lontane ferite della storia italiana. Il vecchio paese di Bagheria, oggimolto diverso, è stato ricostruito in Tunisia, terra in cui volti, paesaggi, vegetazione più si avvicinano a quelli della Baaria di inizio secolo. Gli attori principali sonoagli esordi, entrambi siciliani e bellissimi: Francesco Scianna e Margareth Madè. Entrambi in grado di sostenere i
loro personaggi dall'adolescenza alla vecchiaia, entrambi capaci di recitare in dialetto.
Nelle spettacolari scene di massa, in piccole parti, in alcuni "cammei", sfila tutto il cinema italiano, quasi volesse dire "c'ero anch'io". Come su un red carpet si
scoprono, talvolta per un attimo, la Bellucci e Placido, Gullotta e Salemme, la bellissima Laura Chiatti, Ficarra e Picone "separati in casa" e davvero bravissimi, Lo Verso e Lo Cascio, Frassica e Bova, i Fiorello, l'insuperabile Lina Sastri, un inaspettato ricordo di Renato Guttuso e Lattuada e Sordi. Eccezionali i bambini, tutti, coi quali -come sosteneva De Sica- è difficilissimo lavorare: rubano la scena. E qui la rubano davvero. Adesso per Tornatore e per la sua Baaria si apre la strada per l'Oscar. Forse una strada in salita, da percorrere di corsa proprio come i bambini che corrono per le vie assolate e polverose del paese nella prima e nell'ultima immagine del film.
"Baaria è essenzialmente una commedia..." così il regista Giuseppe Tornatore definisce la sua ultima opera, rifiutando di definirla un Kolossal. Infatti ha prodotto un bellissimo affresco, avvincente, come una pinacoteca o un libro d'arte da sfogliare con attenzione. Inquadratura dopo inquadratura si ripercorre l'ultimo secolo di vita siciliana, paesana, fatto di ricordi personali che si intrecciano ad immagini oniriche. Non è un film autobiografico, questo, come "Nuovo Cinema Paradiso", anche se le immagini sono unite dal filo (rosso) dei ricordi privati e pubblici. Alcune commuovono o divertono, altre smuovono la memoria, altre ancora riaprono lontane ferite della storia italiana. Il vecchio paese di Bagheria, oggimolto diverso, è stato ricostruito in Tunisia, terra in cui volti, paesaggi, vegetazione più si avvicinano a quelli della Baaria di inizio secolo. Gli attori principali sonoagli esordi, entrambi siciliani e bellissimi: Francesco Scianna e Margareth Madè. Entrambi in grado di sostenere iloro personaggi dall'adolescenza alla vecchiaia, entrambi capaci di recitare in dialetto.
Nelle spettacolari scene di massa, in piccole parti, in alcuni "cammei", sfila tutto il cinema italiano, quasi volesse dire "c'ero anch'io". Come su un red carpet siscoprono, talvolta per un attimo, la Bellucci e Placido, Gullotta e Salemme, la bellissima Laura Chiatti, Ficarra e Picone "separati in casa" e davvero bravissimi, Lo Verso e Lo Cascio, Frassica e Bova, i Fiorello, l'insuperabile Lina Sastri, un inaspettato ricordo di Renato Guttuso e Lattuada e Sordi. Eccezionali i bambini, tutti, coi quali -come sosteneva De Sica- è difficilissimo lavorare: rubano la scena. E qui la rubano davvero. Adesso per Tornatore e per la sua Baaria si apre la strada per l'Oscar. Forse una strada in salita, da percorrere di corsa proprio come i bambini che corrono per le vie assolate e polverose del paese nella prima e nell'ultima immagine del film.